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La biblista Marialaura Mino in Santa Maria di Campagna ha approfondito il significato delle opere del Pordenone

L’uomo alla ricerca della verità: è questo il filo che lega - secondo la biblista Marialaura Mino - le opere che Giovanni Antonio de’ Sacchis detto il Pordenone ha realizzato nella basilica di Santa Maria di Campagna a Piacenza

L’uomo alla ricerca della verità: è questo il filo che lega - secondo la biblista Marialaura Mino - le opere che Giovanni Antonio de’ Sacchis detto il Pordenone ha realizzato nella basilica di Santa Maria di Campagna a Piacenza. La studiosa bresciana, docente di Sacra Scrittura all’Istituto di Scienze Religiose del’Università Cattolica di Brescia, è intervenuta nella serata del 15 marzo nell’ambito delle manifestazioni collaterali all’evento Salita al Pordenone promosso dalla Banca di Piacenza. L’incontro è stato realizzato in collaborazione con il settimanale Il Nuovo Giornale (è intervenuto il direttore don Davide Maloberti). L’obiettivo era di chiarire il messaggio biblico e spirituale delle diverse opere dell’artista, dalla cupola alle cappelle della disputa di Santa Caterina e dell’adorazione dei Magi, all’affresco dedicato a Sant’Agostino.

Da sempre l’uomo cerca la verità, cioè la ragione che c’è dietro tutte le cose e che sostiene anche la sua vita. Ne sono testimoni evidenti, nella cupola della basilica, le raffigurazioni delle Sibille e dei Profeti. Se le prime indicano la ricerca della sapienza in ambito pagano, i secondi indicano l’intervento di Dio attraverso uomini in carne e ossa, i Profeti, per illuminare la storia dell’uomo. Questa ricerca della verità avviene prima della nascita di Cristo e si svolge, per così dire, all’ombra di Dio Padre, creatore di tutte le cose, che Pordenone rappresenta nella lanterna al centro della cupola. 

Questa ricerca dell’uomo appare evidente anche nel dipinto che presenta la Disputa di Santa Caterina. Nell’Alessandria del suo tempo Caterina - con il braccio alzato ad indicare il Cielo - conduce alla Verità di Cristo tante persone. La disputa si colloca al centro di un’opposizione tra la città di Dio (nel dipinto rappresentata dalla Cattedrale di Piacenza), cioè il progetto di amore di Dio per l’umanità, e la città degli uomini (rappresentata dal palazzo del governatore), in cui prevale la logica del potere fine a se stessa, e quindi, di conseguenza, dell’ingiustizia e dell’oppressione. Caterina sarà condannata da Massimino (l’uomo che si affaccia dal palazzo) a essere fatta a pezzi da una ruota dentata, ma Dio - lunetta sopra il dipinto - interverrà in favore della ragazza, che alla fine verrà poi decapitata. La ricerca dell’uomo si incontra con Dio che gli viene incontro nell’incarnazione, cosa che è illustrata nel dipinto dell’adorazione dei Magi. La stella che dall’alto domina la scena indica la possibilità concreta di trovare la luce, una luce che risponde alle domande nel cuore di tutti i popoli, rappresentati dagli stessi Magi. Come risposta alla rivelazione l’uomo non può stare a guardare ma, indagando le Scritture, può anche lui essere parte attiva della costruzione della città di Dio. Lo indica con chiarezza l’affresco di Sant’Agostino, oggi collocato all’ingresso della basilica. Fu lui a mettere a confronto la città di Dio con quella degli uomini. Una minuscola rappresentazione di Maria (nelle vesti della Madonna di Campagna) sui suoi abiti indica che l’uomo nella sua ricerca non è mai solo. All’incontro - durante il quale sono stati letti alcuni brani della Bibbia da Barbara Sartori, Lucia Favari e Matteo Billi - ha partecipato la corale di Santa Maria di Campagna diretta dal professor Ivano Fortunati.

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