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Cronaca

Monsignore raggirato e derubato di 13mila euro, in tre a processo

I fatti risalgono al 2016, quando il sacerdote fu avvicinato da un finto medico e da un uomo che voleva fare una donazione alla chiesa piacentina. Tre gli imputati

Ingannato e derubato di 13mila euro. A processo per furto pluriaggravato tre persone accusate di aver raggirato nel 2016 un monsignore piacentino, ad oggi deceduto e all'epoca 86enne. Udienza nella giornata del 23 settembre davanti al giudice Federica Ceresini (pm Sara Macchetta), gli imputati sono Emanuele Murano (difeso dall'avvocato Riccardo Arata), Bruno Verde e Andrea Zanini (difesi dall'avvocato del foro di Bologna, Luigi Prete). 

Da quanto ricostruito il sacerdote era stato contattato telefonicamente da un uomo che gli avrebbe detto che una sua zia, gravemente ammalata, avrebbe desiderato ricevere la comunione nel reparto dove era ricoverata. Si è finto un amico usando toni cordiali e amicali. Il don aveva acconsentito e i due si erano dati appuntamento a piazzale Torino l'indomani per recarsi in ospedale. Il sacerdote si era trovato davanti Murano (secondo l'accusa) che si era finto un oncologo, tale dottor Corradini. E proprio mentre i due stavano andando in ospedale avevano incontrato un secondo uomo. Costui si era rivolto al Corradini in francese e aveva dichiarato di essere un cittadino svizzero in Italia per conto del padre, che gli aveva affidato 80mila euro da donare a un non meglio specificato ospedale.

Motivo della donazione? Il papà, ora infermo, aveva combattuto nella Seconda Guerra Mondiale in Italia e desiderava "ringraziare" il bel Paese.  Lo svizzero, trovandosi davanti il monsignore, avrebbe poi offerto di fare a metà: 40mila all'ospedale, 40mila alla chiesa piacentina, che gli avrebbe consegnato alla condizione di rendere ufficiale l'atto da un notaio. Con l'inganno quindi l'anziano prete ha ritirato 13mila euro in contanti da consegnare al notaio per le spese e insieme si erano recati in una tabaccheria per acquistare le marce da bollo necessarie. L'anziano sacerdote era sceso dall'auto sulla quale viaggiavano:  totalmente in buona fede, si era recato nel negozio. All'uscita i due truffatori ovviamente erano scappati con il denaro. 

Fatta la denuncia, le indagini sono state condotte dalla squadra mobile che hanno ricostruito tutta la vicenda individuando i tassisti, ignari, che avevano trasportato i truffatori, visionando le telecamere di sorveglianza e analizzando le celle telefoniche delle utenze. Sul banco degli imputati quindi sono finiti in tre: colui che ha fatto la telefonata con la quale la vittima è stata contattata, il finto medico e lo svizzero. «Siamo di fronte ad un processo meramente indiziario, tanto che la vittima, già molto anziana, non avrebbe riconosciuto in maniera certa il mio assistito - ha detto l'avvocato Arata -, inoltre le utenze usate erano intestate a cittadini stranieri prestanome. E gli inquirenti si basano anche sul fatto che siccome i tre sono di Bologna, e le celle hanno agganciato alcune zone della città, allora è chiaro che fossero esattamente loro i tre malviventi. Ci sono altri elementi che poi in buona sostanza non proverebbero la colpevolezza, per lo meno del mio assistito». Dello stesso avvisto anche l'altro avvocato, Luigi Prete: «Non si è formata la prova che siano stati loro. In particolare un inquirente sentito nelle scorse udienze ha fatto una ricostruzione frammentaria e si le indagini si sono basate essenzialmente sull'aver collegato le persone a questo fatto, perché responsabili di reati analoghi compiuti altrove».

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