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Cultura

«Nel 2018 eventi su Piacenza “crocevia” di pellegrini, Pordenone con Sgarbi e Bobbio»

La Banca di Piacenza rilancia la sua azione in campo culturale: «Non facciamo parte del comitato promotore per Piacenza capitale della cultura, ma ecco il nostro impegno»

La Banca di Piacenza comunica che - «pur non chiamata a far parte della Commissione Piacenza capitale italiana della cultura 2020 né dalla precedente né dalla attuale Amministrazione comunale» – provvederà in autonomia (e senza contributi pubblici: quindi, senza gravare sui contribuenti) ad organizzare importanti eventi culturali.

«L’anno prossimo – fanno sapere i vertici della Banca - anzitutto, sarà la volta della valorizzazione dell’opera del Pordenone in Santa Maria di Campagna (cupola e quadri). In accordo con il Comune di Cremona e con il Comune e la Parrocchia di Cortemaggiore saranno poi valorizzate le opere pordenoniane delle due città attraverso un percorso (anche con pullman navetta) che, attraverso una delle due capitali dello Stato Pallavicino, raggiungerà la nostra città e viceversa. E’ poi allo studio un’iniziativa – tramite il critico Vittorio Sgarbi – che porti ad una collaborazione, anche di interscambio, con la città di Pordenone. Tutte le iniziative riguardanti la valorizzazione, a Piacenza e a Cortemaggiore, delle opere del famoso artista si avvalgono della preziosa collaborazione di padre Secondo Ballati, Padre Guardiano del Convento dei Frati minori di Santa Maria di Campagna.

Nell’anno successivo la Banca locale (l’unica rimasta) varerà una serie di iniziative sotto il titolo Piacenza storico crocevia (un brand sul quale la Banca ritiene si debba in particolare insistere). L’argomento di cui al titolo (e cioè Piacenza come crocevia di pellegrini e viaggiatori anche nel 7-800, in particolare nel periodo del Grand Tour) sarà valorizzato ed evidenziato in funzione della centralità di Piacenza e quindi di punto sostanziale di “approdo” di chi proveniva da ogni parte dell’alta Italia e dalle nazioni d’Oltralpe. Tanto, sulla base di un impianto viario romano, in gran parte coevo alla fondazione di Piacenza e quindi, all’incirca, di più di 200 anni a.C..

La via Emilia si intersecava proprio a Piacenza con la via Postumia, e cioè con la via di collegamento tra i porti di Genova ed Aquileia. Quest’ultima via (che prende nome – come del resto la via Emilia – da quello del console romano che la costruì per scopi militari a servizio della Galla cisalpina, l’odierna Pianura padana) era anche la via nella quale confluiva, a Tortona, la via Flavia, che congiungeva Torino, appunto, a Tortona. La stessa era percorsa dai pellegrini che passavano il Po a Torino mentre i pellegrini delle Vie Francigene lo passavano invece – come fu per il Vescovo Sigerico – nei pressi di Calendasco (sempre in provincia di Piacenza). Dal canto suo, la via Romea percorreva il territorio piacentino e - definita la vera strada maestra dei pellegrinaggi – serviva da alternativa al ramo della via Francigena proveniente dal valico del Moncenisio. La via Francigena – così chiamata in quanto trova le sue origini nell’area abitata dai Franchi - era l'itinerario romeo per i pellegrini provenienti da Occidente: dalla Valle d'Aosta la via raggiungeva Ivrea, quindi Vercelli e Pavia; attraversava gli Appennini tra le province di Piacenza e Parma, per terminare a Roma.

Per la illustrata posizione di Piacenza, i piacentini furono fra i primi mercanti a spingersi anche all’estero. Risulta, difatti, che - nella prima metà del 1300 – un mercante piacentino, Luchino Malrasi, si spinse fino in Cina. Di lui si hanno notizie grazie a Galeotto Adorno, mercante genovese dell’epoca e membro di una famiglia che giocò un ruolo di primo piano nella vita politica genovese alla fine del XIV secolo. Adorno dichiarò di aver raccolto, nel settembre del 1343, a Khambalig (l’attuale Pechino) i beni del mercante piacentino, morto in quella città, e di averli restituiti alla madre dello stesso.

Sempre al fine di illustrare come Piacenza sia sempre stata uno storico crocevia, l’iniziativa valorizzerà – sempre in terra piacentina -  anche la posizione culturale di Bobbio. La fondazione del monastero di Bobbio risale ai tempi del longobardo Agilulfo, che donò a San Colombano una molteplicità di terreni perché lo xenodochio della Valtrebbia – in collegamento con l’antico Hospitale di Santa Brigida in città - potesse svolgere appieno la propria funzione, specialmente di assistenza ai pellegrini. Questi ultimi raggiungevano Bobbio, tenendosi alla destra del Po, percorrendo o la via di cui parla Paolo Diacono nella sua Historia longobardorum (40 miglia di percorso da Pavia – ultima capitale longobarda, com’è noto, in particolare dopo Cividale – a Bobbio; quindi, un percorso di due giornate) o la via che percorsero i monaci di Bobbio per portare a Pavia la salma di San Colombano in occasione della disputa sui possedimenti dell’abbazia di Bobbio, insorta con il vescovo di Piacenza. Gli stessi percorsero una terza via Pavia-Bobbio in occasione del ritorno giacché vollero toccare altri possedimenti rispetto a quelli toccati nell’andata per riaffermare la proprietà degli stessi davanti al re carolingio Ugo di Provenza, chiamato a giudicare.

La Banca di Piacenza valorizzerà successivamente, e in stretto collegamento con il precedente gruppo di iniziative, la Fiera dei cambi che aveva luogo nell’area davanti al Farnese, attualmente chiamata via Campo della Fiera (Liceo classico). L’obiettivo è quello di evidenziare il fatto che l’attività bancaria si sviluppò a Piacenza, prima e più che in ogni altra parte d’Italia, proprio perché i pellegrini qua trovavano i primi cambiavalute. Gli stessi tenevano i propri “banchi” (da cui il nome degli odierni istituti di credito) nell’attuale piazza Borgo, che veniva subito raggiunta dopo l’ingresso in Piacenza e percorsa la Strada levata (oggi via Taverna). Dopo il 1000 i banchieri piacentini erano attivi – financo a finanziare i re – sia a Londra che a Parigi: Lombard street e Rue des lombardes prendono nome proprio dai banchieri piacentini, indicati genericamente come lombardi (da Longobardia, Lombardia). Nel 1300 uno di questi banchieri, a nome Arcelli, era il maggior contribuente di Parigi. Attività bancaria svolsero soprattutto le famiglie Dolzani, Scotti ed Anguissola: l’iniziativa – con la collaborazione della locale Confedilizia – comprenderà anche la visita delle case appartenute alle famiglie dei banchieri nonché l’illustrazione della storia delle stesse. La preminenza dell’attività bancaria a Piacenza è attestata anche dalla nascita nella nostra provincia, nel 1867 e quindi esattamente 150 anni fa, di una delle prime banche popolari d’Italia (seconda, infatti, solo a quelle di Lodi e di Milano). Aveva sede a Palazzo Galli (Banca di Piacenza), ove nacque anche la Federconsorzi. Tutte le iniziative sono state formalmente comunicate dalla Banca all’Ufficio cultura, musei e turismo del Comune di Piacenza». 

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