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Venerdì, 19 Aprile 2024
Cronaca

Levante, il mea culpa di Montella: «Chiedo scusa a Piacenza, all'Arma e alla magistratura»

Caso Levante. Altra udienza a Piacenza Expo per i carabinieri indagati e che hanno scelto di essere giudicati con rito abbreviato. Interrogato anche l'ex comandante Orlando: «Mai firmato un atto falso. Rigetto tutte le accuse»

«Chiedo scusa alla città di Piacenza, alla magistratura e all'Arma dei carabinieri che mi ha insegnato valori che però ho tradito». A dirlo nella mattinata del 29 marzo l'appuntato Giuseppe Montella durante l'udienza che lo vede imputato con altri colleghi nell'inchiesta Levante. Nel corso della mattinata e davanti al gup Fiammetta Modica e al pm Antonio Colonna (le indagini erano state coordinate anche da Matteo Centini e dal procuratore capo Grazia Pradella), l'appuntato Giuseppe Montella ha reso spontanee dichiarazioni in video conferenza dal carcere dove è detenuto da luglio, successivamente si è svolto l'interrogatorio dell'ex comandante della stazione di via Caccialupo, il maresciallo Marco Orlando.  Presenti in aula anche gli altri colleghi indagati e imputati nel medesimo procedimento ossia Salvatore Cappellano, Daniele Spagnolo, Giacomo Falanga, oltre che le varie parti civili tra cui i due sindacati (NSC e SILCA) e l'associazione PDM (partito per i diritti dei militari). Il 12 aprile comincerà la requisitoria dei pubblici ministeri.

Montella ha respinto con forza l'accusa di tortura ammettendo solo qualche schiaffo e che Israel (costituito parte civile) il giorno del suo arresto era caduto a terra da solo inciampando nella fuga, per questo si era ferito al volto ma nessuno l'aveva picchiato. Avrebbe ammesso di aver ricompensato gli informatori con qualche grammo di droga e che tutti i suoi colleghi della caserma, compreso Orlando, sapevano bene cosa accadeva perché operavano insieme, lavoravano fianco a fianco tutti i giorni. Secondo Montella è surreale che i colleghi non fossero a conoscenza della situazione, ossia non si poteva non sapere e vedere. Si è assunto la responsabilità delle sue colpe e dei suoi errori ma non intende pagare per ciò che non ha fatto. Ha anche ribadito la pressione costante di alcuni vertici del comando provinciale che chiedevano alla caserma di "portare numeri", ossia arresti "cotti e mangiati" e che li spingevano a farne sempre di più per fare statistica. L'ex comandante Orlando ha contestato tutte le accuse e ha rigettato categoricamente la tesi del "tutti sapevano tutto". Circa gli atti delle perquisizioni anche relativi agli arresti compiuti e contestati dall'accusa ha dichiarato che c'era il suo nome ma non li ha firmati. In alcune occasioni contestate era anche in ferie o assente e si sarebbe comunque sempre limitato a trasmettere gli atti alla procura.  Ha infine dichiarato di non essersi mai accorto di nulla: «Nessuno sapeva del "sistema Montella": lo sa solo lui ed appartiene solo a lui». 

I carabinieri furono arrestati il 22 luglio 2020 nella maxi operazione della Guardia di Finanza e Polizia Locale, Odyssèus, assieme a diversi pusher (che hanno scelto di patteggiare). Sono accusati di vari reati tra i quali false attestazioni nei verbali, abuso d'ufficio spaccio, tortura, sequestro di persona, arresto illegale.  I carabinieri "infedeli" che hanno scelto il rito abbreviato e che prevede lo sconto di un terzo della pena sono Giacomo Falanga (avvocati Daniele Mancini e Paolo Molaschi), Salvatore Cappellano (avvocato Paolo Fiori), Giuseppe Montella (avvocati Giuseppe Dametti ed Emanuele Solari), Marco Orlando (avvocato Antonio Nicoli) e Daniele Spagnolo (Aldo Truncè e Francesca Beoni). L'unico militare che ha scelto il rito ordinario è Angelo Esposito, difeso dagli avvocati Pierpaolo Rivello e Maria Paola Marro. I dieci pusher, alcuni anche costituiti parte civile, hanno chiesto e ottenuto di patteggiare pene che potrebbero andare dai 4 mesi ai 4 anni: la sentenza è prevista a settembre 2021.

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