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Cronaca

«Colpito diciannove volte in tre minuti mentre chiedeva pietà»

Caso Levante. Altra udienza del processo celebrato con rito ordinario e che vede imputato Angelo Esposito. Ripercorsi due arresti. La difesa: «Il nostro assistito deve rispondere di reati per i quali non è stato intercettato né collocato fisicamente e per questo è in carcere da nove mesi»

Caso Levante. Altra udienza del processo celebrato con rito ordinario e che vede imputato Angelo Esposito, l’unico carabiniere in forza alla Caserma di via Caccialupo arrestato insieme ad altri colleghi che ha scelto il dibattimento (nessun sconto di pena). Gli altri hanno scelto il rito abbreviato (sconto di un terzo della pena). Il militare, in carcere dal giorno dell’arresto, era in aula ed è difeso da Maria Paola Marro e Pierpaolo Rivello il 13 maggio sostituito dai legali Domenico Cozzupoli e Chiara Cristaudo. Ha tredici capi di imputazione per sette episodi, tra i quali tortura, spaccio, falso, omessa segnalazione, sequestro di persona. Davanti al collegio presieduto dal giudice Stefano Brusati (a latere Sonia Caravelli e Aldo Tiberti) hanno parlato come testi dell’accusa (i titolari delle indagini, i pm Antonio Colonna e Matteo Centini) tre militari della Guardia di Finanza che insieme ai colleghi hanno condotto le indagini che hanno portato all’operazione Odysséus, Michele Antonetti, Rocco Vallone e Alessandro Falcone.

L’UDIENZA - Si sono ripercorsi gli arresti di Elsayed (8 aprile 2020) e Quichimbo (2 maggio 2020), e successivamente il modo con cui veniva repertata la droga sequestrata e le segnalazioni degli assuntori alla prefettura dal 2017 al 2020 nonché alcune conversazioni WhatsApp tra i carabinieri arrestati e non. Circa le mancate segnalazioni alla prefettura della caserma Levante è emerso che dal 2017 al 2020 ne mancano all’appello 26. Sono state anche registrate anomalie nel repertamento della droga sequestrata nelle varie occasioni. Ad occupare la quasi totalità dell’udienza, durata all’incirca quattro ore, l’arresto di Elsayed. Per quest’ultimo Esposito risponde di falso, sequestro di persona e tortura, per Quichimbo di falso e spaccio. Dei medesimi reati sono accusati anche Giacomo Falanga, Salvatore Cappellano e Giuseppe Montella.

Gli avvocati di Esposito: Domenico Cozzupoli, Maria Paola Marro e Chiara Cristaudo-2ELSAYED - L’informatore che stava alla base dell’arresto di Elsayed era El Ouafi Ayoub, costui aveva chiamato Montella dicendo che in via Pennazzi abitava un pusher che era in possesso di un chilo di droga. Nelle fasi che precedono l’arresto i carabinieri (Giacomo Falanga, Salvatore Cappellano, Giuseppe Montella, Angelo Esposito) però avevano fermato e perquisito uno straniero che usciva dallo stabile che tenevano d’occhio e che avevano scambiato per un cliente. L’uomo addosso però non aveva nulla e perché ritenuto non collaborativo era stato malmenato e privato dei suoi effetti personali, ossia cellulare e portafoglio. Oggetti che andrà a reclamare in caserma successivamente.  Di ciò negli atti trasmessi alla procura non c’è traccia. Poco dopo i militari avevano individuato El Sayed in via Pennazzi, lo avevano seguito e bloccato a Piazzale Roma e portato in caserma.  Negli atti trasmessi invece si racconta di aver assistito ad uno scambio di droga tra l’uomo e un cliente che era riuscito a scappare. Alla Levante  - secondo l’accusa - fu minacciato e picchiato perché non indicava con esattezza la casa e Montella si legge nelle intercettazioni gli dice: « Noi dobbiamo entrare là, punto, stop. Quindi, due sono le cose: adesso vieni con me e ti fai aprire, come fai casini...ti riempiamo di legnate a te e a tuo zio, scegli tu! O le cose senza casino o prendi legnate tu e tuo zio, capito? Chiaro? Siamo stati chiari? Comando io... prendi mazzate, ma ne prendi tante. E’ meglio per te, andiamo!». Elsayed, emergerà, non comprendeva l’italiano né lo parlava ed era ospite da uno zio in una casa che condivideva con altri stranieri. Nella caserma avevano tentato di tutto – si legge negli atti dell’indagine – per fargli dire dove fosse esattamente la casa dove doveva esserci, secondo Ayoub, il chilo di droga.

