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Venerdì, 19 Aprile 2024
Cronaca

Ispettorato del lavoro: arrestato il direttore provinciale

Alfonso Filosa, il numero uno della Direzione Provinciale del Lavoro di Piacenza è stato arrestato con l'accusa di corruzione. Riceveva del denaro da imprenditori piacentini che lui avvisava preventivamente dei controlli da parte dei Carabinieri del Nucleo ispettorato del lavoro

"Questa è solo la punta di un iceberg". Non ha dubbi Lucio Bardi, procuratore capo di Piacenza, nell'attribuire un grande merito ai carabinieri del Nucleo investigativo che, l'altro giorno, hanno arrestato Alfonso Filosa, 64enne responsabile della Direzione provinciale del Lavoro di Piacenza, con la gravissima accusa di corruzione.

C'è infatti un filmato, ripreso dalla telecamera che i carabinieri hanno nascosto nel suo ufficio, nel quale un imprenditore piacentino (Gerardo Mainardi, amministratore di fatto della società di servizi "La nuova rinascente") consegna a Filosa un assegno di 1500 euro: «E' la tranche di un pagamento - affermano in procura - uno dei tanti che Mainardi ha effettuato negli ultimi 5 anni». I carabinieri in borghese del nucleo investigativo, una volta assistito allo scambio del denaro, sono entrati subito in azione, bloccando sia Mainardi che Filosa presso la sede centrale della Direzione del Lavoro in via IV Novembre. L'imprenditore piacentino è stato denunciato a piede libero, mentre Alfonso Filosa è stato portato in carcere con l'accusa di corruzione. Stamattina si è svolta la convalida del suo arresto davanti al gip Gianadrea Bussi, che contestualmente ha deciso anche su un'eventuale custodia cautelare in carcere.

L'indagine è durata diversi mesi e ha preso le mosse, quasi casualmente, da alcune irregolarità fiscali che i carabinieri del Nucleo ispettorato del lavoro hanno notato in alcune pratiche relative a un accertamento in azienda. Ma in procura affermano che sono già pronte almeno altre tre custodie cautelari. L'indagine infatti è destinata ad allargarsi a macchia d'olio con un ventaglio di situazioni a rischio e con il coinvolgimento sicuro di altri imprenditori e dirigenti d'azienda.

«Filosa - sottolineano il procuratore Lucio Bardi e il suo sostituto Antonio Colonna - si faceva pagare e in cambio spifferava, anche telefonicamente, agli imprenditori quando sarebbero arrivati i controlli nelle loro aziende. Non solo, ma nel caso fossero state trovate irregolarità, si proponeva per "sistemare" la pratica relativa agli accertamenti». E, secondi i carabinieri, non si faceva dare soltanto denaro, ma anche viaggi pagati e la disponibilità di appartamenti e alloggi.
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