«Sono stato incastrato. Quella sera scappai dal balcone e dissi a Nuoami di mettersi in salvo»
Colpo di scena nel processo che vede sul banco degli imputati per tentato omicidio Lyamani Hamza: «Loro due persone pericolose, io sono scappato. Mai avuto un movente». La vittima: «Lui mi colpì per primo»
«Sono stato incastrato e non ho partecipato al pestaggio di Azelem Nuoami, anzi ho cercato di dividere lui e Bouchaib Youssef che si stavano picchiando dopo un litigio per una donna in comune, e poi appena ho potuto sono scappato dal balcone. Quando la mattina successiva sono tornato a riprendere il mio cellulare la casa era pulita e mi è stato detto che Nuoami se n’era andato. L’ultima volta che l’ho visto erano le 23 e gli ho detto, indicandogli una finestra: scappa!».
Colpo di scena nel processo che vede sul banco degli imputati per tentato omicidio Lyamani Hamza che nella lunga udienza del 12 gennaio ha ripercorso davanti al collegio giudicante (presieduto da Stefano Brusati) quanto accaduto nell’agosto 2021 e ha fornito la sua versione dei fatti, opposta a quella offerta poco prima da Azelem Nuoami (parte civile con l’avvocato Monica Malchiodi) che invece lo ha indicato come uno dei piccchiatori. Da ricordare che Bouchaib Youssef coimputato per il medesimo reato scelse il rito abbreviato (sconto di un terzo della pena), difeso da Alida Liardo e Paolo Lentini. I due stranieri sono accusati di aver attirato in una trappola Nuoami a Gropparello e in un appartamento di averlo pestato a sangue per poi abbandonarlo sul ciglio della strada credendolo morto. «Loro due (Azelem Nuoami e Bouchaib Youssef, nda) alla fine sono amici, bevono, si picchiano ma poi si riprendono: sono molto legati. Si erano conosciuti in carcere dove entrambi erano detenuti e hanno condiviso anche una donna abitando in una casa tutti e tre, ma anche le rispettive famiglie si conoscono. Dovevano trovare un capro espiatorio e ci sono finito dentro io perché qualcuno doveva pagare», ha spiegato Lyamani Hamza incalzato dal suo avvocato Andrea Bazzani e dal pm Matteo Centini.
«In quel periodo abitavo in un appartamento dove vivevano Bouchaib (che era agli arresti domiciliari) e il cognato. Quel giorno ho preso il bus alla Lupa con lui e Nuoami che conosco di vista e solo per questioni di spaccio ed entrambi nel tragitto hanno bevuto. Bouchaib mi ha detto appunto alla fermata che quella sera in casa avremmo avuto un altro ospite a cena. Una volta in quell’appartamento eravamo in quattro, abbiamo cucinato e mangiato, poi abbiamo bevuto super alcolici e gli animi si sono scaldati. I due amici hanno cominciato a litigare per una donna in comune che non so assolutamente chi sia. Bouchaib per primo ha colpito Nouami in testa con una bottiglia di vetro poi sono volati dei pugni, io ho cercato di calmare gli animi, a quel punto il cognato è uscito ed è andato a dormire in auto, mentre io – che avevo le stampelle per alcune lesioni riportate in un’aggressione avvenuta pochi giorni prima – ho capito che avrei dovuto togliermi da quella situazione, volevo solo scappare. I due erano alterati anche da psicofarmaci ed erano pericolosi e violenti, ma per non farmi uscire hanno tolto le chiavi dalla porta. Per poter andarmene avrei dovuto girare un video ma nemmeno quello è servito, a quel punto li ho spintonati come potevo e mi sono calato da un balcone al primo piano. Prima di farlo però ho detto a Nouami (su un divano, vestito ma pieno di sangue per i colpi in faccia) di scappare dalla finestra, poi ho preso una bici e sfruttando la strada in discesa sono riuscito a mettermi in salvo. Ero ubriaco anche io e mi sono buttato in un campo per ore. La mattina successiva, dolorante, sono ritornato in quella casa a riprendere il mio telefono e le mie cose perché lì non volevo più stare, peraltro Bouchaib mi ha anche molestato svariate volte, tentando approcci sessuali. Le stanze erano pulite e mi hanno riferito che Nouami se n’era andato da solo. Non avevo nessun motivo per avercela con lui né tantomeno per picchiarlo: non lo conoscevo nemmeno. Pagavo l’affitto per una stanza lì in attesa di andare a lavorare al mare come ogni anno facevo in estate. Non ho mai cercato di sottrarmi alla giustizia».
Opposta invece è la versione di Nouami Azelem: «Hamza quel giorno mi ha detto facciamo serata insieme e beviamo. Mi ha dato in mano il Rivotril (uno psicofarmaco) che poi ho ingoiato una volta a casa a Sariano senza essere obbligato ma che non sapevo che effetti avesse e poi abbiamo bevuto tanto, ma abbiamo iniziato ad assumere alcol già ai giardini vicino all’Esselunga di via Calciati, prima di prendere il bus. Mi hanno portato in quella casa apposta, io e Bouchaib abbiamo litigato per una donna e poi mi hanno picchiato sia a mani nude sia con oggetti tipo bastoni per ore dicendomi questi sono stati preparati per te! C’era pieno di sangue anche a terra, svenivo e rinsavivo per i colpi ricevuti». «Per primo – ha detto – mi ha colpito Hamza che mi era alle spalle, mi ha sferrato un colpo sulle gambe e sono caduto. Non potevo più difendermi, e poi mi hanno colpito entrambi. Infine Hamza, quando ero seminudo, mi ha trascinato per i piedi giù per le scale dove mi ha fatto ruzzolare a suon di calci. In ultimo ho sentito che Bouchaib e Hamza si chiedessero se fossi vivo e morto e di lasciarmi lì, poi mi sono svegliato all’ospedale. A mia sorella ho detto che mi aveva investito un’auto perché mi sarei invece voluto vendicare una volta in piedi».