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Cronaca

Stefano Barilli, fascicolo per istigazione al suicidio: «Atto dovuto per compiere accertamenti»

Il procuratore di Lodi, Domenico Chiaro: «La volontà è semplicemente quella di non trascurare nessuna ipotesi tranne quella, che per il momento rimane esclusa, di violenza fisica a opera di terzi»

Oltre al test del Dna, sono in corso in queste ore diversi altri accertamenti relativi al cadavere senza testa ritrovato nel fiume Po sabato scorso a Caselle Landi, nel Lodigiano, che si ritiene sia di Stefano Barilli, il 23enne piacentino che era scomparso l'8 febbraio scorso dalla sua casa a Piacenza. 

«Abbiamo, per formalità dovuta, aperto un fascicolo per modello 44, con l'ipotesi di reato di istigazione al suicidio. Proprio grazie all'apertura di questo fascicolo abbiamo, quindi, potuto decidere di effettuare diversi altri accertamenti - spiega il procuratore della Repubblica di Lodi, Domenico Chiaro -, tra cui appunto l'autospia, l'esame del Dna e altri accertamenti tecnici. La volontà è semplicemente quella di non trascurare nessuna ipotesi tranne quella, che per il momento rimane esclusa, di violenza fisica a opera di terzi».

Addosso al corpo una bustina di plastica sigillata con all'interno la carta di identità del giovane e un biglietto dove annunciava il gesto estremo.  Le prime risultanze dell'esame autoptico svolto il 20 aprile all'Istituto di Medicina Legale di Pavia hanno confermato l'ipotesi del suicidio. «Come indicato dai primi accertamenti dagli inquirenti - aveva già spiegato il procuratore Chiaro - la testa mancherebbe per cause compatibili con esiti da trascinamento, da parte della corrente, della salma nel fiume ed era stata riscontrata, soprattutto l'assenza di segni di lesività, di segni di violenza». 

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