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Cronaca

Omicidio Baraonda, poche ore dopo aver sparato Mersin chiamò un amico e glielo disse

Emerge un dettaglio del delitto dell'albanese Hajderi. Il presunto omicida - che poi ammise di aver sparato - chiamò un connazionale, ma la magistratura aveva già intercettato il suo cellulare

Poco dopo aver sparato chiamò al telefono un amico e gli disse ciò che aveva fatto. Il telefono, però, per sua sfortuna era già stato intercettato grazie alla velocità stratosferica con cui la magistratura decise gli ascolti, a poche ore dal delitto del bar Baraonda, commesso il primo settembre dello scorso anno. E quella telefonata venne fatta da Mersin Uku, accusato di omicidio volontario premeditato nei confronti di Sadik Haideri. Mersin, con il fratello Donard, il connazionale Ramadani Bujara e Suada Zylifi (quest’ultima deve rispondere di sfruttamento della prostituzione, reato contestato anche agli uomini) ha partecipato ieri 4 settembre all’udienza preliminare.

L’ultimo dettaglio sul delitto maturato tra le gang albanesi per il controllo della prostituzione in realtà è negli atti da tempo. La velocità con cui la procura e la polizia si mossero (i fratelli vennero fermati a Milano, poco prima che si imbarcassero a La Malpensa su un volo diretti in Albania, solo Bujara riuscì a fuggire) non aveva dato letteralmente scampo al terzetto che si era presentato al bar per incontrare la vittima, rea di aver voluto piazzare una ragazza in una zona controllata dagli Uku.

Se gli inquirenti avevano subito avuto indicazioni chiare da quella telefonata, un altro tassello a sostegno dell’accusa era arrivato dalle dichiarazioni di Mersin che si era accollato – nell’interrogatorio – la responsabilità dell’uccisione a colpi di pistola di Hajderi. Due aspetti, questi, che la difesa potrebbe utilizzare per dimostrare il ruolo minore avuto dagli altri due componenti che avevano accompagnato Mersin in auto.

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