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Cronaca

Levante, parola alle difese: «Spagnolo è innocente» e «Orlando scippato del ruolo di comandante»

Processo Levante con rito abbreviato per cinque carabinieri. Altra udienza fiume durata dalle 10 alle 18: la parola è passata alle difese. Nella giornata del 10 maggio hanno parlato gli avvocati di Daniele Spagnolo e Marco Orlando

Processo Levante con rito abbreviato. Dopo la scorsa udienza durante la quale i pm hanno chiesto le pene e le parti civili avanzato le varie richieste di risarcimento, nella giornata del 10 maggio la parola è toccata alle difese di due dei cinque carabinieri della Caserma Levante arrestati il 22 luglio 2020 al termine dell'inchiesta Odysseùs. Il processo si svolge a porte chiuse come prevede il tipo di rito che dà diritto ad uno sconto di un terzo della pena, a Piacenza Expo davanti al gup Fiammetta Modica. In aula il pm Antonio Colonna (le indagini sono state condotte anche dal pm Matteo Centini), tutti gli imputati con gli avvocati e le parti civili. Nelle prossime udienze toccherà agli altri avvocati pronunciare la loro arringa. Nell’udienza che è cominciata alle 10 per terminare dopo le 18 hanno parlato gli avvocati di Daniele Spagnolo e Marco Orlando. Per il primo Francesca Beoni e Aldo Truncè, per il secondo Antonio Nicoli. Entrambi i militari sono agli arresti domiciliari mentre gli altri imputati nel medesimo procedimento (Giuseppe Montella, Giacomo Falanga e Salvatore Cappellano sono in carcere). L'unico militare che ha scelto il dibattimento è Angelo Esposito. 

CAPI DI IMPUTAZIONE - Il maresciallo Marco Orlando deve rispondere di abuso ufficio per mancata segnalazione di un assuntore di droga alla Prefettura, falso e di un episodio di spaccio (arresto di Israel) per un totale di sette capi di imputazione. Il carabiniere Daniele Spagnolo invece è accusato di peculato, falso ideologico, omessa segnalazione di un assuntore di droga alla Prefettura, abuso d’ufficio, tortura (i suoi legali denunciarono per calunnia Paolo Silvestris) e infine truffa militare per cui però è stato assolto: quel giorno non era in servizio, per un totale di 22 capi di imputazione.

truncè beoni avvocati spagnolo levante-2LA DIFESA DI DANIELE SPAGNOLO - «Daniele non ha fatto nulla. È considerato l’ingenuo, il “ragazzo dell’acqua”, l’ultima ruota del carro. Così dicono i pm e così diciamo noi.  Il giudice deve soppesare le posizioni e rivedere la rubrica di incolpazione perché Daniele può uscire da questo calvario. Il calvario dice di averlo subito Silvetris, ma l’ha subìto Spagnolo». A dirlo gli avvocati del giovane carabiniere, Aldo Truncè e Francesca Beoni. «Spagnolo era fuori dal “cerchio magico” composto da Montella, Falanga e Cappellano, un gruppo collaudato e avallato - hanno proseguito i legali -. «Il grande assente di questo processo è il maggiore Stefano Bezzeccheri: tutti sapevano degli arresti fatti solo grazie agli informatori senza attività tecnica. Tutte le volte che ha provato ad opporsi  anche per piccoli fatti che esulano dalle indagini ha subìto ritorsioni. Veniva avvisato sempre all’ultimo momento e non ha mai partecipato a nessuna pianificazione o “confezionamento” degli arresti: non sapeva», hanno dichiarato. E ancora: «Per molti capi di cui è accusato non poteva opporsi per obbligo di obbedienza secondo l’ordinamento militare. Poteva opporsi solo se l’ordine ricevuto era un reato manifesto ma non sapendo non aveva questa possibilità». Alla domanda se Spagnolo ha visto picchiare qualcuno in caserma, gli avvocati hanno risposto: «Non ha mai assistito a questi fatti, solo una volta ha detto di aver visto dare uno schiaffo in caserma e ha dichiarato di essere intervenuto a modo suo portando via la persona, offrendole un caffè. In quest’ottica quindi se c’è un reato lo si riqualifichi in percosse non certo si tratta di lesioni». «Noi abbiamo ricostruito i fatti mettendo in evidenza la condotta del nostro assistito mettendo in dubbio tutte le ipotesi accusatorie: la qualificazione giuridica dei reati contestati è totalmente errata». E circa l’accusa di tortura nei confronti di Paolo Silvestris: «Non ha partecipato e tutti hanno sempre negato che l’uomo sia stato denudato nel cortile interno della Levante: lì affacciano sia la caserma dei forestali sia alcune abitazioni. Per questo lo abbiamo querelato per calunnia».

