Picchiata con un tubo perché non pagava lo spazio dove prostituirsi
Processo per tentato omicidio e sfruttamento. Accusato un albanese. La vittima è una connazionale, oggi cittadina italiana. Ma per la difesa, ci sono tanti dubbi su alcune persone che ruotavano intorno alla 47enne
Lei non avrebbe pagato “il posto” dove prostituirsi e lui l’avrebbe punita colpendola alla testa con un tubo di ferro, inseguendola e picchiandola ancora alla schiena e rompendole un braccio, con cui tentava di difendersi. E’ l’accusa lanciata da una lucciola italiana, di origine albanese, nei confronti dell’uomo che le aveva “concesso” di potersi prostituire vicino a Piacenza Expo, lungo la Caorsana. E la vittima ha parlato, il 22 ottobre, davanti ai giudici del collegio presieduto da Gianandrea Bussi, a latere Sonia Caravelli e Laura Pietrasanta. Si è aperto così il processo nei confronti di Iris Misku, un albanese attualmente detenuto, accusato di tentato omicidio, sfruttamento della prostituzione e spaccio. L’uomo è difeso dall’avvocato Emanuele Solari. Misku è stato arrestato nel marzo di quest’anno e i fatti più gravi sarebbero avvenuti proprio a marzo. Il pubblico ministero, Matteo Centini, ha chiesto alla donna di raccontare che cosa fosse accaduto. La 47enne, che ha tre figli ed è cittadina italiana, ha ricordato di aver cominciato a prostituirsi da due anni, perché trovava soltanto lavori saltuari che non le consentivano di vivere con i figli nel Pavese. La sua famiglia non sa nulla di ciò che le è accaduto e lei ha raccontato di essere caduta dalle scale della casa in cui lavora come colf. Si sistema prima in via Emilia, poi lungo la Caorsana. Alcune colleghe, però, l’hanno già avvertita che per stare lì deve pagare. Conosce così Misku, secondo la sua versione, che arriva in bicicletta. Seguono altri incontri e lui fissa i tempi e le tariffe: 50 euro al giorno, pagamento settimanale. I primi tempi sembrava una brava persona, ha detto la donna, e se alcuni giorni non lavorava lui non la faceva pagare, così pure come quando lei si recava in Albania. Il pagamento del pezzo di marciapiede è andato avanti per circa un anno.
Si arriva così al 2 marzo di quest’anno, quando il rapporto precipita e si scatena la violenza. La donna - che aveva chiesto ospitalità in un’altra zona perché in quel momento c’era una Fiera e le prostitute si erano spostate - si trovava vicino a un mezzo per lo street food. A un certo punto, secondo il racconto della donna, sarebbe arrivato Misku in auto, una Jaguar, con a fianco un’altra prostituta. Lui vuole i soldi. Scoppia una lite e partono insulti e minacce, anche alla famiglia di lei. La 47enne si toglie una scarpa e colpisce l’auto, che se ne va. Dopo un po’ l’uomo ritorna: «Urlava ti ammazzo e mi colpisce con un tubo di mezzo metro alla testa. Scappo e mi colpisce ancora alla schiena. Io gli chiedo scusa, ma lui alza di nuovo il tubo e io per difendermi metto il braccio in alto, ma lui me lo rompe con i colpi». In quel momento arriva un’auto e l’altra donna avverte Misku di andare, mentre la 47enne corre incontro alla vettura chiedendo aiuto. L’automobilista chiamerà poi la polizia, come ha confermato un ispettore che ha testimoniato in aula. Un’altra prostituta amica della donna malmenata la vede coperta di sangue e la vuole portare all’ospedale, ma lei rifiuta. Vanno a casa di quest’altra ragazza e lei si ripulisce e si fa portare in stazione per prendere il treno per Pavia. Il dolore è forte e la donna, ricordo di aver chiamato un taxi per raggiungere l’ospedale. Dopo le visite, la donna riporta una prognosi di 30 giorni. Nel frattempo, arriva la polizia e lei decide di denunciare l’uomo.
Ma mentre lei ancora la pronto soccorso riceve un messaggio da Misku (poi fotografato dai poliziotti). Il tenore è questo: non finisce qua, io non lascio le cose a metà. Pochi giorni dopo, dallo stesso uomo e da altre persone arrivano sul telefono della 47enne inviti a non denunciarlo. E qui la vicenda si tinge di giallo. Si tenta un incontro per ricomporre la vicenda e Misku viene contattato da un uomo che sarebbe il nipote della 47enne ( e che avrebbe dormito con lei in albergo), cosa negata con forza dalla difesa. E lo stesso ispettore ha ricordato che in un’altra inchiesta sulla prostituzione era spuntata anche la figura del nipote, che secondo Misku era lo sfruttatore della donna. Per l’avvocato Solari, poi, non sarebbe chiaro il ruolo di altre prostitute che avevano incontrato la 47enne, a partire da quella che l’aveva accompagnata in auto per arrivare a quella (disse anche di essere stata violentata) in auto con Misku. Passano un paio di settimane e l’uomo viene arrestato dalla polizia. In casa, ha detto l’ispettore, gli vengono trovati un coltello con una lama di 23 centimetri, un bastone lungo mezzo metro e con un manico di argento, una chiave dinamometrica. La difesa ha chiesto una perizia su alcuni tabulati telefonici e sulle ferite riportate dalla donna e il Collegio si è riservato. Il processo è stato rinviato a gennaio.