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Cronaca Morfasso / Via Roma

Guardie Mediche, nasce un comitato di cittadini del distretto di Levante

Si è incontrato il comitato spontaneo di cittadini a difesa della guardia medica di Morfasso. Nel corso della riunione sono emerse le tante perplessità nei confronti dell'operato dell'Ausl di Piacenza ed è stata annunciata la fondazione di un nuovo comitato che rappresenti il Distretto di Levante sui temi della salute

Affollato incontro a Morfasso, presso la scuola del capoluogo per affrontare i temi legati alla salute del territorio montano. Convocata dal comitato spontaneo dei cittadini morfassini nato per la difesa del servizio della guardia medica, la riunione era aperta a tutti i gli abitanti del capoluogo dell’alta Val d’Arda e vi hanno partecipato anche rappresentanti di Castell’Arquato, Fiorenzuola e Carpaneto. Non per niente, infatti, la notizia più significativa uscita è la costituzione di un comitato di cittadini che rappresenti tutto il territorio del Distretto di Levante della nostra provincia, per quanto riguarda i temi della salute. Presenti anche il Sindaco di Morfasso, Paolo Calestani e l’Assessore alle politiche sociali, Andrea Martini che hanno illustrato i passi più recenti dell’ASL in riferimento alla riorganizzazione del servizio di continuità assistenziale nel piacentino. È toccato a Gian Francesco Tiramani, coordinatore del comitato, illustrare le prerogative dell’iniziativa civica sottolineandone con forza i tratti caratteristici. «Siamo un gruppo di persone che considerano la “cittadinanza attiva” come l’espressione della volontà di non stare solo a guardare o a contestare ciò che viene proposto ed attuato dalle istituzioni ma di impegnarsi in prima persona nell’evidenziare i bisogni dei cittadini nella tutela della salute, proponendo strade che siano nell’interesse dell’utenza e monitorando l’intera attività». Come dire che il solo principio di rappresentanza espresso con l’elezione dei vari rappresentanti dei cittadini nelle Istituzioni non si dimostra sufficiente in tal senso anche perché «al di là della buona volontà dei singoli, vi sono meccanismi ormai consolidati che non consentono alle istituzioni di seguire percorsi lineari e sempre nell’interesse della comunità».

Nessun apparentamento politico e nessuna intenzione di difendere in modo campanilistico posizioni acquisite ma la volontà innanzitutto di “informare” i cittadini e di favorire il percorso partecipativo “tanto propagandato ma poi disatteso il più delle volte”. Tiramani è poi passato a spiegare ai presenti i passi più importanti della riforma introdotta dal Decreto Balduzzi del 2012 che ridisegna in modo epocale l’organizzazione dei servizi per la salute nel nostro Paese. L’analisi esposta ha evidenziato soprattutto come la realtà dei fatti nella nostra provincia sia decisamente lontana dalle linee guida e dai parametri previsti dalla legge citata, sia per quanto riguarda la rete ospedaliera che servizi di emergenza/urgenza sul territorio. «Il problema non è la Guardia medica in sé quanto il livello complessivo dei servizi offerti e la loro integrazione». Uno dei punti centrali della discussione è stato l’inquadramento di quello che comunemente viene chiamata “Guardia medica” ma che rimane sempre il servizio di “continuità assistenziale” che non è altro che il prolungamento alle ore notturne ed ai giorni festivi del servizio offerto dai medici di base. «Se fosse solo questo, ovvero solo quello di diagnosi per eventi non acuti o per il rilascio di ricette, non si porrebbe il problema relativo alla distanza della sede del medico”, ha aggiunto il relatore proseguendo poi «è però del tutto evidente che nelle aree lontane dai presidi ospedalieri con PPI o pronto soccorso il servizio diviene ben altra cosa, ovvero il primo anello della catena del soccorso ed allora parametri di strutturazione, competenze ed equipaggiamento dei medici sono ben altra cosa. In queste realtà non si può pensare che un giovane medico neolaureato senza alcun equipaggiamento per affrontare situazioni di emergenza possa essere un valido elemento della catena dell’emergenza/urgenza». A questo punto i presenti hanno ricordato proprio il tragico fatto accaduto la sera precedente quando un abitante della frazione di Casali è tragicamente deceduto a causa della caduta in bicicletta. Sono intervenuti la Guardia medica di Bore e l’ambulanza della Pubblica Assistenza di Bore.  «Nessuna delle due era in grado di offrire un supporto avanzato necessario e quindi di garantire l’eventuale ripristino e mantenimento delle condizioni vitali. Proprio il Decreto Balduzzi evidenzia come la rete ospedaliera debba necessariamente integrarsi con le altre componenti sul territorio per offrire una risposta qualificata e tempestiva alle esigenze dell’utenza».

A proposito del soccorso la norma nazionale prevede un mezzo di soccorso avanzato con medico a bordo ogni 60.000 abitanti e con copertura di un territorio non superiore ai 350 km. Stando a questi parametri in provincia di Piacenza, con una popolazione di 291.000 abitanti dovremmo avere 5 mezzi e con una superficie di 2.589 kmq i mezzi dovrebbero essere 7 ma - ricorda sempre Tiramani - ce ne è solo 1, sempre a regime, e si trova all’estremità del territorio (Piacenza). Non solo ma il Decreto, proprio pensando a territori come quelli della nostra montagna, afferma ‘applicando un necessario correttivo specifico per la copertura ottimale nelle zone di particolare difficoltà di accesso’. Come mai nei piani di ristrutturazione dell’ASL non si trova traccia di questo che riguarda non la qualità della vita dei cittadini ma la vita stessa?».