Antonio Niccoli avvocato marco orlando levante-2LA DIFESA DI MARCO ORLANDO – «Il mio assistito è stato scippato del ruolo di comandante. Gli è stato imposto il modus operandi proprio di Montella e del comando di Compagnia: il maresciallo è infatti stato destituito di ogni possibilità, delegittimato e soprattutto tenuto all’oscuro. Era infatti detestato,  - ha detto l’avvocato del maresciallo Orlando, Antonio Nicoli -, non volevano che sapesse, che partecipasse: le intercettazioni lo dimostrano. Una su tutte, Montella in un caso avrebbe dovuto avvisare il maresciallo una volta rientrati in caserma cosicché anche lui a sua volta raggiungesse la Levante (era fuori per un servizio di controllo del territorio) per visionare alcuni atti e invece non lo fa e dice a Cappellano: «L’ho avvisato secondo te? Là fuori deve morire, al freddo!». Montella – si legge nell’ordinanza – temeva che il suo comandante si fosse accorto di qualcosa di cui probabilmente non era a conoscenza ed era per questo che voleva essere avvisato.  «Ho richiamato in modo preciso e articolato tutte le circostanze fattuali che ci sono state contestate analizzando tutti i capi relativi agli abusi e ai falsi per dimostrare l’errore fatto», ha proseguito l’avvocato. «In aula sono stati ascoltati gli audio delle intercettazioni relative agli episodi del 26 e 27 marzo e dell’8 aprile: riascoltandole si capisce l’errore in cui si può cadere se ci si limita a leggerle. Quando si legge una trascrizione  - ha proseguito – non c’è soluzione di continuità quindi si percepisce un “continuum” spazio temporale che falsa la realtà delle cose quando invece i fatti sono divisi e segmentati. In aiuto e a dimostrazione di questa tesi ci sono tutti i rumori ambientali, le voci, il rumore dei passi e anche della chiusura o apertura di una porta che definiscono i confini chiariti anche dal minutaggio. E’ ovvio che erroneamente si può avere l’impressione che quella persona ha partecipato ma non è così: noi vogliamo dimostrare che Orlando non c’era fisicamente quando, per esempio, Montella faceva i briefing per gli arresti. Volevano tenerlo fuori perché così potevano agire senza avere ripercussioni».

RICHIESTE DI PENA -  Per l'appuntato Salvatore Cappellano sono stati chiesti 14 anni, cinque mesi e dieci giorni di reclusione; per l'appuntato Giacomo Falanga 13 anni; per il carabiniere Daniele Spagnolo 7 anni e 8 mesi; per il maresciallo Marco Orlando 5 anni e 16 anni, un mese e dieci gionri per Giuseppe Montella.

PARTI CIVILI - Le richieste delle parti civili vanno da un minimo di 4mila euro e un massimo di 300mila euro per un totale di circa 900mila euro. Sono dodici in tutto tra sindacati e persone: PDM, NSC, SILCA, l’avvocatura dello Stato, Osvaldo Padron Lopez, Lyamani Hamza, Seniguer Megid, Ghormy El Mehedi, Paolo Silvestris, Luca Montone, Andrea Bonetti, Elsayed Atef Elazhari.

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