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Venerdì, 29 Marzo 2024
Caserma Levante

«Ha mentito, sapeva e ha assistito a fatti gravissimi senza far nulla»: chiesti otto anni e dieci mesi per Esposito

Lunga requisitoria dei pm Centini e Colonna nel processo che vede imputato l'unico carabinieri della Levante che ha scelto l'ordinario. Il 1 dicembre toccherà alla difesa. Il procuratore: «Le intercettazioni delle torture un pugno nello stomaco»

«Non è vero che Angelo Esposito era all'oscuro di quello che accadeva alla Caserma Levante, non poteva non sapere: ci sono intercettazioni e video che lo dimostrano, testimonianze. E lui invece ha mentito spudoratamente. L’imputato ha compiuto reati e ha assistito ad altri non opponendosi come invece deve fare un militare». In estrema sintesi questo sostengono con forza i pm Matteo Centini e Antonio Colonna che nella giornata del 14 novembre, al termine della requisitoria durata circa sei ore, con il procuratore Grazia Pradella, hanno chiesto 8 anni e dieci mesi di reclusione al collegio giudicante presieduto da Stefano Brusati (a latere Aldo Tiberti e Sonia Caravelli). L’appuntato scelto è l’unico carabiniere in forza alla Levante che ha scelto il rito ordinario (senza sconti di pena), gli altri suoi colleghi hanno preferito l’abbreviato (la sentenza di secondo grado è attesa per il 21 novembre). In aula l'avvocato Chiara Cristaudo in sostituzione dei colleghi Maria Paola Marro e Pier Paolo Rivello, l'imputato non era presente. E' accusato tortura, falso, omissione di atti di ufficio e sequestro di persona, spaccio.

«Ho cercato sempre di farmene una ragione e di chiedermi: perché tutto questo? Non ho risposte e non tocca alla procura darne di tipo sociologico, quello che so è che un’intera caserma, chi più chi meno, ha tradito profondamente il proprio compito istituzionale e profondamente i magistrati che ogni giorno si affidano all’Arma», ha detto il procuratore Grazia Pradella in aula. «In 36 anni di anzianità, per oltre trenta sono stata assistita nella mia sicurezza personale (e della mia famiglia) dai carabinieri, si immagini presidente, che dispiacere dispiacere profondo può costituire per un pm di lungo corso come me, pensare che accanto a degli angeli custodi l’Arma dei carabinieri abbia posto di fronte a dei traditori che di carabinieri hanno ben poco. Quando sono andata - ha dichiarato Pradella - in carcere ad interrogare Cappellano ed Esposito ho solo visto uomini che violavano la legge, non ho percepito nemmeno lontanamente un minimo di rigurgito di coscienza  di quello che era il loro compito, di quello che loro ogni giorno affidano alla nostra coscienza. I pm sulla base della loro parola e su quanto scrivono e comprovano chiedono una condanna».

«La lunga registrazione delle torture su El Sayed è stata  pugno nello stomaco, si sentono solo botte e lamenti: questo era il modo con cui questi carabinieri intendevano portare avanti la loro professione e a questo ha assistito Esposito, un carabiniere superiore in grado a Cappellano e Montella, a due picchiatori. Ha assistito a fatti così gravi che non solo colpiscono un normale cittadino o le istituzioni, ma indignano. Anche l’indignazione fa parte dell’essere pm, rientra nei parametri per commisurare la pena da richiedere. In questo caso gravissimi atti sono stati commessi da appartenenti all’Arma, da persone che con noi collaborano quotidianamente e ai quali noi crediamo sempre e comunque».

