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Cronaca

La risposta del Si Cobas: «Aperto lo stato di agitazione a livello nazionale della filiera Tnt»

«Un'operazione di polizia di tali dimensioni non può essere il frutto di una dinamica puramente locale, né solo la conseguenza di uno sciopero che, ci teniamo a ricordarlo, si stava svolgendo in maniera del tutto pacifica»

«Alle prime luci dell'alba della mattina del 10 marzo la Questura di Piacenza ha dato vita a uno spettacolare blitz nelle case di decine di lavoratori del magazzino Fedex-TNT e dei principali operatori provinciali del Si Cobas, protagonisti degli imponenti scioperi nei mesi di gennaio e febbraio con i quali i lavoratori riuscirono a imporre una battuta d'arresto ai piani di ristrutturazione della multinazionale americana, al suo tentativo di rompere unilateralmente quelle relazioni sindacali che negli anni il SI Cobas era riuscito ad instaurare con la TNT e, nei fatti, avviare una controffensiva tesa a riportare indietro di dieci anni le condizioni dei lavoratori, sottraendo quei diritti e quelle tutele salariali strappate con dure lotte che hanno portato all'abolizione del caporalato semischiavistico che imperversava nella logistica attraverso il sistema delle cooperative». Si legge in una nota del Si Cobas nazionale che ha poi comunicato nella serata del 10 marzo l'apertura dello stato di agitazione a livello nazionale della filiera Tnt: «Tutti i sieti e relativi appalti Tnt potranno effettuare iniziative di solidarietà con i lavoratori colpiti senza altra comunicazione nei modi e tempi che riterranno più opportuni».

«L'attacco repressivo - prosegue la nota - è stato pesantissimo: 5 divieti di dimora nel comune di Piacenza, almeno 6 avvisi di revoca dei permessi di soggiorno, 21 indagati con possibili misure di sorveglianza speciale, sequestro dei PC, 13.200 euro complessivi di multa per presunta violazione delle misure di contenimento dai contagi (per lo stato gli assembramenti sul posto di lavoro vanno bene, fuori ai cancelli di un magazzino sono un crimine...), e soprattutto 2 compagni, Arafat e Carlo, agli arresti domiciliari». 

«Quel che sta accadendo in queste ore a Piacenza rappresenta il primo vero biglietto da visita dell'”era-Draghi”: fermi, perquisizioni e arresti domiciliari per chi difende i lavoratori dai soprusi padronali, in continuità con i decreti-sicurezza dei governi precedenti; difesa manu militari verso chi sfrutta, licenzia, affama e utilizza la crisi pandemica come alibi per continuare a moltiplicare i profitti sulla pelle degli operai e della collettività e impunità verso i politici e i manager come i Verdini, i Renzi, gli Angelucci, ecc. che hanno saccheggiato gli erari pubblici e distrutto lo stato sociale!. Un'operazione di polizia di tali dimensioni non può essere il frutto di una dinamica puramente locale, né solo la conseguenza di uno sciopero che, ci teniamo a ricordarlo, si stava svolgendo in maniera del tutto pacifica fin quando una carica unilaterale del reparto-celere con lacrimogeni sparati ad altezza-uomo contro gli scioperanti non portasse a trasformare una vertenza sindacale in un problema di ordine pubblico.

«E' evidente  - prosegue - che ci troviamo di fronte a un tassello di un più ampio attacco repressivo, che vede nei lavoratori di Piacenza il bersaglio privilegiato per via delle importanti iniziative di lotta portate avanti in queste settimane, su tutte la grande manifestazione fuori ai cancelli di Amazon dell'8 marzo. Lo scopo è quello di colpire la punta più avanzata del movimento che più sta dando filo da torcere ai padroni, e screditare l'unica voce fuori dal coro che si sta levando contro il clima di “unità nazionale” e di pacificazione sociale di cui il governo Draghi è espressione: lo abbiamo visto lo scorso 18 febbraio quando ai lavoratori è stata negata la piazza di Montecitorio per manifestare contro il governo del capitale e dei banchieri; lo stiamo vedendo in queste ore alla Texprint di Prato, laddove è in corso un attacco repressivo violentissimo contro il SI Cobas che è in sciopero contro la barbarie dei turni di lavoro di 14-16 ore al giorno e al maxiprocesso di Modena che vede più di 80 imputati per la vertenza Alcar Uno. L'attacco in corso non è solo contro il SI Cobas e i facchini di Piacenza: è un segnale chiaro ai milioni di lavoratori sui quali vogliono scaricare i costi della crisi pandemica! Ma anche stavolta non ci lasceremo intimidire: risponderemo decisi e compatti a queste montature giudiziarie e a ogni tentativo di infangare e diffamare il nostro movimento.  Per questo facciamo appello a tutti i lavoratori, ai solidali, ai movimenti sociali e alle realtà del sindacalismo di classe e combattivo per costruire una grande manifestazione a Piacenza per il giorno sabato 13 marzo alle 14.30. Le lotte operaie non si processano».

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