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Sabato, 20 Aprile 2024
Cronaca

«Mentre Piacenza contava i morti del Covid loro pensavano a dare droga ai pusher»

Piacenza sotto choc per un'indagine senza precedenti della guardia di finanza e della polizia locale che ha portato al sequestro di un'intera caserma dell'Arma e a 22 ordinanze di misura di custodia cautelare

«Mentre Piacenza stava combattendo il Covid e contando i propri morti, un'intera caserma dell'Arma dei carabinieri durante il lockdown, nel più totale disprezzo e spregio delle regole, si è macchiata di reati gravissimi», non usa ovviamente mezzi termini il procuratore capo Grazia Pradella nel raccontare alla stampa l'operazione Odysséus della guardia di finanza e della polizia locale che ha portato al sequestro della caserma di Piacenza Levante in via Caccialupo e all'emissione da parte del gip Luca Milani di 22 misure di ordinanza cautelare (12 in carcere, 5 domiciliari, 4 obbligo di firma, 1 obbligo di dimora) e una denuncia a piede libero. 

Dieci in totale i carabinieri indagati, compreso il comandante della compagnia di Piacenza. L'indagine è iniziata grazie al racconto di un ufficiale dell'Arma non coinvolto che ha illustrato spontaneamente alla polizia locale quanto stava accadendo all'interno della caserma di via Caccialupo. I carabinieri finiti in carcere sono: Giuseppe Montella, Salvatore Cappellano, Angelo Esposito, Giacomo Falanga, Daniele Spagnolo. Ai domiciliari il comandante della Levante, maresciallo Marco Orlando. Il maggiore Stefano Bezzeccheri, comandante della compagnia di Piacenza è stato raggiunto dalla misura dell'obbligo di dimora, è accusato solo di abuso d'ufficio. Tutti sono stati sospesi. Nei guai anche un finanziere, Marco Marra, che ha l'obbligo di firma, è accusato di rivelazione e utilizzazione di segreti di ufficio. Angelo Minniti, Giovanni Lenoci e Lorenzo Ferrante, altri tre carabinieri, hanno avuto l'obbligo di firma.  I civili finiti in manette sono: Daniele Giardino, Alex Giardino, Simone Giardino, Matteo Giardino (domiciliari), Gherardi Tiziano, Megid Seniguer, Jamai Masroure Zin El Abidine, Ghormy El Mehedi, Mattia Valente (domiciliari), Clarissa D'Elia (domiciliari), Maria Luisa Cattaneo (domiciliari). 

pradella sanapo centini colonna-2I finanzieri e gli agenti della sezione investigativa della Polizia Locale in un'indagine lampo di sei mesi condotta con tecniche informatiche altamente sofisticate, intercettazioni telefoniche e ambientali, pedinamenti portati avanti 24 ore al giorno e coordinata dai sostituti procuratori Antonio Colonna e Matteo Centini, hanno scoperchiato un'organizzazione criminale composta dai carabinieri volta a fare più arresti possibili per risultare - spiegano gli inquirenti -  più bravi degli altri colleghi. Per fare ciò basavano gli arresti, illegali, su circostanze inventate riferite al pm di turno in una sorta di auto esaltazione. Pur di apparire e pur di avere la droga non badavano alle modalità operative, di lì pestaggi, un sequestro di persona e comportamenti definiti da un pusher di fiducia che ha assistito a un'aggressione  "era come essere in Gomorra". In sostanza approvvigionavano di droga il Piacentino durante il lockdown, mantenevano contatti con spacciatori di alto livello, custodivano la droga che sequestravano ai pusher che non erano sotto la loro protezione e spacciavano poi a loro volta, posto che ne facevano anche uso. Addirittura erano arrivati a fare una staffetta con le auto per scortare un pusher o a compilare un'autocertificazione fasulla in modo tale che l'uomo di fiducia di turno potesse andarsi a rifornire nel Milanese. 

I militari sono accusati di spaccio, ricettazione, estorsione, arresto illegale, tortura, lesioni personali aggravate, peculato, abuso d'ufficio, rivelazione ed uso di segreti d'ufficio, falsità ideologica, perquisizione e ispezioni personali arbitrarie, violenza privata aggravata, truffa ai danni dello Stato.  «Siamo di fronte  - spiega Pradella - a reati impressionanti se si pensa che sono stati commessi da militari dell'Arma dei carabinieri. Si tratta di aspetti molto gravi e incomprensibili agli stessi inquirenti che hanno indagato. Una serie tale di atteggiamenti criminali che ci ha convinto a procedere anche al sequestro della caserma dei carabinieri per futuri accertamenti». Le fanno eco Colonna e Centini: «Un'indagine dolorosa che ha lasciato una grande amarezza, più si indagava più emergevano dettagli pesantissimi». 

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