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Cronaca

Ragazze nigeriane ridotte schiave, il pm chiede 12 anni per cinque persone

Processo contro la tratta di giovani. Coinvolto anche un piacentino, ma i suoi difensori: «E' innocente, va assolto». Indagini della Distrettuale antimafia

Riduzione in schiavitù e sfruttamento della prostituzione. Per questi due reati, sono state chieste pene pesanti per cinque imputati: dodici anni di reclusione ciascuno. La richiesta è stata avanzata questa mattina, 17 dicembre, dal pm della Direzione distrettuale antimafia di Bologna (Dda) Luigi Orsi. Tra i cinque c’è anche un piacentino, proprietario di una casa, a San Nicolò, affittata alle donne africane. La difesa dell’uomo (con gli avvocati Lorenza Dordoni e Paolo Veneziani) ne ha chiesto l’assoluzione, perché l’uomo non avrebbe fatto parte della potente organizzazione legata alla mafia nigeriana e non sarebbe mai stato indicato come responsabile dalla giovane ragazza che con le sue dichiarazioni ha permesso di smantellare la rete di sfruttamento. E l’assoluzione è stata chiesta anche dai difensori dei quattro nigeriani accusati di aver trattato la nigeriana come una schiava e di averle minacciato la famiglia.

E’ un processo importante quello che si è svolto davanti alla Corte d’assise (presidente Italo Ghitti, a latere Adele Savastano oltre ai giudici popolari) a Piacenza. E’ uno dei rari casi in cui la potente mafia nigeriana, così l’ha definita Orsi, finisce alla sbarra grazie al coraggio di una delle vittime che, sapendo dei rischi che poteva correre anche la famiglia, ha deciso di dire basta.

La giovane è stata salvata dalla polizia, dopo essere finita a Piacenza. Gli investigatori della Squadra mobile sono riusciti a ricostruire il calvario percorso dalla ragazza (oggi in una struttura protetta) a partire dal viaggio dalla Nigeria, attraverso Sudan, Niger e “centro di stoccaggio in Libia. E poi in Italia, ha ricostruito il pm, la trafila che l’ha resa schiava: “Non più le catene di fine ‘800, ma le minacce, il renderla nelle loro mani perché clandestina, lo sfruttamento sessuale per restituire il debito del viaggio – affrontato con al promessa di un lavoro regolare - e le possibili ritorsioni sulla famiglia. E ancora le violenze, come la bastonata al capo che la fece cadere a terra procurandosi uno sfregio al volto. Metodi tipici delle organizzazioni mafiose, come mafia o ‘ndrangheta. E come queste, anche i nigeriani sono penetrati nelle istituzioni del loro Paese, godendo di complicità”.

L'inchiesta prese le mosse da una vicenda avvenuta, nel 2010, a Crema, dove la ragazza maltrattata in strada venne ripresa dalle telecamere. La polizia avviò l’indagine che approdò poi a Piacenza. Qui la Mobile scavò a fondo, portando alla luce il complesso giro criminale in cui era precipitata la ragazza. Un girone infernale che comprendeva violenze, riti voodoo, minacce ai famigliari. La polizia scoprì anche che il giro di donne - “la tratta di schiave” ha detto il pubblico ministero - era ramificato a livello europeo. La sentenza è prevista per il 28 dicembre.

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