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Cronaca

Ugci di Piacenza: «Il matrimonio omossessuale può solo cercare di imitare quello etero»

«La disciplina delle unioni civili (omosessuali) che si vorrebbe introdurre con il decreto legge Cirinnà appare difficilmente emendabile e palesemente incostituzionale»

Il dibattito su temi come il matrimonio omosessuale, le unioni civili e le convivenze di fatto è sempre molto acceso. Sul decreto legge Cirinnà è intervenuto il consiglio direttivo dell’ Ugci (Unione giuristi cattolici italiani) di Piacenza: «Matrimonio deriva dalle parole latine mater e munus. L’essere madre, mater, concerne la donna, il munus vale come impegno, dovere, ma anche come dono. Il matrimonio, quindi, ruota attorno al nucleo centrale ed indefettibile della maternità, come impegno, con i doveri che ciò comporta, e nella dimensione del dono. La maternità implica la generatività della coppia. Il principio di vita è nel seme che viene dall’uomo. La famiglia scaturisce, quindi, da un uomo e da una donna. Da queste dinamiche e, con il divieto universale del matrimonio tra consanguinei, si generano lo scambio e le alleanze tra gruppi. Nasce la società, di cui la famiglia e la parentela sono il linguaggio e le relazioni primarie. Il matrimonio, nelle varie forme in cui si può esprimere, è la regola della famiglia. Esso sul piano antropologico e semantico, può esistere solo nel patto generativo tra un uomo ed una donna tra loro non consanguinei».

La nota firmata dal presidente ed il consiglio direttivo dell’ Ugci continua: «Per questi motivi l’espressione "matrimonio omosessuale" è un ossimoro, un non-senso, come dire "lo scapolo sposato". Perché, secondo le leggi della natura, il dono e l’impegno della maternità nell’unione tra persone omosessuali non possono darsi. L’unione omosessuale non è naturalmente generativa, e non può dare origine ad una famiglia, in senso proprio. Può solo cercare (o pretendere) di imitarla. Sostenere il contrario implica un radicale stravolgimento, in senso contrario alle dinamiche naturali, del linguaggio, ed altera il contenuto e la comprensione dei concetti di generatività, filiazione, genitorialità. L’ordinamento giuridico ha interesse a riconoscere (e non può non riconoscere) la famiglia naturale, perché dalle dinamiche spontanee, naturali ed oblative da cui la stessa trae origine nasce la società e si assicurano le condizioni e la possibilità della sua esistenza nel futuro. Quanto al quesito circa l'esistenza, nelle convivenze di fatto, di eventuali esigenze solidaristiche meritevoli di tutela, si ritiene che il discorso vada fatto separatamente tra convivenze omosessuali ed eterosessuali».

«Nel caso di convivenze eterosessuali - spiega la nota - la somiglianza alla famiglia naturale ha un carattere sostanziale ed effettivo, per la intrinseca potenziale generatività di tali convivenze. In esse si tende anche a realizzare tra i partners una comunione spirituale e di vita. Ma il fatto che questi ultimi non intendano formalmente impegnarsi tra loro, contraendo matrimonio, dovrebbe, sotto un primo profilo, escludere che ad essi si possa estendere la disciplina del matrimonio, in quanto ciò sarebbe lesivo del loro diritto fondamentale di non sposarsi (una libertà negativa, quindi). D’altra parte, sotto un secondo profilo, prevedere forme alternative di vincolo (per esempio l'iscrizione al registro delle unioni civili), vorrebbe dire introdurre una nuova e rudimentale forma di matrimonio, meno chiara e garantista di quella esistente».

«Esclusa la possibilità di equiparare la convivenza - sottolinea la nota - tra persone dello stesso sesso con il matrimonio e la famiglia che da esso si genera (ciò che è stato più volte espressamente confermato dalla Corte Costituzionale e dalla Corte di Cassazione), ci si chiede se dalle convivenze di fatto possano scaturire esigenze meritevoli di riconoscimento giuridico e di tutela e, se sì, quali esse siano. Prima di tentare una risposta al quesito, occorre evidenziare che anche tali convivenze (in modo specifico quelle tra persone dello stesso sesso) sono intrinsecamente caratterizzate dalla imitazione del matrimonio e della famiglia. Il campo a cui esse inevitabilmente aspirano, quindi, non è tanto quello delimitato dall’art. 2 della Costituzione (“la Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale”), bensì quello dell’art. 29. Ogni disciplina delle convivenze di fatto, cioè, finisce per assecondare tale tendenza, e si pone inevitabilmente nel campo d’azione di quest’ ultima norma, che è invece riservata alla famiglia naturale fondata sul matrimonio. Questa considerazione può indurre il dubbio se l’art. 2 Cost. possa riferirsi anche a formazioni sociali di tipo famigliare, o se invece per queste ultime sussista una riserva a favore dell’ art. 29 (nel senso che le unioni di tipo famigliare, per vincolo costituzionale, possano godere di disciplina solo se corrispondenti al modello del predetto art. 29). Perché, come detto, è inevitabilmente nel campo di quest’ultima disposizione che il legislatore si pone nel momento in cui riconosce e disciplina relazioni affettive tendenzialmente stabili, simil familiari e matrimoniali. Questo è dimostrato con particolare evidenza nel disegno di legge approvato dalla 2 Commissione Giustizia del Senato, dove sia per le unioni civili (omosessuali), sia, con graduazioni diverse, per le convivenze di fatto (sia omo che etero) si richiama sostanzialmente lo stesso regime previsto per il matrimonio monogamico ed esogamico, con impedimenti, scelta del regime patrimoniale, scelta del cognome della unione civile, regime successorio, separazione, rito pubblico (la iscrizione nel registro delle unioni civili in presenza di testimoni), eccetera. Sotto tale profilo, la disciplina delle unioni civili (omosessuali) che si vorrebbe introdurre con il decreto legge Cirinnà appare difficilmente emendabile e, comunque, palesemente incostituzionale».

«Il cedimento - conclude l'intervento - sul piano simbolico, ai meccanismi imitativi della famiglia naturale proprio delle unioni omosessuali opera invece una grave mistificazione del senso giuridico del matrimonio e della famiglia e, di conseguenza, sul piano semantico, una falsificazione della realtà (che rende incomprensibile) e del linguaggio che la esprime. Ciò avrebbe prevedibilmente deprecati effetti di confusione e disorientamento sociale, scollamento interno del sistema e degli istituti normativi e moltiplicazione degli sviluppi interpretativi e del margine di discrezionalità (sconfinante nell’arbitrio) degli stessi, con sacrificio della certezza del diritto e della effettiva tutela dei veri diritti fondamentali (soprattutto quelli dei più deboli, i bambini)».

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