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Cronaca

Natura e ambiente: quarant'anni fa il primo convegno provinciale

Quest'anno si sta valutando la possibilità di nuovi incontri per mettere a fuoco un panorama storico degli eventi degli ultimi decenni e una riflessione sugli enormi interrogative e opportunità del nostro tempo

E' stata la prima grande manifestazione ecologica piacentina, spontanea e coordinata fra le principali associazioni sui problemi locali, con uno sguardo sul mondo. Ci riferiamo alla affollata ed entusiastica partecipazione di tanti esponenti di società naturalistiche, culturali e sportive, che la mattina di domenica 15 febbraio 1976 avevano gremito l'Aula Magna dell'Istituto Industriale Marconi di via IV novembre per ragionare e cooperare su habitat – natura e ambiente. L'anno successivo il convegno era stato ripetuto a Travo, presente il presidente della Comunità montana Andrea Losi  con il consigliere Pier Luigi Bersani. 

Quest’anno in occasione del quarantennale si sta valutando la possibilità di nuovi incontri per mettere a fuoco un panorama storico degli eventi degli ultimi decenni e una riflessione sugli enormi interrogative e opportunità del nostro tempo anche in relazione all’enciclica "Laudato sì" di Papa Francesco sulla cura della casa comune e la Conferenza mondiale di Parigi sul cambiamento climatico.

primo convegno provinciale Natura e ambiente-2Sul tema ospitiamo la nota che segue del dottor Carlo Mistraletti e del nostro collega Gianfranco Scognamiglio: «Avevano aderito tutte le associazioni piacentine e numerosi studenti amanti della natura e preoccupati per la compromissione dell’habitat, l'abbruttimento del paesaggio, gli attentati alla salute dell'uomo. Stavano entrando nell'uso corrente termini classici e attualizzati come Ecologia, Etica e Bioetica, Sviluppo sostenibile (nelle sue componenti ambientale, economica e sociale) si meditava su "I limiti dello sviluppo". Si denunciavano le sofisticazioni alimentari, l'inquinamento dell'aria, dei fiumi e dei mari, la droga, la pillola, l'allontanamento dalla natura; e ancora il consumo di suolo e di materie prime, lo "smog" nelle città, le occupazioni abusive di aree demaniali, premesse di un’infinità di rischi e danni alluvionali, talora catastrofici».

«Tanti temi e concetti che si sarebbero sviluppati nei decenni successivi con un crescendo di consapevolezza scientifica e di diffusione nell’ opinione pubblica - continua la nota - I risultati non sono stati soddisfacenti per il persistere e l’estendersi di nuove forme di inquinamento dell'acqua e dell’aria, ma anche della terra e delle produzioni agricole (stavano già iniziando i crimini della "terra dei fuochi". Avvenivano scelte politiche sbagliate che avrebbero prodotto calamità e patologie ambientali e umane) locali e globali. Già da allora si delineava il problema del modello di sviluppo e della "qualità di vita". Da una parte il miraggio della civiltà industriale e tecnologica, dall'altra i casi di inquinamento e distruzioni, la civiltà del benessere che produceva nuovi malesseri. Erano ben noti dilemmi ma spesso vere battaglie per la produzione di energia pulita (anche nucleare?) senza consumo di fossili. Persistono i conflitti per l’accesso ai beni finiti (e oggi si sono esacerbate le lotte per l'"oro nero", l'"oro blu", l'"oro rosso").  La ricerca della crescita, come pur discutibile indice di progresso e benessere, è sempre stata in relazione alla demografia, alla fame nel mondo, alle guerre per l’acqua, la terra e le materie prime, alla giustizia sociale. Fra le numerose iniziative internazionali che si sono succedute, già alla conferenza di Budapest sulla popolazione nel 1974, si era posta la questione "Nei paesi sottosviluppati sono poveri perché sono in troppi, o sono in troppi perché sono poveri?"».

«Per la deforestazione da noi non vi erano grossi problemi - conclude - anche se si proponeva un parco nell'"Appennino emiliano ligure" e si dibatteva sulla convenienza di un "piano neve" sui versanti dell'alta val Nure (ma erano a rischio alcuni "biotopi" unici, aree ricche di vegetazioni pregiate come con il pino mugo e l’abete bianco)».

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