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Cronaca

«Falanga merita le attenuanti: fu uno dei primi ad ammettere le proprie responsabilità»

Processo Levante. Hanno terminato la propria arringa nella giornata del 7 giugno anche gli avvocati dell'appuntato scelto Giacomo Falanga, Daniele Mancini e Paolo Molaschi

Hanno terminato la propria arringa nella giornata del 7 giugno anche gli avvocati dell'appuntato scelto Giacomo Falanga, imputato con i colleghi Giuseppe Montella, Marco Orlando, Daniele Spagnolo, Salvatore Cappellano nel processo con rito abbreviato che vede i militari della stazione di Piacenza Levante accusati di svariati e gravi reati.  I due legali del foro di Lodi, Daniele Mancini e Paolo Molaschi nell'udienza del 24 maggio avevano parlato nove ore: «Questo è un processo complesso in cui la massima importanza è tenere distinte le condotte, anche se è difficile con migliaia di intercettazioni telematiche e quindici faldoni di atti, per questo la nostra preoccupazione è quella di non fare di tutta l’erba un fascio. Per noi le frasi "tutti sapevano tutto" e "non potevano non sapere" non vanno bene: dobbiamo sapere chi sono questi tutti e cosa sapessero effettivamente perché altrimenti non si fa giustizia: la legge è uguale per tutti, ma la pena no».

«Il 7 giugno abbiamo evidenziato come la lotta al micro spaccio non è da sottovalutare né da sminuire né marginale in quanto importantissima. Non veniva svolta per evitare lavori pesanti d’ufficio ma perché i vertici stessi la consideravano fondamentale e spronavano i militari perché compissero questi arresti perché proprio dal territorio veniva questa esigenza. Alla gente comune non interessa tanto se si arresta Pablo Escobar quanto se sotto casa non ha pusher che vendono droga magari ai propri figli». «Abbiamo ribadito – hanno detto – il ruolo assolutamente marginale del nostro assistito e ed evidenziato al gup Fiammetta Modica che quando si insegue uno spacciatore o qualcuno che può aver compiuto un reato l’adrenalina è al massimo. Cercare di fermarlo col rischio di prendersi una coltellata magari, ecco, non è cosa da tutti i giorni e specialmente non è per tutti. L’uso di alcune modalità serve per fermare una persona che potrebbe reagire, scappare e occorre porre in essere condotte per evitare anche di essere aggrediti».  «Abbiamo posto l’accento  - hanno proseguito - anche sulla poca attendibilità di alcuni pusher che hanno deposto e sono sia imputati (hanno patteggiato) sia parti civili».

«Nessuno ha mai dichiarato di essere stato minacciato o picchiato da Giacomo Falanga. Nell’ipotesi che possa essere ritenuto colpevole sia valutato in maniera molto più mite rispetto a chi materialmente ha commesso i reati. L’obiettivo – hanno detto -  è quello non solo di ottenere giustizia dal punto di vista dell’assoluzione, ma anche quello che abbia una pena giusta ed equa qualora sia condannato, ossia che pagasse in proporzione a quello che ha fatto. Abbiamo contestato tutti i capi d’imputazione uno per uno e dentro ciascuno abbiamo evidenziato quelle che possono essere anche le condotte non materiali. Falanga in quasi tutti i reati non è accusato di aver commesso il fatto ma di essere correo, ossia di aver moralmente appoggiato chi li commetteva. Vogliamo dimostrare che cosi non è. Falanga non ha né fatto sorgere né rafforzato il proposito di coloro che hanno commesso le condotte materiali contestate dall’accusa».

Circa le lesioni contestate, Mancini ha detto: «Non ci sono riscontri oggettivi, posto che le riteniamo percosse pertanto comunque non procedibili in mancanza di querele e anche se si trattasse di lesioni sarebbero lievissime: non c’è nessun referto». Sull’intensità del dolo: «manca un dolo diretto, tutt’al più è eventuale e minimo. In lui non ci sono intenti criminali al di fuori dell’esercizio delle funzioni per cui le motivazioni per le quali uno delinque, gli obiettivi che ha, sono sostanzialmente finalizzati, anche in modo sbagliato ed eccessivo, ad arrestare spacciatori. Abbiamo messo in luce una condotta di vita assolutamente normale e la mancanza di una vita cameratesca con gli altri. Non ha mai tratto nessun vantaggio né in termini di carriera o prestigio né tantomeno economico».

Sulla negazione delle attenuanti (quelle prevalenti sono state concesse a Montella, quelle equivalenti a Cappellano e Spagnolo, nessuna invece per Orlando) dice Mancini: «Così sembra che Orlando e Falanga siano i peggiori del gruppo. Abbiamo analizzato le motivazioni della procura circa questa decisione e abbiamo ribadito come il 25 luglio 2020 durante l’interrogatorio di garanzia Falanga ha subito ammesso le proprie responsabilità e ha contribuito a fare chiarezza, dicendo cose anche contro se stesso». «Ha fatto emergere elementi - ha proseguito - che altri hanno invece negato. Ad ottobre poi abbiamo scelto di non rispondere al pm ma abbiamo preferito aspettare e farci interrogare e dare la possibilità a tutti in aula di porre domande. Riteniamo non negativo ma anzi positivo questo comportamento: lo crediamo un merito, forse invece il pm l’ha valutato diversamente». E ancora: «Le attenuanti a Montella a nostro avviso non sono giustificabili. L’accusa ha detto che il militare ha ammesso tutto ma così non è. Ha ammesso la sua attività di spaccio “privata” ma le altre le ha negate, come nel suo pieno diritto. Allora cosa ha fatto di peggiore Falanga rispetto a lui per non averle? Chiederemo i domiciliari, i tempi ora sono maturi». E infine: «Abbiamo sollevato anche alcune perplessità circa alcune persone che non sono indagate (da quanto sappiamo) che potrebbero aver compiuto reati ma sono stati considerati testi “puri” quando invece la credibilità e l’attendibilità potrebbero avere un peso differente se autori di reati».

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