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Processo "I furbetti del cartellino"

«In palestra con l'auto del Comune ma prima staccava gli adesivi con gli stemmi»

Furbetti del cartellino. Seconda udienza del processo con rito ordinario che vede imputati sette dipendenti comunali  per svariati reati. In aula sfilano gli inquirenti di polizia locale e finanza che condussero le indagini coordinate dal sostituto procuratore Antonio Colonna

Per coloro che scelsero di patteggiare e il rito abbreviato la vicenda giudiziaria si è chiusa mentre è in pieno svolgimento quella dei sette dipendenti comunali infedeli che hanno preferito essere giudicati con il rito ordinario che non prevede nessun sconto di pena. Le posizioni sono differenti e le accuse sono a vario titolo falso, truffa alla pubblica amministrazione, peculato, violazione del Testo Unico sul pubblico impiego. Stiamo parlando dello scandalo che travolse l'Amministrazione Comunale nel giugno del 2017 (tutto era partito a fine 2016) e frutto delle indagini della guardia di finanza e polizia locale coordinati dal sostituto procuratore Antonio Colonna. Nella giornata dell’8 febbraio hanno sfilato davanti al collegio giudicante presieduto da Stefano Brusati (a latere Ivan Borasi e Aldo Tiberti) gli inquirenti (polizia locale e guardia di finanza) che hanno condotto le indagini in sinergia. Si sono succeduti gli assistenti scelti della polizia locale Manuela Argentieri, Giordano Argentieri, Simone Boccotti, per le Fiamme Gialle invece hanno parlato i marescialli Francesco Russo, Fabio Cimaroli e Vincenzo Santangelo. Palazzo Mercanti si costituì subito parte civile con l’avvocato Elena Vezzulli per il risarcimento dei danni anche d’immagine. La procura all'epoca chiese 40 ordinanze cautelari per 50 degli indagati. Utilizzando telecamere nascoste e pedinamenti giornalieri, gli investigatori avevano scoperto che decine di dipendenti comunali andavano in palestra oppure a bere il caffè prolungando la sosta al bar, fare la spesa durante l’orario di lavoro, svolgere commissioni personali. Timbravano (a volte anche per i colleghi) e uscivano arrivando anche ad usare, per spostarsi, i mezzi dell’Amministrazione, secondo l’accusa.

TESTI DELL’ACCUSA - Gli inquirenti hanno spiegato al collegio dei giudici le indagini, offrendo la ricostruzione dei numerosi pedinamenti e dei controlli delle timbrature nonché le verifiche incrociate tra gli orari di timbratura e stimbratura e gli spostamenti degli imputati in orario di lavoro. Hanno risposto anche alle domande, oltre che del pm, anche degli avvocati difensori i quali hanno chiesto svariate precisazioni. I testi hanno raccontato come una dipendente, seguita a piedi, «dopo aver timbrato il cartellino negli uffici Sueap in via Scalabrini andasse al mercato cittadino del mercoledì, un altro era uscito dagli uffici di via Manzoni per recarsi in una pizzeria lì vicino. Mettendo mano alle timbrature, gli orari nei quali uscivano per commissioni personali erano lavorativi. Sopra a tutti i dispositivi erano installate le telecamere che hanno immortalato come più volte alcuni dipendenti timbrassero il badge di altri colleghi, hanno dichiarato (tutto il materiale video e fotografico è nel fascicolo)». E ancora, «un altro è accusato di aver preso l’auto dell’amministrazione con apposti stemmi del comune e di averli tolti (perché magnetici) prima di andare in palestra, invece di stare sul posto di lavoro, salvo poi rimetterli una volta sulla via del ritorno in ufficio». «In un caso – hanno detto – in quattro su due vetture differenti sono andati a pranzo in una gastronomia e poi in un bar. Un altro dipendente invece è stato seguito mentre si recava nel reparto di Pneumologia per uscirne con una borsa e far ritorno al lavoro. In altre occasioni poi gli spostamenti erano verso bar, gastronomie, lavanderie, abitazioni private, tabaccherie, negozi, edicole, e ospedali per alcune visite». Il processo è stato aggiornato.

IMPUTATI - Gli imputati, che hanno posizioni diverse, sono Giancarlo Piccoli e Placido Di Bella difesi dall’avvocato Franco Livera. Sono due impiegati in pensione che non furono licenziati ma ebbero una sanzione disciplinare. Maria Carla Grilli (già ex vice comandante della Polizia Locale) difesa dall’avvocato Roberto Barbieri, fu licenziata, il giudice del Lavoro la reintegrò ma l’appello fatto ha confermato il primo provvedimento. Fece ricorso in Cassazione. Marco Grossi, tecnico caldaie, il suo licenziamento è stato confermato. E’ difeso dagli avvocati Luigi Salice e Romina Cattivelli.  Enrico Rebecchi, elettricista, fu licenziato e perse il ricorso. E’ difeso dall’avvocato Massimo Brigati. Stefano Bacchetta, difeso dall’avvocato Stefano Marchesi è un addetto alla manutenzione e all’impiantistica ed è l’unico ad essere ancora in servizio. Donatella Manini infine è difesa dall’avvocato Giuseppe Accordino. E’ stata licenziata e ha risarcito il danno che ha provocato.

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