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Martedì, 23 Aprile 2024
Cultura

La Romea importante quanto la Francigena, la testimonianza di Ettore Cantù

Esposizione molto interessante e attentamente seguita, la conversazione di Ettore Cantù che, a Palazzo Galli - Banca di Piacenza, ha presentato il suo libro "Pellegrinaggi e Giubilei sulla via Romea"

Esposizione molto interessante e attentamente seguita, la conversazione di Ettore Cantù che, a Palazzo Galli - Banca di Piacenza, ha presentato il suo libro “Pellegrinaggi e Giubilei sulla via Romea”, pagine 110, formato cm 17x24, la cui stampa è stata promossa dal settimanale diocesano “Il popolo”, edito dalla Diocesi di Tortona e dalla “Fondazione comunitaria della provincia di Pavia”.

L’autore, ha rilevato l’avvocato Corrado Sforza Fogliani che ha condotto l’incontro, evidenzia in una sintesi perfetta la centralità geografica di Piacenza che fin dai tempi pre-romani ha costituito un centro viario di grande importanza mantenuto nei secoli, tant’è che nella nostra piazza Borgo ebbero sede i primi cambiavalute con gente che vi arrivava da tutt’Europa. Non a caso sorsero nelle vie adiacenti, prima il Banco dei Pegni e poi la Cassa di Risparmio.  In seguito tra il XVI e il XVII secolo, con le “Le fiere di cambi” Piacenza divenne considerevole centro della finanza internazionale con circolazione di persone, merci, cultura e reliquie di santi che favorirono anche elevati flussi di pellegrini, viandanti, mercanti diretti a Roma dalla Francia meridionale, o in senso opposto diretti a Compostella.  «A questo percorso, che prese il nome di via Romea - afferma il dottor Cantù - è doveroso riconoscere un rilevante interesse almeno alla pari del più noto itinerario proveniente dal nord Europa, detto Via Franchigena. Il libro approfondisce il tratto di percorso della Romea dalla Diocesi di Tortona a Piacenza, alla luce di fonti e documenti che testimoniano l’esistenza del transito di pellegrini e la funzione dei numerosi Hospitales che, sulle rovine delle antiche mansiones romane, punteggiavano il territorio e assistevano i viandanti».

L'autore attraverso lo studio attento delle fonti, ridisegna la mappa degli spostamenti dei pellegrini che percorsero la via Romea transitando per l'Oltrepò Pavese, nel territorio dell'attuale Diocesi di Tortona. Tutti passavano per "sentieri" di casa nostra che, soltanto dopo Fidenza, si sarebbero ricollegati alla via Emilia e, quindi, alla Francigena. «La via Romea -  scrive il vescovo di Tortona Vittorio Francesco Viola in presentazione del libro, viene rivalutata come deposito della fede cristiana, strada che conduceva al centro del perdono, ma anche luogo di incontro per traffici commerciali, teatro di scambi e di compravendite». L'autore ci fa intuire che il reticolo di itinerari locali, ancora oggi, può parlarci di motivazioni religiose e storiche legate all'indizione del Giubileo, come, ad esempio, l'epigrafe in marmo che si trova nello scurolo della chiesa parrocchiale di Stradella, testimonianza da cui prende inizio l'intera indagine storica dell'autore.

Il primo accenno alla nostra via Romea, ossia il tracciato Tortona-Piacenza, si trova nel diario dell’Abate Nikulas di Monkatvera proveniente dalla Francia per la via Franchigena nel 1154. Egli nota che sul suo percorso "Fra Pavia e Piacenza passa un gran fiume che si chiama Padus. Quindi si giunge alla strada di coloro che hanno percorso la via di Saint Gilles" e dunque passava logicamente per Tortona, Voghera, Casteggio, Broni, Stradella e Castelsangiovanni. Era questa la via Romea che dalla Provenza, superate le Alpi ed entrata nell'Italia Settentrionale, passava alla destra del Po. In Francia era detta" Via delle Alpi" ed univa la "Via Tusculana proveniente da St. Gilles per Arles, Avignone, superava le Alpi al Moncenisio e, per la valle di Susa, entrava nella valle Padana alla destra del Po e, indicata come via Romea, proseguiva per Alessandria, Tortona, Stradella fino a Piacenza e oltre. I pellegrini che transitavano sulla via Romea costituirono un flusso ininterrotto per molti secoli, ma l'aggettivo "romeus" è usato per la prima volta in un importante documento, la vita di S. Geraldo di Aurillac, scritto da Odone di Cluny nel X secolo, che si recò sette volte a Roma da Lione passando per il Piccolo S. Bernardo.  Tra itinerari, ospizi, pellegrini e Giubilei descritti dal dottor Cantù nel corso della conferenza, anche un cenno all’anno 1568 quando, da gennaio a settembre non cadde una goccia d’acqua, a indicare che la siccità è un fatto molto antico, preoccupante ma non traumatico come in secoli fa quando mancanza assoluta di produzioni agricole era la causa diretta di molte morti.

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