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Cronaca

«Ho ucciso Leonardo, ma l’ho fatto per difendermi. Chiedo scusa alla famiglia»

Omicidio Politi, a Ravenna, in Corte di assise, parla Maila Conti la donna accusata di omicidio volontario. Fra le lacrime ricorda quei tragici momenti: «Mi stava picchiando e ho afferrato la prima cosa a portata di mano». Ma la procura chiede gli atti per una eventuale indagine: «Conti ha offeso i testimoni»

Al termine dell’udienza, si è girata verso le figlie e la moglie del suo ex compagno e ha chiesto loro scusa due volte. Poi si è alzata e si è seduta vicino ai difensori. Maila Conti, 51 anni, è accusata di omicidio volontario per aver colpito, il 16 agosto 2019, con un coltellata l’uomo con cui conviveva, il 61enne Leonardo Politi, al culmine di una lite, all’interno della piadineria che la coppia gestiva a Lido Adriano (Ravenna). La donna, che si trova agli arresti domiciliari a Travo (ha anche il permesso per lavorare in una impresa di pulizie), ha parlato, per quasi quattro ore, il 21 settembre davanti alla Corte di assise di Ravenna. E il pm ha anche chiesto la restituzione degli atti per una eventuale indagine su Maila Conti con l’ipotesi di oltraggio a pubblico ufficiale (qualifica che si applica al testimone). Nella scorsa udienza, infatti, alcuni testimoni della parte civile avrebbero ricevuto commenti offensivi dalla donna. A ricordarlo è stato il presidente dell’Assise, Cecilia Calandra, la quale ha invitato la donna a tenere un comportamento più consono.


L’OMICIDIO

Secondo Conti, non c’era alcuna volontà di uccidere. Ha ripetuto più volte di essersi difesa dall’aggressione di quell’uomo che, ubriaco, la stava picchiando. «Ha ucciso Leonardo Politi?» ha chiesto il procuratore di Ravenna, Antonio Bartolozzi. «Purtroppo sì, con un coltello da cucina» ha risposto Conti. E’ cominciato così il lungo interrogatorio da parte del pm Bartolozzi, della parte civile Romina Cattivelli (che assiste le tre figlie di Politi), dei suoi difensori Carlo Benini e Wally Salvagnini e dell’Assise presieduta da Cecilia Calandra con il giudice Antonella Guidomei e ai giudici popolari.


Conti ha ripercorso la storia della sua relazione con quell’uomo che aveva lasciato la moglie e tre figli, ma che poi - secondo l’imputata - era diventato violento nei suoi confronti. Fra le lacrime, durante il momento più delicato del processo - cioè la ricostruzione di quei tragici momenti all’interno della piadineria - ha più volte ripetuto come Politi la stesse picchiando. Dopo un calcio nella pancia e un pugno molto forte alla tempia sinistra, la donna - spinta contro il lavoro dello stretto locale - ha allungato un braccio trovando un coltello. Lei ha puntato la lama - ha anche mimato la scena - contro l’uomo, ma lui ha continuato ad avanzare. «Ho sentito di aver colpito qualcosa - ricorda tra le lacrime - pensavo fosse il suo marsupio. Lui mi guarda poi si allontana insultandomi. Guardo il coltello e non vedo sangue, lo passo sotto l’acqua e lo getto nel lavandino. Esco e vedo Leonardo mentre si avvicina un’auto. Lui si accascia e dico all’uomo della vettura di chiamare i carabinieri. Io intanto chiamo il 118, due volte e chiedo anche l’elicottero. Tengo Leonardo fra le braccio, ma arrivano i carabinieri e mi staccano da lui».


Maila Conti ha negato di volerlo uccidere «mi sono difesa colpendolo anche con calci e pugni, ma lui era più forte. Sono pentita, ma non si torna più indietro». Il pm ha ricordato che lei voleva scrivere una lettera alla famiglia: «Che cosa scriverebbe?». Lei guarda i familiari di Politi e dice «Non volevo che le figlie perdessero il papà. Ho conosciuto Leonardo da sposato e con le figlie. Anch’io ho due figlie…».
L’avvocato Cattivelli ha puntualizzato, e chiesto a Maila, sul perché non ci fossero tracce di sangue e sulperché il locale fosse tutto pulito, tranne la piastra per le piadine. «Era una mia abitudine - la risposta di Maila - pulire tutto prima di uscire. E quella sera avevo fatto così». Su questo punto si è soffermata poi anche il presidente Calandra.


