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Le avventure intellettuali di Angelo Genocchi e Melchiorre Gioia

I due piacentini illustri ricordati da Cesare Zilocchi e Nicola Pionetti a Palazzo Galli (Banca di Piacenza)

Carattere severo e arcigno è protagonista di numerose polemiche accademiche o politiche: si accende facilmente ma facilmente si quieta. Già nel '51 l'Accademia di Bruxelles pubblica suoi studi matematici nei propri atti. Soprannominato “Nerone II”, ma sempre stimato dagli studenti, ottiene cattedre di prestigio fino alla successione del Plana nel '60. Torna a passare le vacanze a Piacenza ma dopo il ‘64 non tornerà più nella nostra città.  Riluttante alle cariche accetta la presidenza della Regia Accademia nel 1881 e riceve onorificenze (al merito civile di Savoia). E’ nominato Senatore del regno (aprile 1885), ma non arriva a sedere sul prestigioso seggio causa una caduta che gli frattura un ginocchio. Muore il 28 febbraio 1889, lasciando l’epistolario e le carte concernenti i suoi studi matematici alla civica Biblioteca piacentina (oggi Passerini-Landi). Ai funerali la nostra città fu rappresentata dall’assessore Gustavo della Cella. Nel 1892 l’Accademia delle Scienze di Torino gli dedicò una scultura; alla sottoscrizione aderì il Comune di Piacenza ma non la Provincia perché il Consiglio, presieduto dall’ on. Ernesto Pasquali, pure insegnante di diritto all’Università di Torino, bocciò la proposta.  Piacenza ha ricordato Angelo Genocchi dedicandogli la via dove nacque già denominata via sant’Agnese, con un busto marmoreo collocato nel 1902 nell’atrio della Biblioteca comunale poi spostato nel 1937 nei Giardini Margherita e con la dedicazione della scuola di via Stradella, inopportunamente cancellata nel 1997 in seguito alla fusione con la scuola media di via Boscarelli Italo Calvino.  

Il professore Pionetti ha iniziato la conversazione ricordando gli studi di Melchiorre Gioia nel Collegio Alberoni dove ebbe maestri non dogmatici che gli consentirono una formazione di tipo illuminista. Gioia ricevette gli ordini sacri il 24 marzo 1792 mantenendo tuttavia un orientamento di pensiero tutt'altro che ortodosso tanto in filosofia, quanto in teologia per l'influenza che su di lui ebbero diversi importanti pensatori del tempo, le cui opere nel collegio giravano di “sottobanco”. Il professore ionetti ha raccontato Gioia nella sua biografia e analizzato i testi giovanili appassionati, carichi di ambizione, fervore e simpatia per le idee rivoluzionarie che avevano già animato la Francia. Come altri intellettuali si batteva per far emergere un dibattito sulla opportunità di liberare il Paese dall’oppressione feudale e da sistemi di governo anacronistici. Nel 1796 l’amministrazione Generale della Lombardia propose agli intellettuali di tutta Italia, il quesito su quale fosse la migliore forma di governo da dare a tutto il Paese. Gioia è vincitore con una dissertazione in cui sostiene la tesi di un'Italia libera, repubblicana, retta da istituzioni democratiche, indivisibile per i suoi vincoli geografici, linguistici, storici e culturali. La notizia del premio gli giunge in carcere dove era stato relegato con ragioni pretestuose che coprivano la persecuzione delle sue idee politiche giacobine invise all'autorità. Scarcerato nello stesso anno  ripara a Milano. Dopo aver rinunciato al sacerdozio, s’impegna nella professione giornalistica fondando diverse testate stroncate una dopo l'altra dalla rigida censura austriaca per le posizioni sempre più apertamente patriottiche che Gioia stesso ed i suoi collaboratori vi sostengono. 

La caduta del Regno d'Italia (20 aprile 1814) segna anche la fine di ogni attività svolta dal Gioia al servizio governativo, dato il sospetto con cui lo guardava l'Austria che ne conosceva bene le convinzioni liberali. Per Gioia inizia una nuova fase di vita: si espone sempre meno con opere e comportamenti rischiosi, dedicandosi più specificamente alla sua attività di ricerca filosofica. Ma verso la fine del 1820 la polizia austriaca, che aveva aperto un'indagine tra i librai milanesi per scoprire qualche elemento utile nel processo contro Silvio Pellico e Pietro Maroncelli, scoprì un legame, anche se indiretto, tra il piacentino e due napoletani indiziati di attività sovversiva. Scarcerato nel luglio 1821 rimase tuttavia sospetto al governo austriaco fino alla morte, sopraggiunta il 2 gennaio 1829 a Milano.  Per un approfondimento segnaliamo il libro dello stesso Pionetti “Melchiorre Gioia” Edizioni L.i.r. Isbn: 8006046790006 Anno edizione: 2015 - Prezzo: € 12. 

Le foto sono di Alessandro Bersani e Carlo Mistraletti

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