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Cronaca

Vittorio Emanuele, Caperchione: «Non siamo al collasso»

L’amministratore unico dell’Asp “Città di Piacenza” risponde alla segnalazione: «Dal 21 febbraio, quando la pandemia si è evidenziata a Codogno, abbiamo subito agito per alzare le difese»

Nella giornata di ieri avevamo pubblicato la lettera di una piacentina, che chiedeva alcune spiegazioni al Comune di Piacenza e all’Asp “Città di Piacenza” (società al 94% del Comune capoluogo) in merito alla situazione d’emergenza alla casa di riposo “Vittorio Emanuele”, colpita come tutte le strutture piacentine da casi di Coronavirus. Riceviamo e pubblichiamo ora la risposta dell’amministratore unico di Asp, il professor Eugenio Caperchione.

Ringrazio la persona che ha scritto, che pone domande giuste, che tutti abbiamo. Stiamo facendo tutto bene? Abbiamo commesso errori? C’era qualcosa da fare in modo diverso? Ce lo chiediamo ogni giorno, e non abbiamo – certo io non ho – la presunzione di essere perfetti. Ma la verità è che nessuno di noi, a nessun livello decisionale, può essere certo di aver fatto tutte e solo “le cose giuste”, perché la malattia che stiamo affrontando è nuova, sconosciuta, subdola.

Quello che posso dire, già ora, è che la Direzione ed il personale dell’ASP Città di Piacenza, sin dal primo giorno dell’esplosione dell’epidemia in Italia (il 21 febbraio col cosiddetto paziente 1 di Codogno) hanno agito con prontezza e con decisione, alzando senza indugi il livello di attenzione. In rapida sequenza:Eugenio Caperchione-2

-          Abbiamo chiuso la struttura agli esterni (anticipando una linea di comportamento che solo in seguito è diventata un’indicazione regionale);

-          Abbiamo dotato gli operatori di mascherine ed altri DPI;

-          Abbiamo rivisto l’organizzazione del lavoro, per garantire l’assistenza nonostante un inevitabile aumento delle assenze del personale, dovuto sia a malattie sia al fatto che chi proviene dal Lodigiano è stato 2 settimane senza poter venire a lavorare;

-          Abbiamo chiuso alcuni servizi, contattato le famiglie dei servizi chiusi, ricollocato gli operatori;

-          Abbiamo tenuto aperti i canali di comunicazione con le famiglie degli ospiti del Vittorio Emanuele;

-          Abbiamo disciplinato e concordato con il personale amministrativo lo smart working (e verifichiamo ogni giorno che i processi amministrativi mantengano la loro efficienza);

-          Abbiamo attivato contatti quotidiani (intendo: più volte al giorno) con il Comune e l’AUSL di Piacenza, scambiando informazioni, valutando protocolli sanitari, segnalando esigenze e criticità, concordando le linee d’azione.

La lettera che avete pubblicato chiedo conto dei nostri tempi di risposta, e di comunicazione. Vorrei tranquillizzare i vostri lettori. La struttura ha ben compreso la gravità della situazione, e sin dal 22 febbraio ha fatto indossare al personale le mascherine chirurgiche, che sono l’unico dispositivo necessario per proteggere gli ospiti dal possibile contagio veicolato dal personale. Non c’era nessun caso sospetto e la vita in struttura si è svolta regolarmente con numerosissimi contatti telefonici tra parenti e ospiti.

Solo l’11 marzo comparse le prime febbri e gli ospiti sospetti sono stati messi in isolamento funzionale. Il personale è stato allora dotato di mascherina FFp2, sovracamice, cuffia, occhiali di protezione, sovrascarpe, doppi guanti. Contemporaneamente sono state inviate le segnalazioni di malattia infettiva all’Ufficio Igiene dell’AUSL e il giorno successivo sono stati eseguiti 9 tamponi.

L’esito dei tamponi è arrivato il 16 marzo, con l’esito di 3 positivi ma con l’avvertenza da parte dell’Azienda sanitaria che non si poteva escludere che fra i 6 negativi ci fossero dei falsi negativi. E’ stato quindi mantenuto l’isolamento funzionale di tutti gli ospiti che erano stati sottoposti a tampone, e dei successivi ospiti che hanno presentato sintomi sospetti. Lo stesso giorno, il 16 marzo, abbiamo dato comunicazione al Comune del risultato dei tamponi, mentre sulla stampa locale l’articolo è uscito il 20 marzo (cioè con un’intervista del 19 marzo).

