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Giovedì, 25 Aprile 2024
Cronaca Pontenure

Omicidio Pierini, confermato l'ergastolo per la figlia che scoppia a piangere: «Sono innocente»

Ergastolo con isolamento diurno per tre mesi. La Corte d'Appello ha confermato il 28 giugno "il fine pena mai" della Corte d'Assise nei confronti della 46enne Maria Grazia Guidoni, accusata di aver ucciso la madre il 3 luglio 2012 a Pontenure e poi di averne denunciato la scomparsa. Il cadavere di Giuseppina Pierini venne ritrovato la sera del 12 novembre 2015

Ergastolo con isolamento diurno per tre mesi. La Corte d'Appello ha confermato il 28 giugno "il fine pena mai" della Corte d'Assise nei confronti della 46enne Maria Grazia Guidoni, accusata di aver ucciso la madre il 3 luglio 2012 a Pontenure e poi di averne denunciato la scomparsa. Il cadavere di Giuseppina Pierini venne ritrovato la sera del 12 novembre 2015 nel podere di famiglia a Massa Marittima (Grosseto). Guidoni, in aula difesa dall'avvocato Claudia Pezzoni (foro di Parma), ha reso spontanee dichiarazioni e alla lettura della sentenza è scoppiata a piangere e ha abbracciato il suo legale. Pezzoni davanti ai giudici ha parlato un'ora e mezzo e ha chiesto di indagare più a fondo la situazione psicologica della sua assistita e di approfondire la perizia psichiatrica, non solo ha evidenziato le contraddizioni del figlio di Guidoni, Gino Laurini (l'omicidio venne scoperto grazia alla sua confessione). Guidoni si è detta innocente e di essere disposta a pagare per suo figlio ma di non essere responsabile della morte della madre, all'epoca 63enne. Pezzoni si è riservata, d'ccordo con l'assistita, di ricorrere in Cassazione una volta depositate le motivazioni della sentenza. La donna è detenuta nel carcere di Pesaro. 

giuseppina pierini scomparsa piacenza-2L'ACCUSA - Il pm Roberto Fontana aveva chiesto alla Corte d'Assise l’ergastolo per Maria Grazia Guidoni. L'omicidio, però, venne alla luce grazie alla confessione del figlio Gino Laurini, 23 anni, nel novembre del 2015. Secondo Fontana si è trattato di «una vicenda estremamente drammatica» che ha portato alla tragedia «di madre e figlio che si accusano di omicidio». Una drammaticità che ha avvolto il contesto e la storia personale delle persone coinvolte, a partire da Guidoni. La donna ha avuto un’infanzia tormentata, lei stessa ha parlato di abusi da parte di parenti, due matrimoni falliti e quattro figli. La madre era vissuta come un peso. Il movente non era solo la pensione, seppur necessaria per tirare avanti (ma l’amministratore di sostegno avrebbe tolto alla donna la possibilità di agire sul conto).

La malattia di Giuseppina Pierini (Alzheimer) poi ha aggravato il quadro. Nonostante questo, ha affermato il pm, la donna ha continuato a dire bugie. Arrivando, nel confronto in aula con il figlio, a dire che non aveva mai portato i figli al mare nel giugno 2012, come invece in precedenza aveva sempre sostenuto. Il pm ha ricordato altre versioni modificate. Il 2 luglio era andata in Toscana per un sopralluogo e non per “scaricare la tensione”. Aveva detto che la sera del 2 luglio era stata con il proprio compagno a Pontenure. E così pure per gli attrezzi comprati all’OBI (la pala, il cemento, l’acido muriatico) o quando ha negato di aver colpito il corpo della madre per smembrarlo, nel podere dove poi l’anziana è stata lasciata.

Ma è stata smentita dalle testimonianze. L’altro pilastro della requisitoria è stato il figlio (il quale con il rito abbreviato è stato condannato a 9 anni). «Gino è credibile. Ha ammesso subito il proprio ruolo - ha affermato Fontana - e si è detto pronto a pagare per ciò che aveva fatto. Ha dato una versione coerente e stabile dei fatti. E le sue dichiarazioni non sono state smentite». Il racconto dell’avvelenamento della nonna, della morte, del trasporto del corpo e del tentativo di distruggerlo è vero, ha detto il pm, è pieno di dettagli mai smentiti. Senza le dichiarazioni di Gino, «questa storia sarebbe rimasta sepolta in un ufficio della procura, in un fascicolo sulla scomparsa di un’anziana». Dopo aver sostenuto che «mi pesa chiedere questa pena, che non è nelle mie corde» Fontana aveva chiesto l’ergastolo.

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