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Venerdì, 19 Aprile 2024
Cronaca

«Travolti da una gravissima crisi economica ma non abbiamo mai lasciato i cani senza cibo»

Prosegue in tribunale il processo che vede imputati marito e moglie accusati di aver tenuto cani Golden Retriever in condizioni non compatibili con la loro natura nell’allevamento che gestivano in Valtrebbia

Prosegue in tribunale il processo che vede imputati marito e moglie accusati di aver tenuto cani Golden Retriever «in condizioni non compatibili con la loro natura e produttive di gravi sofferenze» nell’allevamento che gestivano in Valtrebbia. I fatti risalgono al 2019 quando il veterinario e responsabile del canile di Piacenza Elena Castelli, accompagnato dai carabinieri forestali e da un collega dell’Ausl, aveva visitato l’allevamento dicendo poi anche in aula di aver trovato i cani denutriti e in sofferenza. Nel processo, celebrato in rito ordinario, si sono costituite come parti civili con gli avvocati Michele Pezone e Claudia Taccani, la Lega nazionale per la difesa del cane e l’Organizzazione internazionale protezione animali (Oipa). Marito e moglie sono difesi dall’avvocato Vincenzo Murelli. Furono sequestrati sedici animali su circa venti presenti, e poco prima la stessa allevatrice ne aveva regalati due a Castelli perché potesse prendersene cura. Erika Faccini e il marito Ludovico Spremulli hanno parlato in aula e hanno spiegato al giudice Ivan Borasi (pm Sara Macchetta) la genesi del grave problema che li ha visti protagonisti tra il 2018 e il 2019. «Al momento del sequestro – spiega Faccini – stavamo fronteggiando una pessimo periodo per una gravissima situazione economica. Non riuscivamo più a vendere cuccioli e andavamo sempre più a fondo. Non capivamo il motivo, poi abbiamo scoperto di essere stati screditati su internet e vittime di due attacchi hacker al sito. Dapprima quindi li nutrivamo con cibo adeguato di altissima qualità ma poi non ce l’abbiamo più fatta ma non li abbiamo mai lasciati a stomaco vuoto». «Dando alimenti che nutrono non in maniera sufficiente è evidente che i cani assimilino poco e che abbiano qualche problema anche per quanto riguarda parassiti intestinali e dissenteria», ha spiegato la donna. E ancora: «La situazione peggiorava e ho chiesto aiuto per gli animali e per la mia famiglia (hanno anche cinque figli). Ho contattato alcune associazioni e clienti che ci hanno portato del cibo per i cani, ma non era mai abbastanza. Infine ci siamo rivolti ai carabinieri forestali: i cani stavano soffrendo, di lì poi il sequestro». «Abbiamo sempre cercato di fare di tutto per i Golden ma la crisi economica ci ha travolti». «Il cane che ho comprato da loro qualche anno fa sta benissimo. Ho trovato il loro allevamento su internet e quando sono andata a prendere il cucciolo, il posto era tenuto bene e ho visto i cani in ottima salute», ha spiegato una loro cliente, la quale li ha anche aiutati con alcuni sacchi di cibo. Ora i coniugi si stanno risollevando e hanno spiegato che stanno per riaprire un altro allevamento in Toscana con i sei cani che sono rimasti e che hanno vari progetti tra i quali una fattoria didattica.  Faccini nelle prime settimane di febbraio è stata condannata a un anno e 6 mesi per falso e truffa, mentre il marito imputato in concorso è stato assolto. Erano accusati di aver falsificato nel 2018 libretti sanitari internazionali di vaccinazione con timbri e firme di ignari veterinari – secondo l’accusa – per alcuni cani che sarebbero stati venduti come in buona salute pur non essendolo. Tutto prese avvio dalle denunce di alcuni clienti, uno di questi si era rivolto all’avvocato Alessandro Guidotti. Il piacentino aveva comprato un Golden “spacciato” come sano e vaccinato, invece era affetto da giardia (parassita intestinale), pertanto si era rivolto al veterinario la cui firma era sui documenti chiedendo spiegazioni e aiuto, il professionista però aveva dichiarato di non aver mai visitato quel cucciolo. Di lì la denuncia sua e degli altri, le indagini coordinate dal pm Antonio Colonna e infine al processo che ha visto sette parti offese (3 veterinari e quattro clienti, di cui uno parte civile che alla lettura della sentenza ha ricevuto una provvisionale di 1580 euro).

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