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Mercoledì, 24 Aprile 2024
Cronaca

«Mi ha violentata puntandomi una pistola», ma il giudice lo assolve

Un albanese accusato da una donna peruviana. Il fatto era avvenuto nel 2011 in strada Agazzana e l'uomo avrebbe usato le armi del proprietario dell'abitazione, suo datore di lavoro. L'avvocato Pontini: nessuna prova e i referti medici non parlano di violenza

Era accusato di aver violentato una ragazza dopo averla minacciata con un pistola. Un’accusa terribile che, però, è caduta quando è stato assolto. Imputato di violenza sessuale aggravata e porto abusivo di arma era un albanese di 38 anni, residente a Piacenza e una peruviana di 35, attualmente irreperibile. Davanti al giudice per l’udienza preliminare Giuseppe Bersani si sono presentati, per ascoltare la sentenza, il pm Antonio Colonna e l’avvocato difensore Mauro Pontini. L’accusa aveva chiesto quattro anni di reclusione, la difesa l’assoluzione. Soddisfatto l’avvocato Pontini per una vicenda che aveva molti lati oscuri.

colonna-3La storia era avvenuta nel maggio del 2011, in un appartamento in periferia, lungo la strada Agazzana. La donna, nella denuncia, aveva detto di aver conosciuto l’albanese - in regola e con un lavoro - il quale le aveva chiesto di andare nella casa dove abitava a fare le pulizie. Lei aveva accettato. Entrata in casa, però, aveva capito le intenzioni di quell’uomo, allora 33enne che l’avrebbe invitata a sedersi sul letto. Lei aveva rifiutato e lui allora aveva preso due pistole - regolarmente detenute dal proprietario dell’abitazione e datore di lavoro dell’albanese – e l’aveva minacciata. Terrorizzata, la donna era stata costretta a spogliarsi e a subire le attenzioni morbose dell’albanese fino al rapporto sessuale completo. Al termine, il presunto violentatore avrebbe riaccompagnato la peruviana in moto fino in via Manfredi.

mauro pontini-2Ma non ci sono prove, aveva sostenuto Pontini. La peruviana era stata visitata al pronto soccorso e il referto medico non parlava di violenza: i medici avevano trovato solo spermatozoi. Inoltre due telefonate hanno destato altri dubbi: dai tabulati infatti è emerso che la donna ha chiamato la sorella, dicendole che tutto andava bene. Un'altra chiamata, sempre alla parente, la informava della violenza subita. Il dubbio sta nel fatto che la seconda chiamata è stata effettuata venti secondi dopo la prima.

La donna era tornata a casa, ma aveva sporto la denuncia solo molto tempo dopo. L’inchiesta era partita e l’albanese indagato e poi rinviato a giudizio. La peruviana non si è mai costituita parte civile e oggi non si sa più dove sia. Alla lettura della sentenza, l’albanese ha tirato un sospiro di sollievo.

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