Più garanzie per i carabinieri, in quattro trasferiti in altre carceri
A Pavia e Verbania, in sezioni dedicate agli appartenenti alle Forze dell’ordine. A Piacenza, insulti e minacce dagli altri detenuti. I militari avevano chiesto di essere trasferiti
Non sono più a Piacenza quattro dei cinque carabinieri finiti in carcere nell’ambito dell’inchiesta sulla stazione Levante svolta dalle Fiamme Gialle e dalla Polizia Locale con i sostituti procuratori Matteo Centini e Antonio Colonna coordinati dal procuratore capo Grazie Pradella.
Quattro di loro sono stati trasferiti nelle case circondariali di Pavia e Verbania. A Pavia ci sono Giuseppe Montella (difeso dagli avvocati Emanuele Solari e Giuseppe Dametti) e Angelo Esposito (assistito dagli avvocati Mariapaola Marro e Pierpaolo Rivello). Nel carcere del capoluogo del Verbano-Cusio-Ossola si trovano Giacomo Falanga (difeso da Daniele Mancini e Paolo Molazzi) e Salvatore Cappellano (assistito da Paolo Fiori). Le due carceri hanno una sezione dedicati agli appartenenti alle Forze dell’ordine, un luogo in grado di tutelare meglio la loro incolumità e tenerli separati dai detenuti comuni. Nelle ultime settimane, infatti, i carabinieri (che si trovavano in celle singole) erano stati più volte raggiunti da insulti e minacce mentre, alle Novate, passavano vicino ad altri detenuti. Una situazione, oltre che di stress, anche di potenziale pericolo. Era stato loro proposto il trasferimento e in un primo momento era anche stato considerato il carcere militare di Santa Maria Capua Vetere.
I quattro, accusati a vario titolo di reati quali spaccio, peculato, falso, lesioni, tortura, sequestro di persona, si trovano in carcere dal 20 luglio, quando scattò l’operazione Odysséus che portò a dieci misure cautelari per altrettanti carabinieri e ad altre 13 per alcuni spacciatori. I quattro - il quinto, Daniele Spagnolo, si trova agli arresti domiciliari, dopo il ricorso al Tribunale del riesame, con l’avvocato Francesca Beoni - poche settimane fa avevano scelto di essere trasferiti proprio perché la situazione a Piacenza si stava facendo pesante per loro. Continui insulti e anche minacce di morte. Al passaggio dei militari che si recavano all’esterno per l’ora d’aria, le celle degli altri detenuti venivano chiuse.