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Cronaca Sant'Antonio

«L'ho colpito solo due volte e sono scappato. Dai giornali ho capito cosa era successo dopo»

Sant'Antonio. Rimangono in carcere i due giovani accusati di tentato omicidio in concorso nei confronti di un 33enne di San Nicolò che ora si trova ricoverato in terapia intensiva e le sue condizioni sono alquanto gravi

Rimangono in carcere i due giovani accusati di tentato omicidio in concorso nei confronti di un 33enne di San Nicolò che ora si trova ricoverato in terapia intensiva e le sue condizioni sono alquanto gravi. Si tratta del 18enne moldavo Daniel Dinga (accusato anche di rapina del cellulare della vittima) e dell’italo-marocchino Jawad Bejja. Per loro, al termine dell’interrogatorio il gip Stefania Di Rienzo ha disposto la custodia cautelare in carcere dove si trovano dal giorno dell’arresto dopo essere stati sottoposti al fermo di indiziato di delitto. Il moldavo, difeso dall’avvocato Jonathan Vignali, si è avvalso della facoltà di non rispondere, mentre Jawad, difeso dall’avvocato Antonino Rossi (che ha sostituito il collega Stefano Germini) ha fornito la propria versione dei fatti.

Tutto è iniziato alla coop di Sant’Antonio. I due stranieri, amici, stavano passando la serata  nel locale quando – ha fatto sapere la questura - pare che sia nata una lite passata poi alle vie di fatto quando la vittima avrebbe capito che qualcuno gli aveva fatto sparire il cellulare e i sospetti ricadevano sui due amici. I due giovani sono accusati di averlo picchiato ferocemente per poi scappare, invano. Poco dopo, grazie alle telecamere e alle testimonianze anche dei baristi, sono stati bloccati dalla polizia: il moldavo era in via Colombo e in tasca aveva il telefono del 33enne e gli abiti ancora sporchi di sangue, l’altro, pluripregiudicato, è stato bloccato in via Calciati e portati, al termine degli atti, in carcere su disposizione del sostituto procuratore Daniela Di Girolamo. Tutti e tre erano sotto l’effetto di alcol e anche pare di droga.

Jawad ha spiegato al giudice per le indagini preliminari la propria versione dei fatti, ammettendo di aver sbagliato e di aver reagito per paura: avrebbe raccontato di avergli spaccato una bottiglia in testa e di averlo colpito con un calcio in faccia per difendere una ragazza, sua amica, che il 33enne a detta sua, alterato da alcol e pare droghe, stava importunando insistentemente. Avrebbe detto di aver avuto paura per la sua corporatura robusta e di aver agito d’istinto. Dopo i due colpi, sui gradini del bar, però si sarebbe allontanato tanto da aver appreso quanto accaduto al 33enne solo dai mezzi di informazione la mattina seguente e di non sapere altro. Jawad avrebbe detto che prima di quella sera non aveva mai visto la vittima e che da quando si era preso una coltellata in via Colombo in una rissa nella quale era coinvolta una giovane, vive nel terrore, di lì, a detta sua, la reazione violenta. «Le indagini in corso serviranno per accertare il tipo di responsabilità dei due giovani e le relative differenze di comportamento: sono sì accusati in concorso ma le due condotte non sono sovrapponibili», ha fatto sapere l’avvocato Rossi.

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