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Cultura Farini

Illustrato agli studenti dell’Istituto Tramello-Cassinari il restauro dell’antica torre di Selva di Groppallo

Importante segno territoriale e monumento storico di grande valore culturale

In località Selva di Sotto, poco distante da Groppallo, la torre millenaria di San’Antonino lambisce l’antica strada per Bardi. Originariamente era il campanile di una chiesa che fu sconsacrata nel XV secolo a seguito di una violenta lite, secondo una tradizione orale, svoltasi al suo interno fra elementi di opposta fazione e funestata da morti e feriti. Collassata nel 1775 da allora, la sua storia era entrata nell’oblio sino a che – vedi, in www.Ilpiacenza24 e26 luglio  2016 – è stato possibile bonificare l’area, eseguire il consolidamento strutturale e ripristinare la porzione sommitale superstite della torre mediante restauro integrativo con utilizzo di pietre trovanti disposte secondo tessitura differente in modo da rendere esplicito l’intervento. L’operazione è stata possibile grazie ad un team di benemeriti: la Banca di Piacenza, il dott. Giovanni Magistretti, scopritore della Via degli Abati, propugnatore instancabile del recupero della torre, il prof. Ing. Vittorio Schiavi, vice presidente Via degli Abati e docente, fattivo sostenitore e prezioso consulente e il geom. Maurizio Delmolino, responsabile ufficio tecnico del comune di Farini e, con loro un gruppo di volontari che hanno prestato la loro opera in modo gratuito. relatori-7

L’intervento di recupero realizzato su progetto degli architetti Angelo e Davide Bellocchi, nei giorni scorsi è statoargomento di un Convegno coordinato dalla prof. Daniela Patroncini, rivolto agli allievi del corso serale dell’istituto Tramello-Cassinari di Piacenza e aperto alla cittadinanza, nel quale sono stati esaminati il contesto territoriale e cenni storici, metodo di rilievo e restituzione grafica, teoria del restauro architettonico, progetto, problema sismico ed esecuzione dei lavori.Dall’articolata, precisa e minuziosa illustrazione dell’intervento da parte dello stesso progettista arch. Angelo Bellocchi, abbiamo tratto la sintesi che segue corredata delle immagini gentilmente fornite dall’architetto.

La torre, importante simbolo della zona, è assai degradata nella parte dell’ex cella campanaria, ma ancora solidissima malgrado le offese del tempo e degli uomini, che l’hanno spogliata delle pietre angolari e tentato l’abbattimento più volte per il riuso del suo materiale di risulta. Faceva parte della Chiesa di Sant’Antonino sulla “Via degli Abati”, antico percorso utilizzato dagli abati del monastero di Bobbio per raggiungere Roma, passando per Pontremoli, ove s’innestava nella strada alto medioevale Romea. Vi era anche il tratto che da Bobbio conduceva a Pavia, a quei tempi capitale longobarda d’Italia. La chiesa di Sant’Antonino serviva anche come punto di sosta e di ristoro a coloro che erano in viaggio devozionale lungo la via ed il campanile era un punto topografico di  orientamento e di riferimento importante, che guidava i viandanti e segnalava da lontano una struttura attrezzata per l’accoglienza, considerando l’esistenza a pochi metri del guado del rio sant’Antonino, occasione per il rifornimento di acqua e per il lavaggio delle persone e degli indumenti.Rappresenta quindi un importantissimo segno territoriale e un monumento storico di grande valore culturale ed affettivo. La torre ha anche un significato religioso di fondamentale importanza per il territorio dell’alta val Nure: è ciò che resta di una antica chiesa, uno dei primi simboli religiosi dell’evangelizzazione di questa parte dell’Appennino.

