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Cronaca

Processo Grimilde, battaglia tra difese e parti civili

Il giudice di Bologna si è riservato la decisione su quali ammettere. Il Comune di Piacenza nell’aula bunker, l’avvocato Vezzulli: «Danno di immagine, era presidente del Consiglio organo che rappresenta i cittadini». Detenuti collegati in videoconferenza

Si saprà fra due giorni se il giudice per le indagini preliminari di Bologna avrà accolto le numerose richieste di costituzione di parte civile all’interno del processo Grimilde relativo alle infiltrazioni della ‘ndrangheta in Emilia Romagna. Il 18 maggio, davanti al giudice Sandro Pecorella, si sono presentati gli avvocati di parte civile e quelli della difesa delle 83 persone coinvolte, a vario titolo, nell’operazione della Dda di Bologna che nel giugno del 2019 smantellò la cosca che faceva capo ai Grande Aracri. Tra gli arrestati eccellenti spiccano i nomi di Francesco Grande Aracri (fratello più anziano del boss cutrese Nicolino) e i figli Paolo e Salvatore. Nell’aula bunker, presenti il giudice, gli avvocati e, scortata, il pm della Dda, Beatrice Ronchi, che ha condotto l’indagine. Collegati dai vari penitenziari gli indagati, che sono tuttora detenuti, tra cui l’ex presidente del Consiglio comunale Giuseppe Caruso (da Voghera) e il fratello Albino (da Lanciano).

A chiedere la costituzione di parte civile ci sono, oltre al Comune di Piacenza (con l’avvocato Elena Vezzulli), anche quelli di Zola Predosa, Reggio Emilia, Brescello. Poi ci sono la Regione, la Cgil, con le camere del lavoro di Piacenza e Reggio, la Cisl, la Uil e Libera, con i suoi coordinamenti regionali. Ci sono, infine, tre imprenditori del Reggiano. Non erano presenti, invece, l’Avvocatura dello Stato (che si era presentata il 13 maggio soltanto per i beni che sono oggetto di confisca e che si costituirà in dibattimento) in una eventuale costituzione dell’Agenzia delle Dogane, dove lavorava Caruso; e Fratelli d’Italia, dove militava Caruso. In una nota del giorno dell’arresto, la leader Giorgia Meloni, dopo averlo immediatamente espulso disse di essere pronta a costituirsi parte civile. I difensori hanno sollevato numerose eccezioni, tra cui quella della competenza territoriale, chiedendo di non ammettere le parti civili perché non ce ne sarebbero i presupposti. Per Piacenza, Vezzulli ha sottolineato come ci sia stato un danno di immagine per la città, perché Caruso era presidente dell’assemblea, organo che rappresenta tutti i cittadini.

Gli arrestati devono rispondere di associazione a delinquere di stampo mafioso. I fratelli Caruso sono accusati anche di truffa aggravata ed estorsione (e Giuseppe ha l’ipotesi di corruzione). Dal carcere di Voghera, dove si trova in regime di 41 bis (il carcere duro), Caruso, difeso dall’avvocato Anna Rosa Oddone, di Torino, ha più volte lamentato le condizioni precarie di salute in cui versa, ma due richieste di arresti domiciliari sono state respinte dal gip di Bologna. Resta in carcere a Lanciano (Pescara) anche il fratello Albino, che non è al 41 bis, assistito dall’avvocato Marina Vaccaro del capoluogo abruzzese.

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