I TESTIMONI

Se questo è il punto più drammatico della deposizione di Conti, la mattinata ha visto anche sfilare due testimoni della parte civile. Il primo parlare è stato il compagno di una delle figlie di Politi. Il giovane lo ha descritto come «un buon padre di famiglia. Lo conoscevo da tempo e avevo un buon rapporto. Dedicava tutto il tempo alle sue figlie. Non ho mai visto comportamenti aggressivi in famiglia. Anzi, nelle discussioni era remissivo e spesso abbandonava il tavolo. Ubriaco? L’ho visto così solo un paio di volte». Il giovane ha ricordato di averlo visto «in declino dopo l’inizio della relazione con la Conti e la perdita del posto di lavoro come cantoniere in Comune a Travo».
Anche l’altra teste, una ragazza, ha detto di conoscerlo bene «perché ero la migliore amica di una delle figlie. L’ho visto in due fasi: prima di Maila e dopo. Prima era dedito al lavoro e alla famiglia. Dopo, invece, c’è stato un calo di attenzione verso le figlie, anche se l’affetto era immutato. Gli dissi che era un comportamento che non andava bene e lui mi rispose che c’era un impedimento». La donna ha poi detto che una sera del 2016 - la relazione tra Politi e Conti era iniziata nel 2015 - vede la figlia di Leonardo in lacrime, poco prima del matrimonio. Il papà, ha affermato, non sarebbe andato alla prova dell’abito nuziale «lei era terrorizzata che Maila potesse imperiali di andare al matrimonio. E così anche la sera prima delle nozze, quando la famiglia uscì a cena. A un certo punto arrivò Maila e si sedette fra di noi. Comincia criticare il locale e il cibo. La moglie di Politi le dice di smetterla. Conti inizia a urlare che “Leonardo è mio” e la figlia fugge in lacrime». La testimone ricorda poi di aver vistoPoliti «con dei segni in volto e un occhio tumefatto». Il presidente Calandra chiede se ha assistito ad altre liti. «Era il 2018 ed eravamo a Bobbio - risponde la teste - e vedo che una figlia di Politi discute con Maila. La mia amica si avvicina e vedo che ha graffi sul collo e sento Maila urlare “i soldi spesi per le figlie di Leonardo sono miei”. C’è anche Politi, ma non difende la figlia».


LA RELAZIONE E IL CONTESTO

Ma l’udienza ha portato le parti anche ad approfondire il rapporto tra Conti e Politi e il contesto in cui si è sviluppata la relazione fino al tragico epilogo nell’agosto di un anno fa. Conti, rispondendo alle domande del pubblico ministero, ha raccontato una storia fatta di botte e aggressioni. Alla base c’era l’alcol - «l’ho conosciuto come un forte bevitore, ma poi l’avevo aiutato ad uscire da quel tunnel portandolo al Sert» - che avrebbe segnato la storia. Ma non c’è solo questo. Il pm Bartolozzi si rivolge a Maila e chiede due precisazioni: «La piadineria la gestiva solo lei, perché lui era assente. Per il locale andava bene, perché al giudice per le indagini preliminari avete dichiarato buoni guadagni . Lei, poi, temeva per i soldi perché Politi avrebbe preso dalla cassa per andare a prostitute». Maila conferma. Dopo la perdita del lavoro, continua Maila, Politi era depresso e si vergognava di essere stato licenziato «Andai dal sindaco Luigi Albasi - ha scandito - per un ricorso, ma mi venne detto che erano 10 anni che tolleravano quella situazione». Poi, una lunga sequela di aggressioni, una coltellata a una mano, un tentativo di strangolamento, calci e pugni. Al pronto soccorso, però, lei diceva che si era trattato solo di incidenti. «Mi consigliarono in tanti di denunciarlo - dice - ma io temevo per le nostre figlie, per i soldi, per l’attività». E qui, i difensori fanno acquisire una serie di documenti medici e di fotografie relativi a quella turbolenta relazione.

Maila - che ha alle spalle diversi lavori, tra cui agente della polizia locale a Milano, gestore di un centro profughi, barista e poi la piadineria - si sofferma sul gennaio 2019, quando riesce a convincere Politi ad andare al Sert per il problema dell’abuso di alcol «perché ha capito di aver bisogno di aiuto. Io ho fatto una vita d’inferno. Prima di quel periodo, mi chiamavano spesso perché ogni giorno accadeva qualcosa». I due decisero di aprire un bar in viale Dante. La parte civile allora chiede di raccontare un episodio avvenuto nel settembre del 2018. «Intervenne la polizia perché c’era la musica alta - spiega la donna - e c’era una festa di compleanno». Conti aggredì i poliziotti e patteggiò 8 mesi per resistenza, lesioni e disturbo (colpì una poliziotta con una testata) della quiete pubblica.
Il processo proseguirà in ottobre, con l’audizione di diversi consulenti tecnici e periti di parte.

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