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Cronaca Via Degani

«Giorgio era un un uomo buono. Quella sera ho capito subito che gli era successo qualcosa»

Seconda udienza del processo in corte d’Assise per l’assassinio di Giorgio Gambarelli avvenuto nel 2013. Imputato irreperibile e latitante è Alì Fatnassi. In aula hanno sfilato 12 testi tra i quali gli inquirenti, la sorella e alcuni vicini di casa

«Mio fratello era una persona buona e generosa. Quando quella sera non l’ho sentito ho capito subito che era successo qualcosa: me l’avevano ucciso». A dirlo Luisella Gambarelli nella giornata dell’8 novembre durante la seconda udienza del processo in corte d’Assise per l’assassinio del fratello Giorgio, ammazzato il 27 luglio 2013 nella sua abitazione di via Degani. Imputato irreperibile da allora è il 32enne tunisino Alì Fatnassi difeso dall’avvocato Emilio Dadomo. E’ accusato di omicidio volontario aggravato dalla premeditazione.  E’ verosimile che Fatnassi si trovi in Tunisia, Paese che però non prevede l’estradizione in Italia. In tutti questi anni si è sperato, invano, che rimettesse piede in un paese UE per poterlo arrestare. In aula, davanti al giudice Gianandrea Bussi (a latere Sonia Caravelli e i giudici popolari) hanno sfilato dodici testi dell’accusa (pm Ornella Chicca): la sorella, i vicini di casa, alcuni vigili del fuoco e gli investigatori del Nucleo Investigativo dei carabinieri che hanno svolto le indagini. La sorella, il fratello e un nipote della vittima si sono costituiti parte civile con l’avvocato Matteo Dameli. Il processo, dopo otto anni, si è aperto il 18 ottobre scorso.

I TESTI – «Io e Giorgio ci sentivamo al telefono tutte le sere alle 19. Il 27 luglio del 2013 non ha risposto al telefono e ho capito immediatamente che c’era qualcosa che non andava. Mi sono precipitata a casa sua, l’auto era in garage e la porta chiusa e ho chiamato subito i carabinieri e i vigili del fuoco. Abitava solo e spesso cenavamo fuori insieme», ha raccontato la sorella Luisella. Nell’ultimo periodo lo vedevo turbato diceva che aveva prestato circa 4mila euro a un uomo stranavvocato matteo dameli 2021-2iero e che avrebbe voluto – ha proseguito – che io intercedessi con questa persona affinché glieli restituisse. Una sera, a casa di Giorgio l’ho incontrato e lui si era impegnato a restituire la cifra, a riprova c’era un foglietto che poi ho consegnato ai carabinieri. Ricordo anche che quando sono stata ricoverata a Parma era venuto a trovarmi in compagnia di un nordafricano che forse potrebbe rispondere al nome di Alì. Altro, tuttavia mio fratello non mi ha detto».  

«Giorgio era il mio vicino di pianerettolo - ha spiegato un’87enne -. Era una persona delicata, socievole, a modo. Non eravamo amici ma se avevo bisogno chiedevo aiuto e lui era sempre disponibile. Quella notte non ho sentito alcun rumore strano, spesso tuttavia diversi stranieri suonavano al mio citofono chiedendo di lui». «Il mio appartamento  - ha spiegato un'altra donna - era sopra il suo. Diverse volte l’ho sentito urlare al telefono al suo interlocutore: devi restituirmi i soldi, quando me li restituisci?». «Quella sera – ha proseguito -, Luisella ha suonato alla mia porta e disperata ha detto me l’hanno ucciso, me l’hanno ucciso. Il giorno dopo ricordo che uomo straniero al mio citofono ha chiesto di lui, ho risposto che Giorgio era stato ammazzato e, dal balcone, l’ho visto fuggire di corsa».

