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Cultura

La Francia nel 1816 restituisce a Parma due grandi tele asportate dalla nostra Cattedrale

Conferenza della professoressa Valeria Poli sulle spogliazioni napoleoniche e visita guidata alle opere del Landi che hanno sostituito quelle del Carracci

Per “Napoleone Wargame, il prezzo del trionfo”, ciclo di appuntamenti organizzati dal Comune di Piacenza con la collaborazione di associazioni del territorio, volti a far conoscere personaggi, luoghi e situazioni del periodo di dominazione napoleonica nel territorio piacentino - dopo il convegno all’Auditorium Sant’Ilario sulla reazione popolare nelle nostre vallate contro la dittatura napoleonica - l’assessore alla cultura Massimo Polledri e la prof. Valeria Poli, hanno accolto un folto pubblico confluito alla sala Colonne di Palazzo vescovile per “Gaspare Landi-vs-Lodovico Carracci”: tema dedicato a due grandi tele commissionate nel 1797 per il nostro Duomo a Gaspare Landi, in sostituzione delle due di Lodovico Carracci realizzate tra il 1605 e il 1609, portate da Napoleone al Louvre di Parigi.

La conferenza della prof. Poli è partita dalle riflessioni sulla nuova concezione di “Patrimonio artistico”  inaugurata dalle considerazioni illuministe, che hanno permesso di identificare la progressiva messa a fuoco, tra età napoleonica e Restaurazione, dell’idea di utilità pubblica dei beni culturali e dell’impegno conseguente ad assumersi la responsabilità della salvaguardia di opere d’arte e monumenti.

La spoliazione di opere d’arte in territori occupati militarmente – ha affermato la Poli – è, da sempre, caricata di forti valenze politico-culturali. Quanto avvenuto in occasione della campagna d’Italia, nel 1796, testimonia però una inversione di tendenza che, a suo modo, prende atto del rinnovamento culturale che, in seguito al dibattito illuminista, riconosce all’opera d’arte un doppio ruolo:  il riconoscimento nell’opera d’arte, oltre alla proprietà materiale del singolo, anche di una proprietà culturale della collettività che trova la sua più coerente espressione nella moderna definizione di bene culturale.

Sono state due le strategie dei prelievi dei beni artistici: la prima, ideata da Napoleone Bonaparte, era la via della diplomazia attraverso trattati e armistizi; la seconda fu quella della nazionalizzazione dei beni delle corporazioni religiose soppresse dal 1798 al 1810. I beni sottoposti a trasferimenti forzati furono quelli che erano già patrimonializzati ossia inseriti in contesti di natura statale o resi disponibili dal fenomeno delle soppressioni a rischio di entrare nel mercato artistico. La novità è che il prelievo dei beni culturali, da parte delle truppe napoleoniche, è fatto rientrare nelle clausole dei trattati di pace configurandosi come l’affermazione di un diritto basato sulla spinta di principi e ideali sostenuti dall’istituzione di una commissione di esperti incaricata della selezione delle opere. Si tratta di affermare la liceità dell’operazione, basata sul principio di universalità dell’arte, e sul suo valore didattico che determina la necessità della conoscenza e della divulgazione. La nuova concezione determina, infatti, la nascita della storia dell’arte quale disciplina scientifica con finalità classificatorie basate sull’individuazione di uniformità di criteri estetici e formali.

In occasione dell’armistizio del 9 maggio 1796, ricorda lo storico Francesco Giarelli, venne imposto al Ducato di Parma e Piacenza la consegna di 20 quadri, poi ridotti a 16, identificati da commissari francesi. A Piacenza, in esecuzione di quanto richiesto, vengono scelte due tele conservate in Cattedrale: si tratta del Funerale della Vergine e gli Apostoli al sepolcro della Vergine, realizzate da Ludovico Carracci tra il 1605 e 1609, che vengono esposte al Louvre. Nel 1803, per ordine del ministro Moreau de Saint Mery furono tolti dagli appartamenti del palazzo Farnese gli intagli, gli stucchi, e gli ornati; da San Sisto il quadro dell’Incoronata coi SS. Anselmo e Martino del bolognese Giuseppe Mario Crespi detto lo Spagnuolo; dal Duomo i due quadri del Lanfranchi raffiguranti Sant’Alessandro [in realtà S. Alessio] e San Corrado; da San Lazzaro la tavola di S. Rocco opera di Giuseppe Ribeira detto lo Spagnoletto.

Parallelamente alle spoliazioni napoleoniche - ha proseguito la prof Poli - nasce un interessante dibattito sull’esportazione e decontestualizzazione delle opere non solo da parte degli intellettuali degli stati danneggiati, ma anche di Quatremere de Quincy - persona di spicco della cultura francese - che, nel 1796, pubblica le Lettres a Miranda. In questo testo l'autore definisce il concetto di opera d'arte e afferma la necessità di mantenerla nel contesto per il quale era stata prodotta. Non a caso Antonio Canova, nominato nel 1802 ispettore ai monumenti da Pio VII, ne cura la ristampa, a Parigi e a Roma per sostenere la richiesta di restituzione delle opere, prevista dal Congresso di Vienna (1815), per le quali sia stata riconosciuta la “pubblica e generale utilità”. Pietro Giordani considera il furto di opere d’arte come “il più grave insulto” perché, rappresentando la grandezza passata, sottolinea lo status di vinti e oppressi. I singoli governi della Restaurazione delegano appositi commissari.  Con Antonio Canova, incaricato da Pio VII per il recupero di tutti gli oggetti appartenenti agli stati pontifici, collabora, per il Ducato di Parma e Piacenza, il cav. Giuseppe Poggi la Cecilia a capo del partito francofilo già presente a Parigi. Ettore Rota pubblica, a questo proposito, alcune tabelle riassuntive dedicate ai Ducati: 55 opere dal ducato di Parma, Piacenza e Guastalla e 8 oggetti in bronzo da Veleja dei quali 30 opere restituite e 8 oggetti di bronzo restituiti.

A Piacenza, dalla Cattedrale, in tempi distinti, vengono prelevate due opere di Ludovico Carracci (Funerale della Vergine e Apostoli al sepolcro della Vergine) e due di Lanfranco (S. Corrado e S. Alessio). Dalla chiesa di S. Sisto l’opera di Giuseppe Maria Crespi detto lo Spagnolo (Incoronata e SS. Anselmo e Martino). Dalla chiesa di San Lazzaro Alberoni l’opera di Giuseppe Ribeira detto lo Spagnoletto (S. Rocco). Le opere del Carracci verranno restituite nel 1816, ma finiranno alla Galleria Nazionale di Parma, dove si trovano ancora oggi, mentre il S. Corrado del Lanfranco e l’Incoronata dello Spagnolo rimangono in Francia dove sono ancora visibili. Le restanti opere risultano disperse. 

Nel 1797, il Capitolo della Cattedrale di Piacenza decide di commissionare al massimo pittore cittadino, Gaspare Landi, due tele in sostituzione, con raffigurati i medesimi soggetti di quelle del Carracci. Vengono consegnate, al prezzo di 12.000 franchi, nel 1804.

E’ seguita la visita guidata dalla Poli e dal prof. Tiziano Fermi (Associazione Domus Justinae), al presbiterio del Duomo per una visione diretta delle tele di Gaspare Landi realizzate in sostituzione di quelle di Lodovico Carracci, sottratte da Napoleone.

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