«È chiaro che se la Guardia medica non è presente o non è efficiente nelle aree vicine ai presidi ospedalieri il problema dell’urgenza non si pone proprio perché vi è l’alternativa dei pronti soccorso; ma se la necessità si presenta in territori come Morfasso o Ferriere il primo (e unico) servizio di supporto avanzato con medico ha una percorrenza che arriva anche ad 1.40; i p parametri nazionali parlando di massimo 20’ in area extraurbana; cosa si risponde a questa mancanza di rispetto formale di una norma ma, soprattutto alle conseguenze dal punto di vista morale ed etico? Togliendo anche i punti di Guardia Medica?». Sono stati poi presentati i criteri definiti dalla legge nazionale relativamente alla rete degli ospedali del territorio che possono essere di 3 livelli: base, 1° livello e 2° livello. Qui è sorta la prima questione relativamente alla recente proposta di ricostruzione dell’ospedale di Fiorenzuola presentata al consiglio comunale di Fiorenzuola in occasione del quale il Direttore Generale dell’ASL di Piacenza a preciso quesito ha risposto che “è sia di base che di primo livello”. A proposito dell’ospedale della Val d’Arda hanno poi preso la parola l’Arch. Elena Rossini e Nicoletta Ferdenzi che, avendo vissuto da vicino la storia recente della scelta di demolire e ricostruire il vecchio fabbricato, hanno ripercorso con dovizia di particolari la vicenda, evidenziando l’incoerenza obbiettiva di molti passaggi e l’impossibilità concreta dei cittadini di veder almeno valutate le controdeduzioni. Molti le domande dei presenti per cercare di comprendere meglio una questione che li tocca molto da vicino e tante le sensazioni negative motivate da scelte che sembrano andare solo nell’ottica di aumentare i costi del tutto (demolizione e ricostruzione) con prospettive di spesa poco chiare, visto anche che l’importo previsto dalla Regione per l’intera ricostruzione è solo circa un terzo di quanto speso per l’allestimento del nuovo blocco A. L’Ausl in tal senso ha affermato che verranno ripristinate a Fiorenzuola tutti i servizi presenti precedentemente ma in tanti si sono interrogati se questo rientri nelle linee guida nazionali e se sia davvero interesse dell’utenza avere reparti ridondanti nella nostra provincia invece di servizi a maggior specializzazione che possano anche evitare la migrazioni crescente verso altre province e Regioni. “Quanti sono i primari ed i medici di Fiorenzuola e Piacenza che nel tempo hanno raggiunto altre province e perché nessuno si è mai posto la domanda?”, hanno chiesto varie persone che evidentemente hanno sperimentato questa anomalia direttamente.

«Si propone una nuova risonanza magnetica a Fiorenzuola ma chiamando ieri il CUP di Piacenza per prenotare un esame al tratto lombo-sacrale della colonna senza mezzo di contrasto, la risposta è stata: fra 111 giorni all’ospedale di Piacenza con ticket di 70,00 €; fra 19 giorni alla Casa di Cura Piacenza convenzionata con stesso ticket; 1 giorno solo sempre all’ospedale di Piacenza con costo di 250,00 € (zero attesa). Visto che è così da tempo - chiede Tiramani - perché le fasce giornaliere destinata alla libera professione (con pagamento degli utenti) sono sempre così disponibili mentre quelle per le prestazioni in convenzione ti costringono ad attendere tanto? Perché l’Ausl continua a pagare prestazioni di strutture private anche fuori Regione (ci dicano per esempio quanto è l’importo annuo girato alle strutture diagnostiche di Cremona) invece di organizzarsi autonomamente? La storia, al di là di qualsiasi valutazione, dimostra che l’Ausl di Piacenza, solo per esempio, ha acquisto prima la TAC e poi la Risonanza Magnetica solo dopo aver utilizzate per anni quelle private in convenzione».

Altro quesito circa i servizi per le persone anziane e con patologie croniche. «Proprio il Decreto più volte citato - ha aggiunto Tiramani - esplicita senza dubbio alcuno la necessità di strutturare servizi alternativi (e meno costosi) rispetto all’ospedalizzazione di questi pazienti ma da noi non si trova, per esempio, alcuna traccia della telemedicina che consente di monitorare in modo efficace e produttivo migliaia di pazienti con pochi infermieri e, soprattutto, di refertare a distanza. Si continua, invece, a trasportare in ambulanza dalle abitazioni e dalle strutture protette centinaia di persone che impegnano in modo improprio tutta la rete del trasporto ed i servizi ospedalieri per indagini che potevano essere fatte (come insegnano da tempo i Paesi più evoluti) direttamente sul posto, grazie alle nuove tecnologie elettroniche, ottenendo il referto anche di specialisti di alto livello in remoto. Eppure anche di questo che ridurrebbe in modo drastico il costo del sistema e le spedalità improprie, non vi è traccia alcuna. Potrebbe l’Ausl fornirci informazioni sulle spedalità improprie censite ogni anno e sui relativi costi, comparandoli con costi di soluzioni alternative come la telemedicina? Forse scopriremmo che il risparmio economico sarebbe ben oltre quello che si avrebbe chiudendo qualche Guardia medica qui e là». In chiusura dell’incontro si è avuta la conferma che verrà costituito ufficialmente quanto prima un comitato di cittadini che rappresenti gli utenti di tutti e 24 i comuni del distretto di levante, con il compito di informare la collettività in modo trasparente, di proporre soluzioni e progetti e di vigilare in tutti i settori che hanno a che fare con la salute dei cittadini, senza appartenenze o strumentalizzazioni politiche. Nel frattempo si prepareranno progetti concreti che vadano nella logica di strutturazione dei servizi indicati dalla legge regionale, con al centro la qualità dei servizi all’utenza, senza le logiche che spesso allontanano i cittadini dalle istituzioni.

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