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Mercoledì, 24 Aprile 2024
Cronaca

«Ero geloso e ossessivo ma ora so cosa vuol dire amare»

Condannato a un anno e 4 mesi un uomo accusato di maltrattamenti nei confronti dell'ex moglie. In aula: «Non ero capace di voler bene, il mio era un amore malato ma sono cambiato»

«Ero convinto di essere in grado di volere bene e di amare e invece non ne ero capace: il mio era un amore malato fatto di possesso e gelosia. Se penso alla persona che ero non mi riconosco, mi sono fatto schifo sia come padre sia come marito, ma oggi sono una persona che ha lavorato su se stessa per sette anni e portato a termine un percorso importante di terapia».

A dirlo in aula durante il suo esame un uomo arrivato sul banco degli imputati con le accuse di maltrattamenti e violenza sessuale nei confronti dell’ormai ex moglie. L’8 marzo nel primo pomeriggio il collegio giudicante, presieduto da Stefano Brusati (a latere Camilla Milani e Aldo Tiberti) ha emesso la sentenza condannando l’uomo a 1 anno e quattro mesi (pena sospesa) e assolvendolo per la violenza sessuale. Poco prima l’ex moglie ha voluto chiedere alla corte di poter rimettere la querela fatta all’epoca (2018) perché «nel corso di questi anni ha dimostrato di aver imparato a rispettare me e i miei figli. Per loro c’è sempre, credo sia giusto dare valore a questa cosa, è giusto che torni ad avere la possibilità di essere un uomo». Il pm Ornella Chicca aveva chiesto un anno e sei mesi e l’assoluzione dall’accusa di violenza sessuale. Nel corso dell’ultima udienza – il piacentino è difeso dall’avvocato Emilio Dadomo – hanno parlato come testi i due giovani figli, il padre dell’imputato e il dirigente medico Antonio Saginario (dirigente medico del Centro Salute Mentale di Piacenza) che ha seguito l’imputato nel corso della terapia, tra cui un percorso al Sert per la dipendenza da alcol: «L’ho rivisto recentemente e confermo – ha spiegato alla corte – un recupero completo. Inizialmente ha tentato di recuperare la relazione con la moglie ma in maniera inadeguata e poi nel tempo, anche grazie a una terapia farmacologia anti depressiva e il reinserimento lavorativo ha capito come gestire il conflitto, riconoscere gli errori e infine accettare la separazione».

 «Mi bastava una birra per scattare, ero una persona completamente deragliata – ha continuato l’uomo -, non ho tagliato i freni dell’auto, non sono un assassino» e ha respinto con forza l'accusa di violenza sessuale: «Non ho mai asbusato di mia moglie». Sulle indagini ha riferito anche il comandante della caserma dove la donna aveva fatto denuncia (non ne facciamo il nome per tutelare i coinvolti, nda): «Il taglio netto dei freni è stato più che altro un atto dimostrativo in quanto chi metteva in moto capiva immediatamente che qualcosa non andava. Abbiamo recuperato i tabulati telefonici del marito e scoperto che aveva fatto più di cento chiamate sul luogo di lavoro della moglie, e inviato al cellulare della quasi 300 sms in un breve lasso di tempo. La vittima si era rivolta all’Arma dopo l’episodio dei freni per il quale credeva responsabile il marito: temeva per la sua vita – racconta il luogotenente -, e ha raccontato quanto subiva da diverso tempo».

Concordi i figli nel raccontare il rapporto tra i genitori: «La controllava, non le lasciava spazio vitale, era ossessivo. Talvolta perdeva il controllo, non sapeva quando fermarsi e dalle parole passava alle mani anche davanti a noi. La mamma non era mai tranquilla, era sempre in ansia: aveva paura che le succedesse qualcosa di ancora più grave di quello che già capitava» ha spiegato il figlio che a volte ha cercato di fermare la furia del padre. «Volavano schiaffi, pugni. La mamma – dice la figlia - piangeva, cercava di farlo smettere a a volte reagire ma il papà aveva ovviamente pià forza. Per paura si teneva sotto il cuscino un bastone. Ora è un’altra persona, ci segue, è presente. Ha fatto – spiegano – un percorso terapeutico. Da quando è uscito di casa ha preso l’impegno di non bere più e l’ha mantenuto  e per questo sono molto orgogliosa di lui e quando siamo insieme sono tranquilla, prima non lo ero». «Come padre e come famiglia abbiamo cercato di sostenerlo e gli siamo stati vicini nel suo percorso – ha detto il papà dell’imputato -. Ha le sue colpe e beveva. Ora è cambiato».

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