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Cronaca

Taddei: «Ottiche che servivano in Iraq seppellite apposta per incastrarmi»

Al processo per il traffico di rifiuti all'ex Pertite, la difesa dell'ex direttore chiede l'assoluzione. «Nessun reato, ha solo continuato il lavoro iniziato da altri. I trasportatori hanno guadagnato in questa vicenda»

«Quando l'Arpa scavò all'ex Pertite e trovò materiale ottico nuovo, ancora sigillato, pensai che quello era uno sfregio ai nostri soldati che lo stavano aspettando in Iraq e Afghanistan. Quelle ottiche, che servivano ai mezzi blindati e corazzati, erano attese dai nostri soldati. Non si doveva buttare via quel materiale nuovo solo per dire che Taddei era un delinquente».

E' una parte delle dichiarazioni di Giuliano Taddei, l'ex generale e direttore del Polo di mantenimento pesante, coinvolto con altri dieci imputati, in un lungo processo che si è concluso questa mattina. L'ultima a parlare è stata la difesa del generale, con l'avvocato Giovambattista Maggiorelli, il quale ha chiesto al collegio dei giudici l'assoluzione piena per l'ex direttore e la richiesta di prescrizione per i reati addebitati (compreso anche il danneggiamento), come già aveva fatto il pm Antonio Colonna. L'accusa, però, aveva chiesto la condanna di Taddei a due anni di reclusione per l'unico reato non prescritto: danneggiamento di stabilimento militare. E sempre il pm aveva chiesto, la condanna per altri imputati a cui erano rimasti i reati di corruzione, furto, concussione. Tranne che per il furto, però, lo stesso pm ammise che tutto era in prescrizione. La sentenza è attesa il due luglio.

L'AVVOCATO Maggiorelli ha affermato che «non esiste uno straccio di prova che Taddei fosse a conoscenza di cosa avvenisse durante i lavori all'ex Pertite». Il legale ha poi confutato le posizioni di alcuni testimoni, civili e militari, nemici del generale. Riguardo alla corruzione, poi, Maggiorelli ha spiegato che l'accusa sostiene che Bellocchio (uno dei trasportatori) avesse pagato per aver da Taddei il trasporto dei rifiuti per quattro anni. E per arrivare a questo obiettivo "offre" anche delle donne al generale. La difesa, però, ha affermato che che le autorizzazioni andavano chieste all'Ispettorato centrale dei trasporti dell'Esercito, l'unico ente che autorizza questi lavori. Insomma, per l'avvocato si contesta la corruzione, nel 2004, per un documento che andava presentato comunque. Non si può contestare la concussione nel 2002 e la corruzione nel 2004, ha continuato il legale, perché Taddei conosce Bellocchio solo nel 2002. Lo stesso gip, respingendo la richiesta di arresto di Taddei, ricorda Maggiorelli, sottolinea che non esiste la corruzione perché non c'è il "do ut des". E ancora, l'avvocato rimarca che si parla di traffico di rifiuti, finiti chissà dove, e di mezzi che uscivano dal Polo di mantenimento pesante: impossibile da verificare, perché i registri in uscita sono introvabili. Infine, sul danneggiamento della ex Pertite, Maggiroelli ha sostenuto che quella buca davanti alle casematte era lì dal 1975 e c'era finito dentro di tutto, dopo un'esplosione. I trasportatori Bellocchio e Barella, ha detto il legale, hanno solo aggiunto un po' di rifiuti, non l'hanno certo aperta, svuotata e riempita perché era un lavoro troppo lungo. Si parlò di inquinamento, ma al di là dal fatto che anche questo reato e è prescitto, Maggiorelli ha ricordato come la stessa Arpa aveva affermato che i rifiuti non erano penetrati nel terreno.

IL GENERALE «Il Corpo forestale ha accertato che dalla ex Pertite erano stati asportati 5mila quintali di legname. Per portarli via sarebbero stati necessari almeno 50 camion, di cui non c'è traccia sui registri. Comunque, gli alberi tagliati sono ricresciuti e sono rigogliosi. Abbiamo invece eliminato il "marciume" che era sui tetti degli edifici». Giuliano Taddei, nelle dichiarazioni spontanee, ha spiegato al presidente Italo Ghitti, e ai giudici Elena Stoppini e Adele Savastano, come al Polo i lavori fossero stati fatti perché fino al 2004 l'area era impraticabile a causa di alberi, arbusti e altri rifiuti. Nel 2005, il Polo era finito in Parlamento. Il Prc aveva presentato un'interrogazione su cosa stesse accadendo all'interno, anche a causa della denuncia di un operaio sulla possibile presenza di rifiuti radioattivi. In quell'anno, per dimostrare che i lavori c'erano stati, il sottosegretario alla Difesa, Filippo Berselli, chiese al generale una fattura di Barella che lo comprovasse. E il generale gliela diede.

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