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Cronaca

Podrecca (Ugci): «Un sottile filo rosso tra Cedu e Cassazione»

L’intervento del presidente dei giuristi cattolici di Piacenza in merito alla decisione della Cassazione che dà la possibilità di modificare il sesso anagrafico anche senza il trattamento chirurgico

«Come è stato giustamente notato – scrive Livio Podrecca, presidente dei giuristi cattolici di Piacenza - tra la decisione della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo del 21.7 u.s. nel caso Oliari ed altri versus Italia (che dichiara la violazione di un diritto umano fondamentale per la mancata previsione e disciplina, in Italia, di un rapporto di coppia omosessuale) e quella, depositata il 20.7.2015. della I Sezione Civile della Corte di Cassazione (la n. 15138/2015) che dichiara che per la modifica del sesso anagrafico non occorre il previo trattamento chirurgico, c’è un filo rosso ed una continuità ideale che le unisce, il rilievo pubblico quale diritto fondamentale dei desideri individuali in tema di identità di genere.

Secondo la CEDU, il mancato riconoscimento, nel nostro ordinamento, di un rapporto di coppia tra persone dello stesso sesso, viola il diritto alla riservatezza della vita privata e famigliare sancito all’art. 8 della Convenzione Europea per i Diritti dell’Uomo. Il rispetto della vita privata e famigliare delle persone omosessuali, inoltre, secondo la giurisprudenza della CEDU, non si può limitare ad una tolleranza, ma implica azioni positive quali, p. es., il riconoscimento e la disciplina delle unioni civili o del matrimonio omosessuale.

Dal canto suo, la I Sezione Civile della Cassazione, premesso che i caratteri sessuali biologici sono primari (i genitali) o secondari (voce, caratteristiche anatomiche, atteggiamenti e comportamenti), e che vi è una esigenza pubblica alla certezza delle relazioni familiari o filiali, ritiene che la modificazione dei caratteri sessuali secondari sia sufficiente a consentire la variazione anagrafica di sesso, ancorché la irreversibilità di ulteriori modificazioni possa ritenersi solo tendenziale, purché ciò costituisca l’approdo di un percorso tendenzialmente irreversibile accertato con rigorosi strumenti tecnici in sede giudiziale.

In altre parole, secondo la CEDU (che, peraltro, come la Corte di Giustizia, in diritto di famiglia può solo auspicare ma nulla può imporre all’Italia) il rispetto della riservatezza della vita privata e familiare delle persone deve quindi portare, come conseguenza necessaria, al riconoscimento pubblico del loro modo di concepire la famiglia ed i rapporti che ne discendono. Se un domani, quindi, dovesse invalere nella società l’uso di costituire famiglie con relazioni affettive e sessuali, p. es., triangolari (un uomo, una donna, un transessuale), e magari plurime od incestuose (con un fratello, una sorella), l’ordinamento dovrebbe non solo astenersi dall’intervenire, ma addirittura riconoscere la legittimità di tali unioni, e regolarne gli aspetti giuridici.

Secondo la Cassazione, invece, la necessaria certezza dei rapporti familiari e di filiazione, che l’ordinamento richiede, è perfettamente compatibile con la modifica dei soli caratteri sessuali secondari, anche se della irreversibilità e definitività di tale modifica, peraltro, non vi sia (né vi possa essere) certezza assoluta. La certezza della appartenenza sessuale ad un genere od all’altro, quindi, secondo la Cassazione (che dimentica che il cervello rimane irreversibilmente sessuato: maschile o femminile) non urta con la possibilità che una donna (potenzialmente madre) sia dotata di genitali maschili, e possa quindi essere potenzialmente padre.

Ora, credo che ciascuno possa fare le sue valutazioni sulla conseguenzialità e logicità, e sullo spessore delle argomentazioni e delle conclusioni cui giungono organi apicali della amministrazione della giustizia europea e dei diritti dell’uomo ed italiana.

Come gli affetti, l’amicizia, l’educazione e, in genere, i sentimenti, anche l’orientamento sessuale e, in genere, ciò che avviene in interiore homine non può e non deve avere rilevanza per il diritto. Violare, come fanno (ormai abitualmente) la Cassazione e la CEDU, tale elementare principio comporta, oltre che un affronto alla ragione ed alla logica, anche la abdicazione del diritto alla sua fondamentale funzione di regolazione e di certezza dei rapporti giuridici e, ciò che è più grave, a situazioni grottesche e paradossali, quali quelle a cui stiamo assistendo, purtroppo, in questi giorni».

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