rotate-mobile
Giovedì, 28 Marzo 2024
Cultura

Le principali tappe della storia del morbo di Parkinson attraverso due secoli di medicina

Dal convegno in Fondazione organizzato dalla Società Medico-chirurgica

Nella giornata nazionale dedicata alla sensibilizzazione della conoscenza sul morbo di Parkinson, l’Auditorium della Fondazione di Piacenza e Vigevano ha  ospitato il convegno di studio promosso dalla Società Medico–chirurgica con l’intervento di medici che seguono in particolare i disturbi del movimento conseguenti la malattia di Parkinson. Alla panoramica generale e alla relazione del prof.  Manfredi Saginario e della dott. Rosanna Cesena, segue ora la relazione del dott. Antonio Saginario, psichiatra e psicoterapeuta, dirigente Dipartimento Salute Mentale, AUSL Piacenza.

Il suo contributo alla giornata di studio è stato incentrato sulla figura di James Parkinson (1755-1824) che due secoli fa, nel 1817, scrisse il libro “Shaking Palsy” che significa “paralisi agitante” e per primo descrisse la malattia che poi prese il suo nome, definendola: “Un movimento tremulo involontario con diminuita potenza muscolare, nelle parti non in azione e anche quando sostenute, con una propensione a piegare il tronco in avanti e a passare dalla marcia al passo di corsa, essendo i sensi e l’intelletto integri". I sintomi, secondo Parkinson, erano il tremore forzato e una deambulazione che inizia in modo rigido e difficile e tende ad accelerare progressivamente. L’esordio è subdolo, il decorso lento ed in rapido aggravamento, fino a raggiungere un esito infausto di grave invalidità motoria.

Parkinson non disponeva  di alcuna terapia efficace, tuttavia, espresse la speranza terapeutica. Scrive: “Prima i rimedi sono forniti, maggiore sarà la probabilità di successo... al contrario, appare esserci ragione sufficiente per sperare che qualche processo correttivo possa a lungo essere scoperto, per cui, almeno l’andamento della malattia possa essere bloccato”.  James Parkinson descrive come deve essere il medico, nel libro “Hospital Pupil”: “una preoccupazione empatica e un tenero interesse per la sofferenza degli altri, dovrebbe caratterizzare chiunque si impegna in una professione, il cui obiettivo dovrebbe essere di mitigare o rimuovere una grande porzione delle calamità, cui l’umanità è soggetta”.

Il termine “neurologo” non esisteva all’epoca di Parkinson. La neurologia, intesa come adesso, nacque nella seconda metà dell ‘800, per opera di Charcot a Parigi, alla Salpétrière (“Lecons sul le maladies du système nerveux”). Charcot  scoprì un altro segno essenziale, la rigidità muscolare, comprese che si trattava di rallentamento motorio (acinesia) e non di paralisi, che la presenza del tremore non era essenziale per la diagnosi. La differenziò dalla sclerosi a placche perché non trovò lesioni anatomo-patologiche, per cui, era ancora considerata nevrosi. Coniò il termine “morbo di Parkinson” e introdusse la prima terapia efficace: l’impiego di estratti alcaloidi atropinici.

Lo studio e la classificazione delle malattie, a fine ‘700, all’epoca di Parkinson, era ancora basata sui sintomi (es. tremore, febbre). Nasceva, all’inizio del ‘800, il metodo anatomo-clinico che cercava di correlare esame medico e riscontro autoptico, come descrisse nel famoso libro “Nascita della clinica” Foucault.

I correlati neuropatologici sono riconosciuti per primo da Lewy  nel 1913, chiamati corpi di Lewy  e Tretiakoff descrive la degenerazione della substantia nigra del mesencefalo, nel 1919. Von Economo, un secolo fa, riconobbe una forma secondaria all’encefalite letargica pandemica che colpì il mondo, al termine della Grande Guerra. L’introduzione dei farmaci antipsicotici (reserpina, clorpromazina ) indusse  numerosi casi di parkinsonismo, 60 anni fa.

Nel 1960 Hornykiewicz scoprì la carenza neurochimica del neuro-trasmettitore dopamina, nei malati di Parkinson; il  ruolo essenziale della dopamina come neurotrasmettitore nella substantia nigra, fu scoperto dal premio Nobel Carlsson. La rivoluzione terapeutica avvenne 50 anni fa nel 1967 con l’impiego del farmaco precursore  l-DOPA ad alte dosi, da Cotzias premio Lasker per la medicina, come sostituzione della dopamina carente.

JAMES PARKINSON, UN MEDICO DALLE MULTIFORMI ATTIVITÀ

James Parkinson fu anche psichiatra. In «Madhouses. Observations on the Act regulating madhouses» propose, per primo, la doppia certificazione di due medici per trattamento sanitario obbligatorio. Come pediatra, descrisse il primo caso di appendicite perforata, complicata da peritonite letale.  Come educatore medico, scrisse il libro «Hospital Pupil». Fu anche divulgatore medico, pubblicando opuscoli semplici e chiari, come «The Way to Health” e ricevette la medaglia d’oro della Royal Human Society per aver aiutato a salvare la vita di un mancato suicida. Fu il primo a ricevere la medaglia d’oro del  Royal College of Surgeons, premio concesso solo 15 volte. Scrisse parecchi libri e fu anche riformatore politico, scrivendo un pamphlet con lo pseudonimo «Old Hubert», sostenendo già allora, il suffragio universale. Nell’epoca tormentata della Rivoluzione Francese, preferiva le riforme: «Revolution without bloodshet or Reformation preferable to revolt» (rivoluzione senza spargimento di sangue). Fu perfino indagato e poi assolto per terrorismo, per un presunto tentativo di attentato contro il re Giorgio III. Grande appassionato di geologia e paleontologia, descrisse specie fossili che da lui presero nome.

In Evidenza

Potrebbe interessarti

Le principali tappe della storia del morbo di Parkinson attraverso due secoli di medicina

IlPiacenza è in caricamento