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Cronaca

Nuovo Dpcm, ordinanze e decreto legge: i divieti dal 7 gennaio e il rischio zona rossa e arancione per sei regioni

Dopo l'Epifania arriveranno le nuove norme per ripristinare il sistema delle aree colorate e i divieti in tutta Italia. Ecco i territori in pericolo e le norme sicuramente in vigore

Dopo l'Epifania sono in arrivo un'ordinanza del ministero della Salute, un decreto legge e un nuovo Dpcm che porteranno nuove regole e divieti in tutta Italia. Il 7 gennaio scadono le restrizioni decise dal decreto legge n. 172/2020, che hanno portato tutta Italia in zona rossa e arancione a Natale 2020, mentre il 15 non saranno più in vigore gli effetti del dl 158/2020 (prorogati dall'ultima norma) e del Dpcm 3 dicembre: in più, il 31 gennaio scade lo stato d'emergenza dichiarato a ottobre 2020 e anche questo dovrà essere rinnovato. Per il governo di Giuseppe Conte si prospetta quindi un lungo lavoro di legislazione che dovrà tenere conto dei numeri dell'epidemia di coronavirus e degli effetti delle restrizioni durante le festività di Natale 2020. Con un punto interrogativo: la scuola. Occhi puntati sulle regioni più colpite da inizio emergenza.

Nuovo Dpcm, ordinanze e decreto legge: i divieti dal 7 gennaio e il rischio zona rossa e arancione in sei regioni

Cominciamo dalla fine. Il 7 e il 15 gennaio saranno i due giorni-chiave: dopo l'Epifania il governo ripristinerà il sistema delle zone gialle, arancioni e rosse in tutto il paese assegnando un colore ad ogni regione. Lo strumento per farlo sarà con tutta probabilità un'ordinanza del ministero della Salute che deve essere promulgata entro il 6 gennaio: il ministro della Salute in un'intervista rilasciata prima di Capodanno ha dichiarato che il sistema ha funzionato e quindi verrà ripristinato. Ma a quali regioni toccheranno le zone con maggiori restrizioni? La sottosegretaria alla Salute Sandra Zampa ha pronosticato che tutto il paese sarà in zona gialla, mentre il consigliere del ministro Walter Ricciardi ha chiesto esplicitamente di prorogare le limitazioni della zona rossa fino al 15 e oggi, in un'intervista a La Stampa, il virologo Lorenzo Pregliasco preannuncia l'arrivo della terza ondata e ha chiesto anche lui di continuare così: "Il colore rosso è stato necessario perché a dicembre la popolazione non era abbastanza attenta. Durante le feste è stato concesso qualche strappo, ma pranzi, cene e ritrovi vanno dimenticati fino al vaccino". Per Pregliasco "la vaccinazione non darà risultati a breve per diversi mesi, circa fino a fine 2021". E il virologo circa la riapertura delle scuole dichiara: "Con l'attuale circolazione del virus le scuole sono pericolose sia per quello che vi succede dentro sia per il traffico che innescano, ma ha senso il tentativo di riaprirle parzialmente per valutare nel tempo gli effetti ed eventualmente ricalibrarsi. Anche perché la scuola ha pari dignità rispetto ai servizi essenziali e ai luoghi di lavoro, che fin qui si è cercato di privilegiare sacrificando invece svaghi e turismo".

Al di là delle opinioni dei membri del governo e di quelle degli esperti, i dati del bollettino della Protezione Civile dicono che la discesa è ancora lontana: oltre 22mila contagi in 24 ore, in leggera flessione rispetto ai 23mila contati il 31 dicembre quando però erano stati effettuati 186mila tamponi (ieri sono stati 157mila), mentre il tasso di positività, ovvero il rapporto tra positivi e tamponi è arrivato a toccare quota 14,1% rispetto al 12,6% del giorno precedente. Il numero dei morti rimane alto (462, erano 555 giovedì). Il Fatto Quotidiano aggiunge oggi un'altra considerazione preoccupante: 

L’indice reale di positività è più che doppio. I 157.524 test sono stati effettuati infatti su 70.010 persone (il paniere comprende anche i tamponi di verifica) il che porta l’indice reale al 31,72%. Il confronto con il bollettino della settimana precedente (25 dicembre), inoltre, conferma il trend: il giorno di Natale i nuovi positivi furono 19.037 per un tasso di positività del 12,5%.