Nessuno ha dunque tenuto le cose nascoste: se fino al 20 marzo non abbiamo ritenuto di segnalare problemi, è perché non ce n’erano. Inoltre i parenti dei nostri ospiti sono stati sempre costantemente e quotidianamente aggiornati sulle condizioni di salute dei loro cari, come tutti possono testimoniare. Su 238 ospiti un solo parente ci ha chiesto di portarlo a casa, ma ha poi rinunciato, per non contribuire in tal modo a diffondere un eventuale contagio.

Ovviamente tutta l’attività che ho ricordato qui sopra è un lavoro in gran parte silenzioso, che si svolge dietro le quinte e non arriva alle prime pagine dei giornali; ma posso assicurare che tutti gli operatori, ad ogni livello gerarchico, hanno lavorato e lavorano con grande attenzione e dedizione, rispettando le regole e avendo a cuore la salute ed il benessere dei nostri ospiti.

Non siamo quindi al collasso: forse c’è stato qualche titolo un po’ urlato, ma noi, grazie a Dio, non siamo proprio al collasso. Questo vale anche per i DPI: abbiamo un’unità di personale dedicata a tempo pieno a reperire il materiale necessario: mascherine, guanti, camici, sovrascarpe, disinfettanti, ecc., districandosi in un mercato che in queste settimane è diventato una giungla, e ha visto spuntare dal nulla speculatori ed operatori truffaldini, che chiedono pagamenti anticipati e poi non consegnano la merce. Dunque noi sappiamo, siamo consapevoli che avere il materiale necessario, anche con qualche scorta di sicurezza, non è facile, e per questo siamo attivi, muovendoci in coordinamento con l’AUSL, che ci distribuisce mascherine ed altri presidi, con la Regione, che a seguito delle richieste di un gruppo di ASP ha attivato un canale diretto di fornitura, e infine ponendoci sul mercato in posizione d’acquisto, evitando di contrattare con aziende poco serie, ma pronti a spendere ciò che serve per mettere tutti in sicurezza.

Stiamo infine lavorando sul fronte degli operatori, e abbiamo ottenuto dall’AUSL di Piacenza (che ringraziamo) l’impegno a lasciare presso il Vittorio Emanuele, per tutto il tempo dell’emergenza, gli infermieri e gli operatori che, attualmente in servizio da noi, vengono assunti dall’AUSL.

Rimane, e non voglio eluderla, la domanda più pressante: come mai ci sono degli ospiti positivi? Che ne è stato di loro? E che rischi abbiamo per gli altri?

La risposta non è facile, ma non possiamo non partire da un dato: quando il 21 febbraio siamo entrati in emergenza, il virus circolava già da tempo, anche nel nostro territorio - e pertanto le comunità quali ospedali e strutture per anziani difficilmente potevano rimanerne immuni.

Quindi, anche chiudendo la struttura, noi non possiamo avere nessuna garanzia per quello che è successo prima del 21 febbraio. Né si può escludere che il virus sia stato portato in struttura da un operatore asintomatico (anche qua: c’è voluto del tempo, a livello nazionale intendo, per capire che i portatori sani possono essere molto contagiosi). Vi sono poi altre ipotesi, che stiamo vagliando.

Nel frattempo, rispettiamo con attenzione tutti i protocolli terapeutici ed assistenziali (ivi compreso l’isolamento tra ospiti ove necessario), e monitoriamo ogni singolo ospite.

Ci sono stati dei decessi, purtroppo, e questo ci addolora profondamente, come sa chiunque frequenta la struttura. Ogni singolo caso è una tragedia per una famiglia.

Rimaniamo quindi impegnati, tutti, a garantire tutta l’assistenza e tutta l’attenzione possibile ad ogni ospite, come abbiamo promesso a ciascuno. Chiediamo però a tutti i piacentini di continuare a sostenerci con la loro fiducia, di inviarci critiche e rimproveri se servono, ma di essere certi che il nostro dovere lo stiamo facendo ogni giorno, grazie anche all’impegno instancabile di tutto il personale.

Eugenio Caperchione, Amministratore unico ASP Città di Piacenza

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