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Cronaca

Spaccio in Valtrebbia e in città, condanne da 6 mesi a sei anni

Operazione White Valley dei carabinieri contro lo smercio di cocaina ed eroina, in 14 davanti al giudice. organizzazione di piacentini, siciliani e magrebini: molti di loro restano in carcere

Pene da sei mesi a 6 anni e 8 mesi, e la maggior parte dei pusher in carcere. E’ il risultato finale dell’operazione antidroga dei carabinieri chiamata White Valley, messa a segno nell’aprile di quest’anno. Un’inchiesta che aveva smantellato una vasta rete di spacciatori di cocaina ed eroina, ma anche hascisc e marijuana, che da Bobbio, passava per Rivergaro e arrivava a Piacenza. Nei giorni scorsi, davanti al giudicare l’udienza preliminare Adele Savastano si sono tenute le udienze per 14 persone, tra piacentini, siciliani e magrebini. In precedenza, altri due, con il rito abbreviato, erano stati condannati a 6 anni e 6 anni e 8 mesi.

Le indagini, coordinate dal sostituto procuratore Emilio Pisante, sono partite nell'ottobre del 2016 per terminare ad aprile ed erano scaturite da alcuni sequestri effettuati dai carabinieri di Rivergaro. Ma soprattutto dal grido di dolore di una madre che chiedeva al maresciallo di Rivergaro di salvare la propria figlia schiava della coca. Poi l’indagine si allargò e venne coinvolta la Compagnia carabinieri di Bobbio. Dieci persone hanno scelto il rito abbreviato e tre hanno patteggiato. Un ragazzo, un piacentino consumatore, era invece stato denunciato per favoreggiamento: ai carabinieri che lo interrogavano aveva risposto “non vi dico niente”. Con il rito abbreviato è stato condannato a due mesi di reclusione e la pena non è stata sospesa. Quattro italiani e un magrebino (tutti in carcere, tranne uno ai domiciliari) a pena variabili da 4 anni e 8 mesi a 6 anni. Per altri cinque, invece, i loro difensori hanno ottenuto il “quinto comma” (spaccio di lieve entità o di droga con basso principio attivo) e le pene sono andate da sei mesi a due anni e 8 mesi.

Pesanti anche i tre patteggiamenti: da due anni e 6 mesi a 3 anni e 8 mesi. Per una ragazza che all’epoca era ventenne, e incensurata, la pena è stata sospesa (2 anni e 6 mesi). Per uno si sono aperte le porte del carcere, mentre un altro è agli arresti domiciliari. Gli spacciatori si rifornivano da due nordafricani (uno è latitante) che spacciavano nei campi nelle campagne di Castelsangiovanni e Pieve Porto Morone.

I carabinieri avevano anche scoperto due gruppi famigliari che in città gestivano decine di clienti e di altre persone che spacciavano in modo autonomo, ma che si coordinavano continuamente: in tutto, otto “batterie”. Una delle due famiglie, che aveva una centrale di spaccio in via Torricella, è quella del bimbo di 9 nove anni disabile trovato positivo alla cocaina mesi fa: in manette sono finiti padre, fratello e il figlio maggiore. Il secondo gruppo era composto da due fratelli, un uomo e una donna, da un cognato e dal fidanzato della ragazza.

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