«Elsayed fu picchiato da Salvatore Cappellano con numerosi colpi, 19 in tre minuti in un episodio. L’uomo - ha spiegato il finanziere che ha ripercorso le intercettazioni ambientali e telefoniche - ha implorato pietà e pianto più volte. E’ stato poi malmenato una seconda volta al ritorno in caserma dopo la perquisizione dell’appartamento che finalmente aveva indicato dopo essere stato portato lì in manette. In quella casa c’erano altre persone (alle quali non è stato rilasciato nessun verbale come nessuna traccia di ciò è negli atti). I carabinieri avevano trovato 24 grammi di hascisc». «Mentre Cappellano – ha proseguito il miliguardia di finanza ok 2017 procura-2tare – continuava a picchiarlo, Montella e Falanga pesavano la droga con l’intento di frazionarla in dosi e aggravare la posizione dell’arrestato. Il comandante Marco Orlando si fa spiegare da Montella cosa era successo per comunicarlo al pm di turno ma gli viene raccontato il falso. Dopo la telefonata al magistrato, durante la quale viene anche detto che il fermato sapeva l’italiano, Montella spiega ad Elsayed che, se voleva andare a casa, avrebbe dovuto firmare come “spontanee dichiarazioni” di aver ceduto ad uomo droga per 10 euro e che la droga ritrovata era la sua. El Sayed, alla fine firma una dichiarazione falsa ed estorta. In conclusione Montella poi si rivolge ai colleghi con un “ragazzi” per confrontarsi per verbalizzare».

LA DIFESA - Alla domanda della difesa se la voce del loro assistito si fosse sentita durante le fasi descritte, il finanziere ha risposto che «non si era mai sentito parlare né veniva collocato esattamente nella stessa stanza dove sono avvenuti i due pestaggi». La presenza di Esposito in quel pomeriggio si evince dalle telecamere installate davanti alla caserma e che riprendono i militari tutte le volte che entrano ed escono dallo stabile con o senza Elsayed e dalle intercettazioni avvenute in auto durante i vari spostamenti da e per via Pennazzi.

QUICHIMBO – Alla base dell’arresto invece c’è un altro confidente di Montella, Ghormy El Mehedi che in questo caso ha coinvolto un sudamericano che viene usato, senza saperlo, come esca per arrestare quello che era il vero obiettivo, Zhigue Quichimbo. Il sudamericano compra nei pressi dell’Esselunga cinque grammi di marijuana, i carabinieri (Giuseppe Montella, Angelo Esposito, Daniele Spagnolo e Salvatore Cappellano) sono in auto e guardano lo scambio. Poi fermano l’acquirente-esca e lo portano in caserma: non sarà segnalato come assuntore. Secondo l’accusa il pusher era stato fatto allontanare apposta con l’intento di poterlo poi bloccare sotto casa nei pressi di via Dante. Ghormy lo chiama e finge di voler comprare qualche grammo di “erba” e gli dà appuntamento proprio sotto casa d’accordo con Montella. Lì sarà fermato dai tre militari, viene perquisito e addosso ha 2.8 grammi di marijuana, successivamente i carabinieri salgono in casa per perquisirla ma non trovano nulla. Una volta in caserma Montella – si legge – racconta ad Orlando il fatto e poi chiama il pm di turno raccontando il falso, secondo l’accusa.

LA DIFESA - La difesa di Esposito ha chiesto se il carabiniere si potesse collocare nella casa dell’uomo che sarà arrestato durante la perquisizione e la risposta è negativa: «Nelle intercettazioni telematiche in quel momento non si sente la voce di Esposito, verosimilmente poteva essere rimasto in strada e non essere salito». «L’accusa – spiega uno degli avvocati del carabiniere, Marro - ha ripercorso anche episodi non contestati al mio assistito perché effettuati nel periodo in cui era in convalescenza dopo un incidente stradale avvenuto mentre era in servizio, ma ritenuti necessari per spiegare le modalità operative della caserma. In un processo dove vi è un imputato in carcere da 9 mesi per non essere né stato intercettato né collocato ci si aspetta di parlare del proprio assistito e delle sue condotte e non certo delle operazioni svolte da Montella, Cappellano e Falanga».

Presenti in aula gli avvocati delle parti civili: Gian Andrea Ronchi per il sindacato Silca, Piero Santantonio per il Pdm (partito per i diritti dei militari), Paolo Campana per Elsayed Atef Elzakie e per Israel Anyanwu perché rappresentava il legale assente Listi Maman (foro di Palermo), Andrea Cecchieri per l’Arma dei carabinieri.

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