In compenso, ricorda il quotidiano, il livello di saturazione dei reparti di terapia intensiva - secondo il report di fine anno di Altems - è sceso al 30%, la soglia critica, quello dei reparti Covid, invece, è al 36% (soglia critica 40%). La regione più colpita è ancora il Veneto, dove ieri si sono registrati quasi 5 mila nuovi casi. Seguono Lombardia con 3056 ed Emilia-Romagna con 2629. Con questi numeri è evidente che una parte del paese, che potrebbe essere anche piuttosto ampia se il governo userà la linea dura, potrebbe essere sottoposta a restrizioni da zona rossa o arancione anche dopo la Befana: a rischiare, come avevamo scritto, per ora sono soprattutto Veneto, Liguria e Calabria, che secondo l’ultimo rapporto dell’Iss hanno superato il valore 1 di Rt. Ma La Stampa scrive oggi che "vicine a quella soglia anche Puglia, Basilicata e Lombardia. Sarà il governo a decidere, la prossima settimana, a seguito delle verifiche degli esperti sul monitoraggio dell’Iss, con una riunione della cabina di regia che assegnerà i «colori» alle regioni in base alla situazione del contagio". C'è però un problema di calendario: il report dell'Iss e del ministero arriva di solito verso il fine settimana (venerdì, ma in queste due settimane è stato anticipato al giovedì) ma alla mezzanotte di mercoledì 6 scadranno le restrizioni: se si rispetterà il solito calendario la gran parte d'Italia "rischia" la zona gialla per un giorno prima dell'arrivo dell'ordinanza. È probabile che il ministero anticipi invece tutto proprio al giorno dell'Epifania o a quello precedente. 

L'ordinanza del ministero in arrivo per l'Epifania e le sei regioni a rischio 

Il Corriere della Sera infatti scrive oggi che il report arriverà il 5 gennaio e che osservate speciali sono le sei regioni dove i contagi sono di nuovo in crescita e per cui bisognerà monitorare la tenuta delle strutture sanitarie (Veneto, Calabria, Liguria, Lombardia Puglia Basilicata). L'agenzia di stampa Agi scrive che Veneto, Liguria e Calabria con l'Rt sopra l'1 rischiano di non uscire dalla zona rossa e Puglia, Basilicata e Lombardia potrebbero finire almeno in quella arancione. Il monitoraggio del 30 dicembre ha evidenziato ancora criticità: Lombardia, Trento e Veneto hanno una probabilita' superiore al 50% di superare in 30 giorni la soglia critica di occupazione dei posti letto nelle terapie intensive, Friuli Venezia Giulia, Valle d'Aosta, Piemonte, Provincia autonoma di Trento ed Emilia-Romagna per quelli in area medica. 

