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Cronaca

«La riorganizzazione scolastica del Comune di Piacenza è grondante di retorica renziana»

«La scuola che resiste». Riceviamo e pubblichiamo l’intervento di un docente: «Sono stati nove mesi di passione per la scuola pubblica»

«Sono stati nove mesi di passione per la scuola pubblica, duramente attaccata dalla malcelata visione autoritaria del potere da parte del nostro arrogante premier. Ciò nonostante abbiamo retto l’urto, dalle manifestazioni di Cobas e UDS che già ad ottobre indicavano la strada da seguire, quando ancora qualcuno non aveva compreso la partita che si stava giocando, allo sciopero generale di CGIL e UIL a dicembre, per arrivare a quello unitario di maggio, che ha imbarcato pure la CISL, e al blocco degli scrutini finali, con adesioni massicce in tutte le regioni. Percorso di lotta e critica propositiva che è stato valorizzato dal significativo boicottaggio alle prove Invalsi da parte degli studenti delle medie superiori, con adesioni al 30%, una percentuale davvero elevata considerando il rischio-ritorsioni a cui i ragazzi si sono coraggiosamente e consapevolmente esposti.

Malgrado Renzi affermi il contrario, i docenti questa riforma l’hanno capita eccome; hanno capito che attacca il contratto nazionale, esclude i corpi intermedi, in particolare i sindacati, non riconosce la partecipazione democratica degli insegnanti e degli studenti che ad essa si stanno opponendo, spinge verso la segmentazione sociale, teorizzando docenti di seria A e di serie B, precari ancora buoni da spremere e altri che “per favore, si rivolgessero altrove”, incentiva a far uscire la scuola dall’ipoteca del pubblico per affidarla sempre più a soggetti privati, riduce gli spazi di partecipazione democratica e collegiale accentrando troppi poteri  nella figura di un dirigente prono, per scelta o per ricatto, a lesioniste circolari ministeriali.

Con impagabile lucidità Stefano Rodotà ha liquidato questa politica come “pedagogia del capo”, una pedagogia che a ben vedere da anni stiamo subendo attraverso il decisionismo autoritario delle giunte sui consigli comunali e dell’esecutivo di governo sulle camere.  La scuola ci ripetono deve essere riformata, ma a costo zero e il pensiero unico riformatore riesce comunque a raccogliere adesioni “eccellenti”. Dalle pagine di Libertà il pedagogista Novara indica nella “progressiva dequalificazione pedagogica degli insegnanti” il fallimento della “scuola tradizionale” (?). Ci invita a rottamare la rigidità delle discipline, organizzare laboratori attivi di apprendimento e, guarda un po’, tanta formazione magari presso il suo CCP.  Apprendiamo dunque da chi la scuola pubblica non la vive che non è la cura da cavallo a cui è stata sottoposta dal 2008, con risorse sottratte per 8,5 miliardi, 80.000 posti di docenza e 50.000 di personale ATA tagliati, impoverita nel suo progetto culturale dalla progressiva riduzione di orario settimanale, costretta ad operare in ambienti non idonei e spesso a rischio, ad avere influito in termini negativi.

Un altro fine intellettuale, il Baricco leopoldino, invita a rottamare non solo le materie, ma anche le classi e, perché no, i docenti, sostituiti da video esplicativi e, udite-udite, videogiochi dato che i ragazzi sono per natura multitasking e surfing (sigh!).

Tranquilli signori il business dei corsi di formazione è già da anni a pieno regime e c’è chi si sta ancora leccando le ferite, chiedetelo ai super formati corsisti di SISS, TFA e PAS che sono rimasti con il classico cerino in mano. Quello della multimedialità, nonostante il ritardo atavico della banda larga che ci penalizza e penalizzerà anche nel prossimo futuro, è un orpello di sicura presa mediatica utile soprattutto a far girare un poco di economia.

La classe dei lavoratori della conoscenza per fortuna rispedisce al mittente le proposte irricevibili di Renzi e del pensiero mainstream: l’istituto Faustini-Frank-Nicolini, dove lavoro, ha recentemente votato a larga maggioranza una mozione di sfiducia al decreto ancora in discussione e ha, coerentemente  e altrettanto nettamente, espresso parere negativo al piano di riorganizzazione scolastica delle scuole dell’infanzia, primarie e secondarie di primo grado del Comune di Piacenza, un piano niente affatto condiviso, grondante di retorica renziana, funzionale solo ad un’ulteriore riduzione di costi e personale. La scuola è dunque viva e resiste, viva la scuola!».

Daniele Sacchetti, docente di una scuola secondaria di primo grado

                                                                

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