«Ricordo – ha aggiunto – che Giorgio nell’ultimo periodo mi aveva detto se suonano e mi cercano dì loro che non sonoornella chicca-3 in casa: ed effettivamente in molti chiedevano di lui. A volte dimenticavo la raccomandazione e aprivo il portone, una volta saliti tuttavia lui non gli apriva. Teneva sempre le tapparelle abbassate per dare l’impressione forse di essere assente. Ho notato spesso un uomo con la pelle scura appoggiato al muro davanti al nostro condominio che fissava l’appartamento di Giorgio. Era magro, giovane, colui che lo cercò il giorno dopo mi sembrava simile a quest’ultimo. Di notte, verso le 3, sentivo spesso persone scendere le scale  chiudere il portone con forza senza accompagnarlo per non farlo sbattere e lui che contestualmente chiudeva la porta con diverse mandate». «Il giorno che fu ucciso l’ho visto in compagnia di un nordafricano», ha detto un altro vicino di casa.  «Ho conosciuto la vittima tramite alcuni miei connazionali – ha spiegato un nordafricano – mi ha prestato dei soldi: glieli avevo chiesti perché avevo alcuni problemi famigliari, credo fossero 1250 o forse 4mila. Mi ero impegnato anche davanti alla sorella per restituirglieli in alcune rate da 500 euro».  «L’ultima volta che gli ho parlato – ha dichiarato una suora  -, era la sera prima dell’assassinio. Avevamo commentato una via Crucis trasmessa in tv e che entrambi stavamo guardando. In un’occasione eravamo in auto insieme quando in via Roma diede un passaggio ad un magrebino e ho visto che Giorgio gli diede dei soldi. Era un uomo buono».

IL RACCONTO DEGLI INVESTIGATORI - Due vigili del fuoco hanno invece spiegato che una volta sul posto hannoavvocato emilio dadomo 2021-2 dovuto rompere una finestra raggiunta con la scala italiana (la porta era chiusa e non c’erano le chiavi che peraltro non furono mai trovate, verosimilmente l’assassino le aveva prese con sé per poi disfarsene). Hanno poi raccontato di aver trovato il cadavere di Gambarelli a terra tra il letto e la parete della camera, supino, senza abiti e con la gola tagliata. A quel punto hanno chiamato il 112 perché la situazione era assolutamente anomala. E’ stata poi la volta dei carabinieri che hanno indagato sul caso. Giovanni Oddonin, ora comandante del Norm dei carabinieri di Bobbio e all’epoca in forza al Nucleo Investigativo guidato allora dal tenente colonnello Rocco Papaleo ha raccontato della condizione dell’appartamento della vittima: le stanze non erano in disordine e non c’erano evidenze che potesse essersi trattato di un furto o rapina finita male, di aver rinvenuto, con i colleghi, il corpo di Gambarelli senza abiti e con la gola tagliata in camera da letto. La porta di casa era chiusa e all’esterno erano presenti tracce di sangue poi risultate della vittima. Sul comò invece i carabinieri del Ris trovaronoassise 2021 omicidio gambarelli-2 una traccia ematica non del fisioterapista ucciso che, benché intontito dai farmaci che l’assassino gli ha sommistrato (a dirlo l’autopsia), aveva probabilmente tentato una disperata difesa prima di morire dissanguato.

Da quella traccia il Ris estrasse un Dna che evidenziò un codice genetico che fu comparato con quelli di diversi sospettati sottoposti a tampone. La parte che mappa la genitorialità paterna risultò identica allo stesso segmento del fratello dell’imputato (sul quale i militari avevano già sospetti ma che era irreperibile, per questo avevano sottoposto al test il fratello) indi erano figlio dello stesso padre e quindi appunto fratelli senza ombra di dubbio. Il collega di Oddonin, Mirko Gatti ha spiegato invece di come il cellulare dell’imputato agganciò la cella della casa di Gambarelli nell’arco temporale in cui è avvenuto l’omicidio. Ha inoltre ricostruito tutti gli accertamenti tecnici eseguiti. Le chiavi di casa non furono mai trovate e nemmeno l’arma del delitto: l’omicida le avrebbe portate con sé e poi se ne sarebbe disfatto nella fuga. Fatnassi fu dichiarato latitante da settembre 2013 e su di lui pende un mandato di arresto europeo. Secondo l’accusa dopo averlo ucciso è riuscito ad espatriare passando da Ventimiglia e dopo essere arrivato in Francia aveva fatto perdere definitivamente le sue tracce. Il processo è stato aggiornato al 22 novembre.

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