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Cronaca

Maltrattata e sequestrata, chiesta la condanna del convivente

Due anni e mezzo la pena chiesta dal pm. Ma la difesa: «L’uomo va assolto. Lei era gelosa. Mai chiusa in casa, aveva le chiavi e non ha mai chiesto aiuto ai genitori»

Nell’imminenza della Giornata contro la violenza alle donne, il 25 novembre, in Tribunale non si fermano i tanti processi che vedono come vittime di violenze mogli e compagne. Una piaga che si è estesa, ma che sempre più spesso viene denunciata dalle vittime, grazie alla legge che ora, rispetto al passato, tutela le donne. L’ultimo caso riguarda una ragazza che sarebbe stata maltrattata e sequestrata in casa dal convivente. Per la pubblica accusa, due reati commessi da quell’uomo che deve essere condannato a due anni e mezzo di reclusione. Nessuna maltrattamento, né violenze né sequestro, ha replicato al difesa, chiedendo l’assoluzione da entrambe le accuse.

Si è concluso il 23 novembre il processo nei confronti di un marocchino accusato di violenze nei confronti della ex convivente. A chiedere la condanna al giudice Gianandrea Bussi, è stato il pm Monica Bubba, mentre l’imputato è difeso dall’avvocato Zaira De Biasi. L’uomo ha già risarcito la ragazza, ma senza ammettere alcuna responsabilità. La vicenda risale al 2012, quando la relazione fra i due stava ormai terminando - lui, originario del Marocco, aveva 38 anni e lei, piacentina, 28. La ragazza presentò la querela e partirono le indagini della procura che hanno portato al processo. Due gli episodi al centro dell’indagine, uno nel 2012 e uno precedente. Se per il pm i fatti erano chiari e l’uomo è da ritenersi responsabile, non così è stato per la difesa per la quale non ci sono gli elementi che costituiscono i reati. Oltre all’assoluzione, De Biasi ha chiesto di riqualificare il reato di maltrattamenti in violenza privata e quello di sequestro di farlo assorbire dai maltrattamenti.

La donna aveva denunciato due episodi, in cui era stata chiusa in casa ed era stata colpita con schiaffi. Lei, però, avrebbe avuto le chiavi - un fatto confermato dai genitori di lei - e non avrebbe avvertito nessuno per chiedere aiuto. Da alcuni testimoni, ha sottolineato la difesa, era emerso come lei fosse gelosa del 38enne e non voleva che lui la lasciasse. Una passione che l’avrebbe anche portata a compiere atti di autolesionismo. E la donna, ha continuato la difesa, lo avrebbe cercato anche dopo la fine della relazione e della querela, con telefonate e messaggi. Lui, però, non ha mai risposto, considerando chiusa quella storia. Solo una volta, un parente aveva risposto al cellulare. A decidere su questa complicata e con tratti ancora poco chiari sarà il giudice a metà gennaio, quando è prevista la sentenza.

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