OPERAZIONI PRELIMINARIE AL RESTAURO

La torre è stata documentata con molteplici inquadrature fotografiche per intero e per campiture parziali, ottenendo così l’illustrazione completa delle condizioni di degrado e fatiscenza della torre. E’ stato possibile analizzare l’interno delle murature, nei punti ove sono state asportate le pietre d’angolo, verificando la tenacità ancora sorprendentemente efficace delle materie utilizzate per collegare e saldare tra loro i componenti strutturali. Differentemente la parte alta della torre, ove sono rimasti i quattro cantonali che in origine contornavano i finestroni ad arco della cella campanaria, presenta la disgregazione e la polverizzazione della malta di connessione, sicché i conci di pietra sono disposti “a secco” e rimangono in sede per forza di gravità e per il mutuo sostegno. Questa condizione di fatiscenza è direttamente proporzionale all’altezza (man mano che si sale, aumenta il degrado).

Si è svolta l’analisi dei materiali costitutivi, i quali sono aggregazioni di pietre di vario tipo, ricavate in prevalenza da rocce scistose (che si dividono facilmente in lastre; usate per le tipiche “ciappe” specie di tegole per tetti in uso sulle nostre montagne); si sono rinvenuti anche elementi di arenaria (forse proveniente dalla cava di Gravago) e di pietra spongia (pietra spugna). Tali materiali sono stati prelevati probabilmente dal vicino rio Sant’Antonino, molto pietroso e con rocce affioranti dal suo alveo, e forse anche da materiali di spoglio (demolizione di preesistenti manufatti). La malta di allettamento è un composto di calce viva (o malamente spenta) e renella prelevata dal vicino corso d’acqua; altri inerti utilizzati per la malta paiono provenire dalla frantumazione della pietra spongia (una specie di tufo).

QUADRO DIAGNOSTICO ED ESECUZIONE LAVORI

Fermo restando l’obbligatorio consolidamento per conferire una sufficiente stabilità strutturale, si è giunti alla determinazione che la più corretta operazione sia quella di preservare, con un serio restauro conservativo, la configurazione formale attuale, invariata da decenni e la cui immagine di “quasi rudere” permane nella memoria degli anziani valligiani, degli emigranti che tornano ogni anno e degli affezionati frequentatori della valle.

Tuttavia, si sono esplorate altre possibilità, qualiun restauro integrativo, ricostruendo la cella campanaria con gli stessi materiali, secondo il modello tipologico esistente nella zona, applicando le stesse caratteristiche rilevate in altri campanili coevi. La decisione finale ha privilegiato il consolidamento strutturale e il ripristino della porzione sommitale della torre mediante restauro integrativo. I lavori sono stati affidati all’impresa esperta in restauri del geometra Maserati Simone di Gazzola, che ha dato prova di notevole maestria e ha reso la costruzione perfettamente rispondente ai requisiti antisismici e statici.La torre ora è al sicuro, non vi sono rischi di crolli o collassi, salvo eventi sismici eccezionali.

COMPLETAMENTI

Quanto realizzato rappresenta un primo stralcio del complesso delle opere previste, sufficiente a rimettere in sesto la torre e a restituirne l’originaria solidità. Mancano le opere di risanamento complessivo delle facciate, utili anche per il miglioramento estetico, ovvero il trattamento delle superfici con la sigillatura e la stilatura dei giunti, la chiusura di alcune lacune, la pulitura da muffe e incrostazioni.

Si sta analizzando l’ipotesi di restituire l’originario aspetto formale mediante la ricostruzione filologica dell’intera cella campanaria, rendendo evidente l’attualità dell’intervento rispetto alla parte preesistente, soprattutto per la salvaguardia storica e la tutela del bene architettonico.

Il completo restauro della torre, per non essere fine a se stesso, dovrebbe essere accompagnato da un effettivo recupero funzionale.In primo luogo una breve campagna archeologica di scavi nel supposto sedime della chiesa scomparsa, per la ricerca di eventuali resti delle fondazioni e altri reperti, difficilmente di una cripta. In secondo luogo la sistemazione dell’area circostante, racchiusa all’incirca dal supposto perimetro della preesistente chiesa.

Panchine, tavoli, sedute, fontanella, piccola edicola votiva, vialetti, realizzati assemblando materiali del luogo: pietra e legname. Diventerebbe una zona di sosta, di riposo, di svago e di osservazione dell’interessante paesaggio circostante. Sarebbe molto utile soprattutto ai viandanti, pellegrini,escursionisti, frequentatori della Via degli Abati.

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