Per l'Ansa invece attualmente è previsto che, dopo il decreto, le Regioni tornino alla fascia di colore assegnata prima del lockdown natalizio, cioè tutte gialle (tranne l'Abruzzo arancione, che però secondo il suo presidente Marsilio si è nel frattempo meritato la zona gialla), ma l'andamento del contagio non rende scontato che sia così. Il report del 30 dicembre indica anche altre criticità: in particolare, Friuli Venezia Giulia, Valle d'Aosta, Piemonte, Provincia autonoma di Trento ed Emilia Romagna hanno una probabilità superiore del 50% di superare la soglia critica di occupazione dei posti letto in area medica in 30 giorni, mentre per Lombardia, Trento e Veneto lo stesso discorso vale per le terapie intensive. A questi dati si aggiunge il caso della Sardegna, che ha una classificazione del rischio 'non valutabile' e quindi 'alto', a causa dell'incompletezza dei dati forniti. Nell'intervista rilasciata alla Stampa però lo stesso Pregliasco fa alcuni distinguo su base regionale: "Sì,in effetti hanno dei percorsi particolari. La Lombardia, piegata nel primo giro, ora presenta una certa resistenza, mentre il Veneto incontra nuove difficoltà. Bisognerebbe rivedere i 21 parametri che permettono di cambiare colore, perché in alcuni casi si sono dimostrati insufficienti. Non c’è un manuale per il lockdown e bisogna procedere per tentativi, ma sarebbe bene che dopo il 7 tutte le regioni aderissero a regole più rigorose". Nell'ultimo report dell'Iss si sottolineava che: 

  • l'epidemia in Italia si mantiene "grave ancora a causa di un impatto elevato sui servizi assistenziali";
  • nel periodo 8 - 21 dicembre 2020, l'indice di trasmissibilità Rt medio calcolato sui casi sintomatici è stato pari a 0,93 (range 0,89 - 1.02) in lieve aumento nelle ultime tre settimane; 
  • tre regioni/PPAA (Veneto, Liguria, Calabria) hanno un Rt puntuale maggiore di 1, compatibile quindi con uno scenario di tipo 2;
  • altre 3 (Basilicata, Lombardia e Puglia) lo superano nel valore medio;
  • altre tre lo sfiorano (Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia e Marche);

Lo scenario di tipo 2 (in totale sono 4, spiegati qui) evoca una "situazione di trasmissibilità sostenuta e diffusa ma gestibile dal sistema sanitario nel breve- medio periodo, con valori di Rt regionali sistematicamente e significativamente compresi tra Rt=1 e Rt=1,25 (ovvero con stime dell’Intervallo di confidenza al 95% - IC95% - di Rt comprese tra 1 e 1,25), nel caso in cui non si riesca a tenere completamente traccia dei nuovi focolai, inclusi quelli scolastici, ma si riesca comunque a limitare di molto il potenziale di trasmissione di SARS-CoV-2 con misure di contenimento/mitigazione ordinarie e straordinarie". 

I divieti in arrivo dal 7 gennaio

Detto questo, quali divieti sono in arrivo a partire dal 7 gennaio, quando scadranno gli effetti del Dl 172/2020, e a partire dal 15? Il Corriere della Sera li riepiloga oggi segnalando anche per quali settori le riaperture si riallontanano: 

  • il coprifuoco verrà rinnovato insieme all'obbligo di indossare la mascherina all'aperto e al chiuso e a mantenere il distanziamento di almeno un metro; rimarrà in vigore il divieto di assembramento e la facoltà, per i sindaci, di chiudere strade e piazze; 
  • i negozi verranno riaperti ma con orario di chiusura non più prolungato; verrà rinnovata la chiusura dei centri commerciali nei festivi e prefestivi;
  • bar e ristoranti riapriranno fino alle 18 con le regole precedenti: sedere al massimo in quattro al tavolo e indossare la mascherina quando non si mangia; resteranno consentiti l'asporto e la consegna a domicilio; 
  • la capienza su bus e metropolitane rimane fissata al 50 per cento e non si prevede di aumentare i posti dopo il 15 gennaio;

