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Cronaca

Diritti e pretese impraticabili nel Ddl Cirinnà

Il presidente dell'Ugci di Piacenza commenta il Family Day del 30 gennaio: «A questo punto c'è discriminazione per le coppie di fatto non omosessuali»

Per chi lo voglia capire ormai i principali inganni del DDL Cirinnà sono stati svelati. Matrimonio e adozione gay, mascherati da ‘unioni civili’. E anche dal Quirinale arrivano segnali negativi, caso mai il DDL superasse il vaglio parlamentare. Riguardo alle unioni gay la Corte Costituzionale ha detto: no al matrimonio, sì come formazione sociale, e da più parti si parla di diritti civili. Ci si chiede quindi quali siano, in concreto, questi rivendicati diritti civili. Sul punto, la richiesta che viene dal mondo LGBT sembra essere inequivocabilmente quella concretizzata nel DDL Cirinnà. I diritti civili di cui si parla sono quindi il matrimonio e la adozione. Una richiesta, quindi, che sembra in questi termini irricevibile, sia per la somiglianza e la confusione con il matrimonio che il DDL introduce, con i conseguenti problemi di incostituzionalità sollevati da Mattarella, sia per la parte relativa alle adozioni ed alle prospettive di genitorialità artificiale e surrogata a cui essa apre, alle quali grazie a Dio anche buona parte del mondo politico e dei partiti di maggioranza è contraria. Ma se le pretese del mondo LGBT non fossero queste, che paiono impraticabili, ma altre, resterebbe da chiarire quali diritti possano essere concretamente e legittimamente rivendicati dai componenti delle unioni omosessuali, in modo che queste ultime possano rimanere nell’alveo dell’art. 2 della Costituzione, quali semplici formazioni sociali, non confondibili con la famiglia, come indicato dalla Corte Costituzionale. Aspettiamo, con una certa curiosità, di saperlo.

327265556a25a2855d65f17b1622d1a7Sulla step-child adoption, infatti, pare che le lobbies LGBT facciano muro. E se, per esempio, posto che gli altri risultano già tutti esistenti e previsti, uno di tali pretesi diritti fosse quello alla pensione di reversibilità (che aggrava gli oneri per la collettività), lo stesso dovrebbe essere consequenzialmente riconosciuto anche ai componenti le unioni tra persone dello stesso sesso che non siano omosessuali. Se, infatti, ciò che conta è l’affetto, il sostegno e la cura reciproca tra i membri della coppia, la limitazione del beneficio alle sole persone omosessuali, a parte le oggettive difficoltà di prova di tale loro condizione e orientamento (a meno che non si considerino a tal fine sufficienti tights e tube e cilindri gialli e baci celebrativi sulla bocca), sarebbe una evidente ed inammissibile discriminazione, per ragioni di orientamento sessuale, nei confronti di chi voglia unirsi civilmente a persona dello stesso sesso senza essere omosessuale. L’Europa non ce lo perdonerebbe. E vi sarebbe discriminazione anche nel caso in cui ad unirsi civilmente volessero essere tre o più persone, omo od etero. L’amore non conosce confini né limitazioni di numero, di orientamento sessuale, né, se vogliamo, di età. Aspettiamo, quindi, chiarimenti. A meno che i pretesi diritti non siano proprio e solo quelli introdotti dal DDL Cirinnà, e che sugli stessi non vi sia disponibilità, come pare, a fare sconti. In questo caso, infatti, sarebbe tutto molto chiaro. Come dimostra la gigantesca campagna di stampa e gli spot lacrimevoli in corso anche sulla tivù di Stato, quelle del mondo gay sono solo ed unicamente scoperte aspirazioni imitative del matrimonio e della famiglia naturale. Figli compresi. Con buona pace del Presidente della Repubblica e della Corte Costituzionale, e di buonisti e benpensanti. Una piazza visivamente straripante al Circo Massimo di Roma ha cercato, sabato scorso, di mostrare come la pensi, su questi temi, la stragrande maggioranza del popolo italiano. Ma per qualcuno si tratta solo di una questione di densità e di centimetri quadrati.

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