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Cronaca

Processo Bazzoni: assolto per estorsione, condannato per millantato credito

Il commercialista Carlo Bazzoni è stato condannato a 4 anni e 6 mesi (più interdizione di 5 anni dai pubblici uffici) per il reato di millantato credito, mentre invece è stato assolto dal reato di estorsione. Si è concluso così il primo grado della vicenda giudiziaria del commercialista piacentino finito nei guai con la Guardia di Finanza alcuni anni fa

Il commercialista Carlo Bazzoni è stato condannato a 4 anni e 6 mesi (più interdizione di 5 anni dai pubblici uffici) per il reato di millantato credito, mentre invece è stato assolto dal reato di estorsione.  Si è concluso così il primo grado della vicenda giudiziaria del commercialista piacentino finito nei guai con la Guardia di Finanza alcuni anni fa. La sentenza è stata letta nel primo pomeriggio del 12 novembre. Il giudice ha anche stabilito che Bazzoni restituisca una somma di 15mila euro ai fratelli Ferrari.

LA DIFESA - Bazzoni va assolto perché è stato accusato da persone che si non dimostrate non credibili e che hanno mentito. I soldi che ha preso, magari anche innero, sono soltanto compensi per le sue prestazioni professionali di commercialista. E’ in sostanza, la tesi difensiva avanzata dagli avvocati difensori di Carlo Bazzoni, il commercialista per il quale il pm Antonio Colonna aveva chiesto la condanna a 8 anni di reclusione, accusandolo di estorsione millantato credito. Due imprenditori piacentini, i fratelli Andrea e Alfredo Ferrari, si erano costituiti parte civile – con gli avvocati Massimiliano Ielo ed Enzo Faraone, Foro di Catania - chiedendo un milione di risarcimento danni. Il pm aveva anche chiesto l’assoluzione di Bazzoni per un episodio di estorsione e di derubricare da estorsione a millantato credito un reato nei confronti del negozio di tintoria Vaportris. I fratelli Ferrari, che diedero al commercialista 28mila euro, avevano registrato alcuni colloqui nello studio di Bazzoni. Secondo la procura, il professionista avrebbe detto, dietro pagamento, di essere in grado di mitigare le sanzioni per illeciti fiscali grazie a sue conoscenze alle Entrate. L’inchiesta scattò nel 2009 e il commercialista venne anche arrestato.

MINACCE - Questa mattina, 12 novembre, è stata la volta delle arringhe dei difensori del commercialista, gli avvocati Paolo Fiori e Luigi Stortoni, del Foro di Bologna. Fiori è entrato nel merito di alcuni fatti, partendo dal caso di Alessandra Castruccio (Vaportris). «L’accusa ha detto che Bazzoni avrebbe detto che ci sarebbero state gravi conseguenze se non avesse pagato 12mila euro per consegnarli a due funzionarie delle entrate. Ma né Bazzoni né la sua cliente hanno mai pronunciato quelle parole». La donna riferì che il professionista le chiese solo ventimila con al fattura o 12mila in nero «ma come compenso, non perché era un mediatore con le funzionarie delle Entrate (poi condannate, ndr) che sarebbero intervenute per mitigare le sanzioni di eventuali illeciti fiscali». Né, ha sottolineato Fiori, la donna in aula ha mai parlato di minacce. Poi, il legale è passato all’episodio in cui un ufficiale della Finanza avrebbe consigliato alla donna di lasciare quello studio di commercialisti. Una frase registrata dalla figlia di Bazzoni nel colloquio. Secondo Fiori, sulla donna venne fatta pressione perché l’accusa non teneva. «E poi, perché fare pressione se avevano già tanti elementi»?

LE MENZOGNE - Dei fratelli Ferrari, invece, Fiori ha sottolineato l’inattendibilità dei due fratelli della Due A Group, i quli «in più occasioni hanno mentito». «Non hanno mai denunciato Bazzoni - ha affondato l’avvocato - e le prove dell’accusa contro Bazzoni sono soltanto le loro dichiarazioni e quelle dei loro amici. I fratelli non sono mai stati testimoni di pressioni o di richieste di denaro». Fiori poi inquadra nel mirino anche le due funzionari dell’Agenzia Entrate, che sono state pagate in gioielli dai fratelli, sostenendo che anche da loro non è stata detta la verità. Il risultato di questo comportamento, ha detto Fiori, è che i fratelli sono usciti impuniti «anche da un punto di vista fiscale. C’erano fatture false per importi rilevanti anche quando i due sono stati chiamati da carabinieri e Finanza». Ma non successe nulla «e gli investigatori ascoltarono le accuse dei Ferrari contro Bazzoni». I due fratelli, inoltre, hanno detto di non essere soci della Fms, ma per Fiori «erano amministratori di fatto e soci occulti. Che gestissero Fms lo aveva detto anche il legale rappresentante».

Bazzoni avrebbe paventato ripercussioni penali per i fratelli Ferrari. «Bazzoni – ha continuato Fiori – gliene ha parlato perché il rischio esisteva. I Ferrari temevano che venisse a galla che erano loro ad amministrare Fms». I consigli dati da Bazzoni ai Ferrari «erano coerenti e logici, per nulla estorsivi. Ha rappresentato ai due scenari verosimili. E anche a loro ha chiesto un compenso, magari in nero, ma era il pagamento della propria attività. Un pagamento in nero non è estorsione».

L’avvocato Stortoni ha ripreso il filo di Fiori partendo dalla registrazione in cui Bazzoni fa l’esempio della bilancia ai Ferrari: è una bilancia, su un piatto ci sono poche migliaia di euro da pagare, sull’altro centinaia di migliaia. Dopo aver affermato che il processo si basa «su prove inconcludenti e fumose», Stortoni ha soltanto «offerto la possibilità di un concordato. L’illecito sarebbe stato sanato in tre anni a 30mila euro l’anno, contro possibili sanzioni da 300mila. In questo non c’è alcune minaccia né lui ha mai detto che il denaro sarebbe andato alle due funzionarie delle Entrate. Bazzoni aveva solo trovato il modo per fare un concordato, altro che estorsione».

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