Tentato omicidio di Sariano, Lyamani condannato a sei anni
Si è concluso con una condanna il processo in primo grado che vedeva imputato Lyamani Hamza con il connazionale Bouchaib Youssef che però ha scelto un altro rito. La sentenza dopo due ore di camera di consiglio. La difesa: «Lette le motivazioni, potremmo fare appello»
«Le prove sia tecniche sia dichiarative sono granitiche. Lyamani Hamza inoltre ha mentito più volte e la ricostruzione che dà del suo ruolo quella sera è grottesca». Lo ha detto il pubblico ministero Matteo Centini durante la requisitoria nel processo che vedeva imputato per tentato omicidio Lyamani Hamza in concorso con Bouchaib Youssef il quale ha scelto di essere processato con rito abbreviato (la sentenza è attesa a febbraio). Dopo due ore di camera di consiglio il collegio di giudici presieduto da Stefano Brusati (a latere Alessandro Rago e Matilde Borgia), ha condannato l’imputato (in primo grado) a sei anni come aveva chiesto il pm.
I giudici hanno concesso le attenuanti generiche e tolto l’aggravante del fatto commesso in stato di ubriachezza abituale. Hamza, in carcere dal giorno dell’arresto a Massa Carrara, era difeso dall’avvocato Andrea Bazzani, mentre la vittima si era costituita parte civile con l’avvocato Monica Malchiodi. I due marocchini sono accusati di aver massacrato di botte Nouami Azelem, loro connazionale nell’agosto 2021 in un appartamento di Sariano di Gropparello dove Bouchiab era ai domiciliari ospitato dal cognato. E di averlo poi trascinato fuori casa per abbandonarlo, pare credendolo morto. Lì fu poi trovato la mattina successiva in gravi condizioni e soccorso.
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ACCUSA - «Molto chiare ed esaustive le relazioni dei carabinieri del Ris che hanno individuato sei gruppi di tracce ematiche: quelle della persona offesa, quelle dell’imputato sul ventilatore - una della armi che inequivocabilmente è stata usata per commettere il fatto - e la sua impronta digitale insanguinata, poi le tracce ematiche miste dei tre. Nouami Azelem ha dichiarato di essere stato picchiato in cucina e poi in camera da letto dove c’era ancora più sangue oltreché altre armi come il tubo metallico ammaccato. Da tenere presente gli stracci bagnati le tracce anche sulla bottiglia di candeggina usata per pulire che attestano come si sia cercato di nascondere quanto accaduto. Anche i tabulati telefonici dimostrano che c’erano stati contatti precedenti con la persona offesa: lo hanno cercato il giorno prima e la mattina stessa e fisicamente sono andati a cercarlo nel pomeriggio per poi portarlo a Gropparello. Anche i messaggi e le conversazioni avvenute dopo il fatto convergono in una unica direzione».
«Quando i carabinieri intervenuti in prima battuta hanno parlato con Bouchaib Youssef sulla porta di casa non hanno accertato la presenza di Hamza, ma questa comunque viene registrata da un testimone che lo vede insieme al coimputato affacciarsi dalla finestra quella stessa mattina, non è quindi vero che lui è tornato solo molte ore dopo a riprendersi il telefono sostenendo peraltro di aver lasciato la vittima in casa». E ancora: «Accertato che lui avesse problemi a camminare e avesse le stampelle ha raccontato di essersi di calato da un balcone, di aver inforcato una bici per andare a buttarsi in un campo e poi tornare indietro ma in salita, ma come può esserci riuscito? Per non parlare di tutta una serie di menzogne e di incongruenze nel racconto fatto durante l’esame». «Averlo abbandonato in un posto non immediatamente visibile ai soccorsi dopo averlo massacrato, - ha detto Centini -, la durata dell’aggressione che dagli elementi raccolti, va dalle 23 all’una in più riprese, dalla quantità dei colpi nonché le armi usate, e le zone vitali attinte sono indici della idoneità della condotta omicidiaria e quindi del dolo, diretto, di omicidio. In questo caso quindi Lyamani Hamza deve rispondere di tentato omicidio perché la condotta che io voglio è idonea ad uccidere».
DIFESA - Hamza nella scorsa udienza aveva sostenuto la propria innocenza sostenendo “di aver tentato di placare una violentissima lite e poi di essere scappato salvo poi diventare un capro espiatorio”. «Il mio assistito e la vittima non si conoscevano se non di vista – ha detto l’avvocato che al termine dell’arringa ha chiesto l’assoluzione o la riqualifica del reato -. La ricostruzione del 6 agosto non è corretta: le celle agganciate dai due telefoni non sono le stesse in mattinata e nel pomeriggio si scambiano almeno 14 messaggi: questo indica che non fossero insieme salvo poi trovarsi alla fermata del bus: è solo in quel momento che Hamza vede arrivare la vittima e Bouchaib insieme». Sulle tracce di sangue Bazzani osserva: «Quelle sul ventilatore sono esigue, le altre miste: ci sono perché in un momento della serata Lyamani stesso è stato colpito. Sul presunto video poi cancellato l’onere probatorio non è stato portato a compimento e circa il contenuto presunto (sul quale per sorvoliamo per la delicatezza del fatto), ecco in quella casa il 6 agosto di logica non c’era».
«Non si definita secondo noi – ha proseguito la difesa - la volontà omicidiaria di Hamza: in quella casa c’erano armi ben più efficaci, anzi lui ha nascosto svariati coltelli apposta». «Le dichiarazioni di Hamza non sono in conflitto con quanto provato circa il cellulare lasciato nella casa, anche se lo avesse avuto con sé per dove si trovava, avrebbe agganciato la stessa cella e infine non ci sono prove che lui non sia andato via prima che la situazione diventasse critica così non ci sono prove che lui stesso non abbia dovuto difendersi».