La riapertura delle piste da sci il 7 gennaio è saltata e il Comitato Tecnico Scientifico ha chiesto alle Regioni di rivedere le linee guida, mentre il ministero dello Sport sta valutando insieme agli esperti la possibilità di riaprire palestre e piscine dopo il 15 ma con uso individuale. Per il settore dello spettacolo e della cultura i musei sono in pole position per riaprire con ingressi contingentati. Tutto il resto è in alto mare. E la scuola? La data fissata è quella del 7 gennaio, ma al netto della scelta dei ministeri della Salute e dell’Istruzione di partire con solo il 50% degli studenti in aula e con uno o due turni differenziati (lezioni dalle 8 alle 14 e dalle 10 alle 16, con durata fino a 45 minuti anche il sabato mattina) le Regioni sono sul piede di guerra: il governatore della Campania Vincenzo De Luca ha annunciato che le scuole nella sua regione non riapriranno "tutto", ma in effetti il governo non vuole riaprire "tutto": "Sento che si parla della riapertura dell’anno scolastico il 7 gennaio - ha detto - queste cose mi fanno impazzire. Come si fa a dire ‘si apre’ senza verificare la situazione? In Campania non apriamo tutto il 7". In Campania il 7 gennaio riprenderanno le prime e le seconde elementari, l’11 la scuola primaria, il 18 le tre classi della secondaria di primo grado e il 25 la secondaria di secondo grado. Il Veneto e il Lazio sono dubbiose ma per ora non intendono mettersi contro il governo. E lo stesso sembra voler fare la Puglia, dove il governatore Michele Emiliano potrebbe confermare l’ordinanza con cui mesi fa ha consentito ai genitori degli alunni di scuola primaria e secondaria di scegliere tra le lezioni in presenza o la didattica a distanza. Un escamotage che evidenzia la spaccatura che va allargandosi tra le Regioni che, peraltro, non sembrano sentirsi del tutto pronte. Non a caso, come ha ribadito ieri il presidente della conferenza delle Regioni Stefano Bonaccini, quella di ripartire con le lezioni in presenza al 50% è stata una richiesta esplicita fatta dalla maggioranza dei territori al governo che, prima di accoglierla, prevedeva un 75% iniziale. 

In ultimo, arriva da un documento delle Regioni la richiesta, ora al vaglio dell'Iss, di apportare alcuni cambiamenti che potrebbero influire sui 21 indicatori per stabilire l'assegnazione delle zone (gialla, arancione, rossa) nell'ambito del monitoraggio della Cabina di regia. Tra questi, secondo quanto si è appreso, un diverso metodo di calcolo dei tamponi antigenici e molecolari effettuati, che potrebbe poi influire sul tasso di positività. Ad essere rivalutata potrebbe essere anche la definizione dei 'casi' e strategie di esecuzione dei test. Il Fatto Quotidiano aggiunge che le Regioni chiedono “che siano precisati chiaramente – si legge nella lettera inviata il 24 dicembre da Icardi al ministro Roberto Speranza e ai dirigenti del ministero – il totale dei test effettuati dalle singole Regioni in tutti i bollettini del ministero e della Protezione”, che oggi riportano solo i molecolari. Gli antigenici, assicurano dal ministero, saranno inseriti nei bollettini. Il rischio è che, con lo screening, le Regioni abbassino notevolmente il tasso di positività.

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Occhi puntati quindi soprattutto sulle regioni del Nord, ma non solo. Ad esempio: che cosa accadrà dal 7 gennaio in Lombardia, la più colpita complessivamente da inizio emergenza? Quali regole saranno in vigore? Prima del decreto legge del Natale la Lombardia era a fatica approdata il 19 dicembre in zona gialla. Tuttavia non è affatto certo che la regione guidata da Fontana dal 7 gennaio rientri nella medesima fascia, quella a rischio moderato. La Lombardia ha oggi come oggi numeri migliori rispetto al Veneto, ma potrebbe finire in zona arancione (come forse anche Puglia e Basilicata, secondo quanto riportato oggi da alcuni quotidiani). Va ricordato che nel territorio lombardo l'indice Rt è salito a 1, dato significativo. Tutte ipotesi, niente certezze. La decisione del governo arriverà solo dopo la pubblicazione del nuovo monitoraggio dell’Istituto Superiore di Sanità. 

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