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Cronaca

«Non fu picchiato ma solo spostato. A lui facevano schifo le nostre divise»

Quinta udienza del processo che vede imputati due graduati della polizia penitenziaria per lesioni nei confronti di un marocchino detenuto alle Novate. I fatti risalgono al 2016. In aula sfilano i testi dell'accusa. La moglie di Rachid Assarag denunciò i presunti abusi ai carabinieri

Continuano a essere concordi le versioni delle guardie di polizia penitenziaria che stanno man mano riferendo, come testi dell’accusa - pm Monica Bubba - al giudice Camilla Milani quanto sanno e hanno visto il 16 maggio 2016 alle Novate nell’ambito del processo svolto in rito ordinario e che vede imputati per lesioni aggravate nei confronti dell’ex detenuto Rachid Assarag (parte civile con l’avvocato Bernardo Gentile) due graduati della polizia penitenziaria. Si tratta di Mauro Cardarelli e Giovanni Marro. I due (ex comandante del corpo e ispettore superiore) erano in aula e sono difesi, rispettivamente, dagli avvocati Fabio Maria Giarda (foro di Milano) e Vittorio Antonini (l’altro legale è Mauro Pontini). Il 13 settembre si è svolta la quinta udienza e come testimoni sono comparsi in aula gli agenti Giuseppe Santoro, Salvatore Rampulla e l’ispettore Sandro Guercio. Assarag si trova in Marocco in quanto espulso dall’Italia, tuttavia potrebbe ovviamente recarsi al processo ma ad oggi sia per il Covid, sia per “varie lentezze burocratiche” non si è presentato. Il processo è stato rinviato al prossimo anno.

UDIENZA DEL 13 SETTEMBRE - «Quella mattinaFabio Maria Giarda-2  - ha detto Santoro - ha chiesto di fare la doccia accompagnato solo da un altro detenuto che però non voleva. Gli abbiamo offerto il nostro aiuto ma ha detto che non ci voleva toccare perché la nostra divisa gli faceva schifo, ha rifiutato anche una stampella aggiuntiva. A quel punto ha messo uno sgabello sulla porta della cella per protesta. Ha urlato che lo stavano picchiando e ha incitato gli altri detenuti ad auto lesionarsi e a fare disordini nelle proprie celle. Poi sono stati chiesti rinforzi perché la situazione stava degenerando. Assarag è stato alzato e preso sotto le braccia, portato dentro, seduto sul letto e il blindo è stato chiuso. Non ho visto nessuno che l’ha picchiato: è stato portato all’interno e gli agenti sono subito usciti. Lo straniero comunque ha continuato ad urlare». Pochi secondi dopo i poliziotti sono intervenuti in un’altra cella perché un detenuto voleva ferirsi con alcune lamette – questo è emerso -, è stato disarmato e messo in sicurezza. Sono passati alcuni minuti e della cella del marocchino ha cominciato a fuoriuscire del fumo: «Verosimilmente aveva dato fuoco ad una maglietta. A quel punto è stata gettata dell’acqua all’interno della cella per spegnere immediatamente le fiamme. L’acqua era contenuta in un carrello con due secchi e un “mocio”: uno aveva acqua pulita, l’altro sporca, ques’ultimo è difficile da estrarre perché ha la copertura fissata, per spegnere rapidamente le fiamme presumo che sia stato usato quello con l’acqua pulita».  L’ispettore Guercio ha invece parlato dell’episodio del pomeriggio: «Ero in servizio all’ufficio matricole. Ho visto Assarag al suo arrivo e ho avuto il suo fascicolo. Quel pomeriggio sono stato chiamato perché il detenuto era aveva devastato lavittorio antonini avvocato 2021-2 cella e bisognava evacuarlo per portarlo in un’altra. Quando sono arrivato ho visto i colleghi con i dispositivi di protezione, a me hanno dato un casco. Il pavimento della cella e quello del corridoio erano allagati: aveva sradicato un termosifone, tra le le altre cose. Ho visto i colleghi entrare per poi uscire con lui tenuto sotto le braccia. Quando si verifica un evento critico e non si riesce a disinnescare può capitare che vengano chiamate persone più alte in grado che lo gestiscano anche se fuori servizio, specialmente con Assarag, detenuto difficile che sapevamo che strumentalizzava ogni cosa. Era necessario prenderlo e spostarlo, e così ho visto che è stato fatto».

