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Giovedì, 5 Ottobre 2023
In tribunale

«Terrorizzata dal mio ex: ore di appostamenti, minacce e telecamere in casa per controllarmi»

In aula la dolorosa testimonianza di una donna vittima di stalking e maltrattamenti. Imputato l'ex compagno il quale porta il braccialetto collegato ad un dispositivo: se le si avvicina troppo suona e viene mandato un alert alle forze dell'ordine

«Ancora adesso quando rientro a casa accendo tutte le luci, controllo in ogni stanza: ho paura, ho sempre paura». A dirlo in tribunale una donna quasi 60enne che si è costituita parte civile nel processo che vede imputato per maltrattamenti e stalking il suo ex compagno poco più giovane di lei, il quale porta ad oggi il braccialetto anti stalking, la vittima invece ha un dispositivo mobile. Tarato per una certa distanza, controlla automaticamente i possibili contatti pericolosi tra vittima e stalker. Se questo si avvicina nel raggio di 300 metri, il dispositivo in uso alla donna inizia a suonare allertando sia la minacciata sia le forze dell'ordine. In questa vicenda - ha spiegato in aula - è suonato più volte.

I due hanno convissuto tre anni e negli ultimi mesi di relazione la situazione sarebbe precipitata tanto da indurre la donna – per la gelosia ossessiva dell’uomo – ad allontanarsi da casa per poi tornare davanti al pentimento apparente dell’imputato. Poi, poco dopo, a fine settembre 2021 la vittima lo ha lasciato definitivamente provocando  - secondo l'accusa - un crescendo di rabbia. «Quel giorno me ne sono andata con i vestiti che indossavo e basta, lui mi ha detto: se torni a prendere le tue cose ti disintegro con questa mazza». Ha fatto denuncia e l’uomo è stato arrestato, collocato in carcere e successivamente ai domiciliari e con il braccialetto antistalking e il divieto di avvicinamento e di comunicazione. Per la delicatezza della vicenda e per tutelare la vittima omettiamo il luogo e i nomi. La donna è parte civile con l’avvocato Monica Magnelli, l’imputato invece è rappresentato da Antonino Rossi.

«All’inizio la nostra relazione andava bene, poi piano piano è diventato sempre più geloso e ossessivo – ha spiegato la donna al giudice Camilla Milani (pm Paolo Maini) -. In casa aveva messo telecamere e microfoni, sul mio cellulare aveva installato app per il controllo della mia posizione, non solo, aveva anche fatto il trasferimento di chiamata sul suo telefono: non potevo comunicare con nessuno. Lo smartphone me lo prendeva con la forza e se cercavo di riprendermelo mi strattonava». «La mattina  - racconta in lacrime - fingeva di uscire per poi nascondersi invece in casa per controllarmi convinto che avessi degli amanti. Sono state decine le volte che si è appostato per ore davanti al mio posto di lavoro, altre – durante la pandemia quando le regole per gli ingressi in strutture sanitarie erano rigidamente controllate – riusciva ad introdursi per controllarmi, e insultarmi: sei una troia, una puttana etc. Mi ha creato molti problemi sul lavoro. Lì non potevo andare sola, ma i miei figli mi portavano e venivano a prendere: ero terrorizzata. Per non parlare poi delle centinaia di chiamate nonché messaggi».

A confermare il racconto della donna anche i carabinieri di Borgonovo intervenuti decine di volte. In un episodio davanti al luogo di lavoro della donna e ai militari, l’imputato ha distrutto con una mazza l’auto intestata al figlio della vittima. Da quanto emerso aveva fatto un incidente, l’aveva fatta riparare ma poi non gliela voleva restituire, di lì l’accusa anche di appropriazione indebita. Durante l’udienza sono stati anche ripercorsi i due tentativi di suicidio dell’uomo: «Mi è arrivato un video (prodotto in aula)  - spiega la vittima - dove lui si riprendeva mentre a casa si cospargeva di alcol e aveva un accendino in mano, in un altro episodio si era barricato in casa con due coltelli in mano». Dopo l’intervento dei carabinieri e della donna (tenuta a debita distanza di sicurezza), aveva desistito ed era uscito. Infine ha testimoniato anche il figlio: «Con i miei due fratelli ci siamo organizzati per darle ospitalità in casa in casa e per portarla al lavoro: non la lasciavamo mai sola. Siamo molto preoccupati. In un caso si è introdotto nella mia abitazione (dove vivo con mia moglie e i miei figli) spaccando un vetro: voleva vedere se c’era mia mamma, altre volte si è presentato ubriaco e minaccioso». Il processo è stato rinviato per sentire gli altri testi, anche della difesa.

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