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Cronaca

Testamento falsificato, chiesta la condanna di due donne

Eredità contesa, il pm Fontana chiede 3 anni e mezzo per la sorella del morto e la sua convivente: «Fatti gravissimi». Ma l’uomo, un assicuratore, aveva avuto una figlia naturale, poi riconosciuta dal Tribunale, con una sua agente. Coinvolto anche un avvocato

Un testamento redatto due giorni prima della morte che sarebbe stato falsificato, milioni di euro e case lasciati alla convivente e alla sorella del deceduto oltre che centinaia di migliaia di euro a un avvocato. Tutto, secondo l’accusa, per estromettere dall’eredità la figlia legittima che, nel frattempo, era stata riconosciuta durante l’indagine che ne era scaturita dopo un esposto della madre della bimba.

Una storia complessa con “fatti gravissimi” ha sottolineato l'11 dicembre, in aula il pubblico ministero Roberto Fontana nella sua requisitoria. Il pm ha chiesto al giudice Ivan Borasi la condanna a tre anni e sei mesi di reclusione per Ivana Orcesi (difesa  dall’avvocato Carlo Bonino) e Annamaria Bruno (assistito dall’avvocato Gianluca Russo), accusate di falso in scrittura privata e falso in testamento olografo. Un avvocato piacentino, invece, ha scelto il rito abbreviato e l’udienza è stata fissata a marzo. Dopo la richiesta di pena, il processo è stato rinviato per consentire l’intervento delle parti civili e degli avvocati difensori delle due donne. La madre della bimba e la piccola si sono costituite parti civili con gli avvocati Emanuele Solari e Giuseppe Dametti.

Il pm Fontana ha ripercorso le tappe principali di questa vicenda, iniziata nel maggio del 2013. Secondo Fontana, è emersa la difformità grafica dei testi esaminati - il testamento e altri scritti di Orcesi, responsabile dell’assicurazione Sai - sentenziata anche da un perizia grafica della procura (la difesa ne ha fatta svolgere una propria) che attesta come la calligrafia non sia dell’uomo. Secondo la pubblica accusa, quel testamento, redatto a 48 ore dalla morte del 63enne, «era stato creato in punto di morte di Orcesi per privare il nascituro di ogni eredità». Subito, dopo, ha continuato il pm il corpo venne cremato «anche se non risulta che lui lo abbia chiesto prima». La procura, però, riuscì a trovare nell’ospedale dove Orcesi era stato ricoverato alcuni reperti biologici prelevati durante le cure. Con quelli, attraverso una perizia, si dimostrò che la bimba era la figlia di Fausto Orcesi e una donna romena, agente dell’assicurazione, che aveva avuto una relazione con Orcesi. Per il pm, si tratta di fatti gravi ha ripetuto più volte e la stessa indagine ha evidenziato la relazione tra il testamento non autentico e la volontà di sottrarre l’eredità alla bambina. Sul ruolo dell’avvocato, il pm ha detto che «mai la procura ha pensato che potesse essere l’autore del falso perché fin dall’inizio si è pensato alla sorella o alla convivente». Ma il pm ha anche affermato che dall’inchiesta non si capisce perché mai Orcesi avrebbe dovuto intestare una parte dell’eredità all’avvocato. E dalle perizie, la mano che ha scritto il testamento sarebbe quella della sorella Ivana. Per l’accusa, le due donne temevano, se fosse stata riconosciuta la bambina, di vedere ridimensionata la quota che sarebbe spettata a loro.

Subito dopo la morte, il testamento venne presentato al notaio Amedeo Fantigrossi che lo aprì e lesse le ultime volontà, olografe: il 5 maggio, cioè due giorni prima del decesso, l’assicuratore nominò erede la sorella Ivana a cui lasciò un milione; l’avvocato, nominato esecutore testamentario, a cui lasciò 850mila euro e la convivente Bruno che si vide intestare la casa, la polizza assicurativa e altri beni.

Nel frattempo, l’inchiesta della procura era in corso dopo la presentazione di un esposto. Dal settembre 2012, Orcesi, 62 anni, aveva una relazione con la sua agente di 31. Nel febbraio 2013, la donna si accorse di essere incinta. La notizia provocò preoccupazione nella sorella e nella compagna dell’uomo e partirono le azioni legali con lettere e diffide. Dopo la morte di Orcesi, la battaglia legale intorno al testamento si fece più dura. Intanto, a ottobre venne alla luce la bimba e la madre chiese al Tribunale civile che venisse riconosciuta come figlia legittima di Orcesi. Dopo una perizia sul Dna - ricavato dai reperti biologici recuperati in ospedale - nel novembre 2015, la bambina fu riconosciuta figlia naturale del defunto e della donna romena. La procura indagò tre persone, svolse le indagini e chiese il loro rinvio a giudizio. Si arriva quindi in Tribunale, dove le due donne sono processate con il rito ordinario mentre l’avvocato sceglie il rito abbreviato. Nella prossima udienza, la parola passerà alle parti civili e ai difensori delle donne. Entrambe la parti preannunciano battaglia.

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