LA VICENDA GIUDIZIARIA - Assarag nel maggio 2016 (alle Novate scontava una condanna per stupro) aveva denunciato di aver subìto violenza da parte del personale della casa circondariale piacentina. Partì l’inchiesta e il sostituto procuratore Emilio Pisante, indagò per lesioni aggravate tre agenti della penitenziaria intervenuti dopo l’ennesima protesta del detenuto che si era barricato in cella. Nel 2017 però Pisante chiese l’archiviazione per tutti e tre, ma l’avvocato Anselmo si oppose e il fascicolo finì al gip Luca Milani il quale rigettò due delle tre richieste del pm ordinando l’imputazione. Di lì quindi il processo.  

LE POSIZIONI - Due le posizioni che si contrappongono davanti al giudice Camilla Milani: la parte offesa che sostiene di essere stata picchiata e invece la difesa che nega le percosse e le violenze, in mezzo c’è il video delle telecamere di sorveglianza del reparto di isolamento e che riprendono però solo il corridoio. Nel processo si tratta di due episodi distinti avvenuti il 16 maggio 2016: una nella mattina, uno nel pomerigavvocato Bernardo Gentile assarag-2gio. La moglie dell'uomo, Emanuela D’Arcangeli, che lo aveva incontrato due giorni dopo il presunto pestaggio aveva raccontato una versione opposta quando presentò denuncia ai carabinieri. In aula disse: «Me l’hanno portato sulla sedia a rotelle scalzo, con i vestiti strappati e ricoperto da una polvere bianca, aveva un livido sotto un occhio, mi ha detto che gli avevano svuotato un estintore addosso. Il giorno in cui è stato picchiato voleva contattare il suo avvocato, glielo hanno negato e per attirare l’attenzione ha allagato la cella. Mi ha raccontato tutto e io una volta uscita sono andata dai carabinieri dove ho fatto la denuncia. Il giorno del colloquio mi fece vedere dei lividi, ha detto che lo avevano picchiato sia da prono sia da supino, trascinato fuori dalla cella per i capelli. Bagnato con un secchio d’acqua sporca, mi ha detto che gli hanno sputato addosso». I colleghi degli imputati, in servizio quel giorno, hanno dichiarato nelle scorse udienze che «Assarag era un detenuto problematico tanto che appunto era in isolamento per motivi disciplinari. Non teneva mai un comportamento rispettoso delle regole e delle persone che lavoravano in quella sezione. Ogni occasione era buona per creare disordine, aveva una pretesa in ogni situazione e poi fomentava altri detenuti, minacce, insulti erano all’ordine del giorno. Non è stato alzato un dito su Assarag, nessuno l’ha picchiato quel giorno».

RACHID ASSARAG - Assarag nel 2016 stava scontando una pena di 9 anni e 4 mesi per violenza sessuale nei confronti di due ragazze avvenuta nel 2008. E nel tempo aveva cambiato tredici carceri diverse. Sposato con una donna italiana (Emanuela D'Arcageli che ha testimoniato) aveva già denunciato alcuni poliziotti del carcere di Parma, dopo aver registrato alcune loro frasi, grprocesso assarag rachid-2azie a un registratore nascosto e poi consegnato alla moglie. L’inchiesta partita nel 2014 venne archiviata dal Tribunale di Parma nel 2016. Dopo Parma venne trasferito alla Novate e successivamente a Bollate per terminare infine la pena a Sassari. Prima girò altri penitenziari (13 in totale) dai quali veniva ciclicamente trasferito per motivi disciplinari. Fu arrestato anche nel giugno 2018 dopo un inseguimento con la polizia: a maggio era stato espulso e rimpatriato ma gli venne data l'autorizzazione a comparire in tribunale a Piacenza per un'udienza che lo vedeva coinvolto, non si presentò e venne scovato dalla polizia nel Comasco dove abita la moglie. Alla vista dei poliziotti ingaggiò con loro un inseguimento che finì con un incidente. All'altezza di Albavilla (statale Como-Lecco) la sua auto si era scontrata con una vettura di passaggio e si era ribaltata. Tentò di evitare l'arresto minacciando e colpendo di striscio gli agenti con un rasoio. Successivamente venne espulso definitivamente, commutando quindi la pena. Ad oggi è ancora in Marocco. 

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