LA REQUISITORIA - I pm hanno ripercorso i tre episodi che vedono coinvolto Esposito, oltre agli altri colleghi: l'arresto di Israel Anianku, El Sayed Atef Elzakie e Zhigue Quichimbo (ampiamente trattati QUI). In tutti il fil rouge dell’accusa è costituito dalla costruzione delle operazioni (cotte e mangiate) compiute senza indagini né pattugliamenti etc ma grazie a informatori che diventano esche (da ricompensare) per i pusher da arrestare per fare numero, statistica e compiacere i superiori. Le formalità e le procedure – sostiene l’accusa - sono utilizzate a uso e consumo dai carabinieri per fare quello che vogliono e arrivare al risultato sperato, servendosi di informatori, mentendo ai magistrati, redigendo verbali falsi, picchiando e minacciando persone. Il tutto in spregio a qualsivoglia regola, anche morale. Un tarocco unico, è stato definito.

Per Colonna il briefing prima dell’arresto in via Colombo di Israel è essenziale perché «dà conto di come è la realtà operata alla Levante, nessuno si oppone e tutti sapevano». «La costante in quella caserma era la violenza: picchiare le persone per ammorbidirle, la brutta nomea peraltro era ben chiara alla stazione di Piacenza Principale, altro mondo rispetto a via Caccialupo» – spiega Colonna. «Israel  - ha detto - viene denunciato per resistenza quando invece è stato picchiato dai carabinieri in via Colombo. Lo dice Montella al figlio al telefono e alla compagna l’abbiamo massacrato e picchiato un po’ tutti. Ma Esposito mente così palesemente che è sconcertante: partecipa a tutto ma non sa nulla, lo straniero era pieno di sangue e lui ipotizza solo un labbro ferito, salvo poi dire al collega Angelo Minniti nell’assicurazione per l’incidente ci metto anche la mano rotta col negro in via Colombo cosi faccio il botto».

«Esce dalla caserma con i colleghi e Ghormy (l’informatore che fece fare l’arresto), in auto si parla della perquisizione fatta e tenuta nascosta al magistrato ma lui dice di non sapere e di non avere sentito: è impossibile», dice l’accusa. «L’ex comandante storico della Levante, teste della difesa, ha chiaramente detto, nella sua deposizione, - sostengono i pm - che è capitato che Esposito negli anni redigesse verbali, circostanza sempre negata dall’imputato così come la lettura degli stessi: Lettieri ha spiegato che venivano letti e poi firmati, Esposito invece l’ha negato. Leggere i verbali e gli atti è un dovere e non ci si può esimere perché anche chi firma in fiducia sbaglia e si assume la responsabilità penale». «Se lui – dice l’accusa – è davvero un militare esperto con tanti anni di servizio come può pensare che siano accettabili comportamenti simili?». Si è passati poi alla vicenda di El Sayed per la quale Esposito è accusato di tortura, insieme agli altri colleghi. Materialmente non ha picchiato la vittima ma «la semplice presenza al reato è sufficiente, perché non agendo si rafforza il comportamento di chi lo sta compiendo. I militari hanno l’obbligo di impedire l’evento al quale assistono, non farlo è penalmente perseguibile. Anche se fai nulla, hai il concorso morale. El Sayed è stato picchiato ripetutamente, Esposito gli ha anche portato una bottiglia d’acqua, è palese che sapesse e abbia visto ma non abbia agito, e stiamo parlando di un superiore rispetto a Montella e Cappellano».

PARTI CIVILI - L'avvocato Vittorio Antonini per El Sayed Atef Elzakie (richiesta di una provvisionale di 25 euro, il resto da quantificarsi in sede civile), Piero Santantonio per il Partito per la tutela e difesa dei diritti dei militari: «Auspichiamo una condanna severa che sia da monito per tutti coloro che nell' Arma ritengono di essere al di sopra della legge. Siamo pienamente consapevoli che il nostro compito non cesserà con questo processo, dovremo continuare a lottare per affermare i sani principi enunciati dal  nostro statuto e patrimonio di tanti lavoratori in divisa anche quando le istituzioni sembrano essere visibilmente assenti», ha chiesto un risarcimento di 100mila euro, Gian Andrea Ronchi per il sindacato Silca, Andrea Cecchieri per l’Arma dei carabinieri.

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