«Norme poco chiare e altri medici si facevano pagare per i certificati necroscopici»
Nuova udienza del processo nei confronti di un medico legale accusato di abuso d'ufficio. Sentiti dai giudici impresari di onoranze funebri, il presidente dell'ordine dei medici e dirigenti dell'Ausl
Una norma poco chiara che non ha consentito ai tanti testimoni di dire se per un certificato necroscopico un medico possa chiedere un compenso, tanto che dalle testimonianze è emerso che almeno un paio di altri camici bianchi avevano chiesto un pagamento. E questo nonostante fossero state fatte delle ricerche sulle norme da parte del presidente dell’Ordine dei medici e dal direttore del servizio di Medicina legale dell’USL. E ancora “non so” legati a un tema controverso, oggetto del processo nei confronti del medico legale Novella D’Agostini, accusata di abuso di ufficio e difesa dagli avvocati Cosimo Pricolo e Simone Marconi. Dalle testimonianze è anche emersa la restituzione di una parcella, da parte di D’Agostini, dopo la lettera di un avvocato.
Nella mattina del 17 marzo, davanti al collegio presieduto da Italo Ghitti sono sfilati altri due titolari di imprese funebri e alcuni medici e dirigenti della Ausl. Il pm Michela Versini ha chiesto ancora ai due impresari le procedure e i documenti necessari per svolgere un funerale. Pasquale Villa e Romano Badini hanno detto di non aver mai avuto, da altri medici, in precedenza richieste di denaro per il rilascio della certificazione necroscopica (in genere tre documenti: modello Istat, denuncia di morte e per la cremazione l’attestazione che la salma non avesse un pace maker). E comunque, entrambi hanno affermato di aver sempre avuto la fattura.
Il collegio dei giudici ha ascoltato il presidente dell’Ordine dei medici, Augusto Pagani. Il professionista ha ricordato di aver avuto da D’Agostini una e-mail in cui lei chiedeva chiarimenti sulla correttezza del compenso, dopo aver ricevuto un’altra mail dall’avvocato Sara Torresin di Parma. Quest’ultima chiedeva il rimborso dei 150 euro pagati per la certificazione necroscopica da Claudia Pezzoni, un altro avvocato a cui era da poco deceduto il padre.
Pagani ha detto che quando un medico di medicina generale rilascia un certificato si fa pagare. Pagani consigliò a D’Agostini di restituire la somma, anche se nonostante le ricerche giuridiche era riuscito a venire a capo della questione. E’ stata poi la volta di Anna Maria Greco, responsabile del Dipartimento di Medicina legale dell’Ausl. Il dirigente ha spiegato che l’USL nomina il necroscopo attraverso una delibera, ma che il nome di D’Agostini non c’era. Greco ha poi ricordato un Dpr che equipara i compiti del medico generale e di quello legale, ma sui pagamenti nulla.
Un altro medico legale, Tiziana Fullin (è stata sentita anche la collega Rosanna Pulerà) ha detto di aver saputo di almeno un paio di medici che avevano chiesto compensi per le certificazioni (non per le autopsie disposte dalla procura, per le quali i sanitari sono già pagati). Fullin ha ricordato la telefonata e le mail con D’Agostini, quando quest’ultima chiedeva chiarimenti dopo aver sentito Pagani. Fullin ha ricordato che D’Agostini le disse di ave chiesto un parere anche ai due pm, Antonio Colonna e Ornella Chicca (entrambi sono stati chiamati come testimoni dalla difesa dell’imputata, ma il presidente del collegio si è riservato la decisione). Il medico ha poi spiegato che con Pagani aveva fatto ricerche ma che la norma era poco chiara. Pulerà, invece, ha detto di aver sempre usato i tariffari della procura, ritenendo che la certificazione fosse compresa nei pagamenti per esami esterni o autopsie.