Mafia, l’Emilia-Romagna è la sesta regione per numero di beni sequestrati
Il dossier 2014-2015 della fondazione Libera spiega come la 'ndrangheta si sia infiltrata anche al nord Italia
Ci sono i numeri sul radicamento delle mafie in Emilia-Romagna: dalle 5 operazioni anti-droga al giorno (quarta regione in Italia, prima per segnalazioni di traffico di droghe sintetiche) ai 312 fatti estorsivi del 2013, cui associare 399 episodi di danneggiamenti seguiti a incendi, classica minaccia utilizzata dai boss nonché uno dei principali "reati spia" sul tentativo di intimidire per poi mettere le mani su imprese e comparti economici. Fino alla conferma della presenza della ‘ndrangheta: in ambito di riciclaggio, infatti, sulle 161 segnalazioni arrivate alla direzione nazionale antimafia dal luglio 2012 al giugno 2013 e relative all’organizzazione calabrese, 50 riguardano l’Emilia-Romagna, seconda solo alla Lombardia (55). Ma ci sono anche le buone prassi da parte delle Istituzioni, le nuove leggi contro le presenze mafiose e gli affari delle cosche, che rappresentano il risultato di una buona sensibilità politica, l’ottimo frutto di una unione di pratiche positive scaturite da una mobilitazione sociale che assieme alle Istituzioni vede i partiti nelle loro varie articolazioni sul territorio, le scuole e Università, le associazioni. E anche in questo caso i numeri, dal punto di vista dell’impegno per la legalità e del contrasto da parte delle forze dell’ordine, parlano chiaro: l’Emilia-Romagna è la sesta regione in Italia per numero di beni sequestrati o confiscati alle mafie, con 448 beni tolti alla criminalità organizzata dall’agosto 2013 al luglio 2014 (4,2% sul totale nazionale), per un valore di 21 milioni di euro. Ma se si considera il solo nord del Paese, il dato corrisponde al 41% delle operazioni concluse, ben al di sopra di Veneto (273 beni sequestrati, 25% del totale delle regioni settentrionali), Lombardia (192; 17,5%), Piemonte (86; 7,9%) e Liguria (68; 6,2%).
L’Emilia-Romagna si conferma quindi un "Mosaico di mafie e antimafia", il titolo del Dossier 2014-2015 realizzato dalla fondazione Libera informazione e voluto dall’assemblea legislativa della Regione Emilia-Romagna (è scaricabile sul sito dell'Assemblea). Un lavoro presentato a Bologna, nella sede dell’assemblea legislativa, dalla presidente Simonetta Saliera, da Santo Della Volpe, giornalista e presidente di Libera informazione e della federazione nazionale della stampa italiana (il sindacato dei cronisti), e da Lorenzo Frigerio, anche lui giornalista di Libera informazione e curatore del dossier insieme a Della Volpe e Gaetano Liardo. Il volume, giunto al terzo aggiornamento dal primo del 2012, quest’anno ha un sottotitolo legato alla stretta attualità: "Aemilia: un terremoto di nome ‘ndrangheta". Un capitolo è infatti dedicato all’inchiesta sulle infiltrazioni ‘ndranghetiste che nelle scorse settimane ha visto oltre 160 arresti nelle province emiliane.
«Il Dossier annuale di Libera informazione - afferma la presidente Saliera - testimonia la volontà dell’assemblea legislativa e della Regione Emilia-Romagna di non chiudere gli occhi, di non voltarsi dall’altra parte di fronte alla presenza delle mafie nei nostri territori. Un impegno che non è di oggi, visti gli studi fatti già in passato sulla presenza delle cosche e le modalità di insediamento qui, diverse da quelle abituali: da 20 anni questa Regione si occupa di sicurezza e della situazione nei territori; poi gli interventi normativi, e penso alla legge regionale contro il crimine organizzato e per la promozione della cultura della legalità, del 2011, e alle leggi di settore, sempre nella logica della prevenzione e del contrasto, su edilizia, del 2010, e su logistica - facchinaggio, del 2014. Oltre alla rete, a quell’intreccio sociale fatto di istituzioni, enti locali, associazioni, scuole e università, che abbiamo contribuito a far nascere contro le mafie, e all’attività di promozione della cittadinanza attiva che l’Assemblea legislativa porta avanti direttamente e che nella scorsa legislatura l’ha vista entrare in contatto con 173 mila soggetti: studenti e scuole, volontari, operatori, amministratori locali, esperti, docenti. Ribadisco - chiude Saliera - il fatto che le Mafie vanno combattute e non taciute. Le istituzioni devono rafforzare l'attenzione e il loro impegno per la legalità: parliamo di un dovere civile che ogni amministrazione e chiunque fa politica deve portare avanti con convinzione e determinazione. E penso che anche i partiti debbano svolgere una selezione molto più efficace del personale politico».
«L’inchiesta Aemilia - sostiene Santo Della Volpe - è stata come un brusco risveglio ma ci ha fatto pensare a quel "mosaico di mafie ed antimafia" che da ormai tre anni proponiamo all’attenzione dei cittadini, delle istituzioni e delle associazioni dell’Emilia-Romagna. L’ultimo dossier, quello del 2013, non a caso era titolato "L’altra ‘ndrangheta in Emilia-Romagna", e vi segnalavamo, con allarme, le penetrazione delle famiglie dei clan che dalla Calabria si erano insediati in Emilia -Romagna, i loro affari, le loro complicità. Ciò che registriamo ora è un consolidamento di presenze nei settori più tradizionali della criminalità organizzata e un avanzamento in settori economici nuovi e importanti. Contemporaneamente, le risposte politiche e sociali si sono aggiornate, hanno assunto forza sia in campo istituzionale che culturale, ad esempio nelle scuole e nelle iniziative che hanno coinvolto professionisti e mondo del lavoro. È un percorso quanto mai importante e necessario nella formazione delle coscienze antimafia tra i giovani e nel mondo del lavoro: ma dalla denuncia e dagli incontri pubblici - chiude il presidente di Libera informazione- deve conseguentemente emergere uno scatto in avanti della risposta collettiva contro le Mafie».