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«Olimpiadi di Berlino ‘36 molto attuali: anche oggi lo sport è utilizzato per altri fini»

Il popolare giornalista Federico Buffa in scena al Politeama con lo spettacolo teatrale "Le Olimpiadi del 1936": «Fare il Ct dell'Argentina? Di questi tempi un mestieraccio. Usa ed Europa organizzano i grandi eventi sportivi in maniera diversa»

"Le Olimpiadi del 1936" sono ancora molto attuali. Da questo grande evento in poi lo sport diventa moderno, mediatico, e di conseguenza sfruttato per scopi politici, sociali e d'immagine. Lo spettacolo teatrale del popolare giornalista sportivo Federico Buffa - diretto da Emilio Russo e Caterina Spadaro, con al pianoforte Alessandro Nidi e la voce di Cecilia Gragnani -, dopo aver riempito i teatri di tutta Italia, è sbarcato anche al Politeama di Piacenza, nella serata del 17 novembre. Buffa, in oltre due ore di spettacolo, ha raccontato le storie degli uomini e delle donne protagonisti di una delle Olimpiadi più controverse della storia, Berlino 1936, organizzate sotto la svastica nazista. Storie come quella dell’afroamericano dell’Alabama Jesse Owens, in grado di portare a casa 4 medaglie d’oro nell'atletica (e l’ammirazione di tutto il mondo, tedeschi compresi) e vedersi rifiutare il pernottamento – in quanto “negro” – al rientro a New York. O la regista Leni Riefenstahl, voluta dal Fuhrer per immortalare la grandezza della macchina organizzativa nazista, che impiegherà due anni per realizzare il film dell’Olimpiade. O il maratoneta coreano Soon Kee Chung, costretto a vincere l’oro per il Giappone che ha sottomesso il suo paese. Esistenze e atleti sportive messe in parallelo con una Storia, quella degli anni ’30, che li sta portando verso la Seconda Guerra Mondiale, e la fine di quello spirito olimpico che invece serpeggiava nello stadio in mezzo alle betulle di Berlino di quell’agosto del ’36. Una serie di storie umane intrecciate – quelle narrate da Buffa – che sembrano quasi toccare anche il presente, perché la Storia e lo sport – secondo il giornalista – presentano sempre una «circolarità».

Buffa appare sempre più convinto della sua nuova strada, dopo aver lasciato le telecronache del basket Nba. Da quasi due anni gira infatti l’Italia, riempiendo i teatri soprattutto di giovani, raccontando l’Olimpiade di Berlino del 1936. Gli chiediamo se sta già preparando il prossimo spettacolo e cosa ha in cantiere per il futuro. «Cantiere è un termine forse un po’ troppo avanzato – risponde Buffa - diciamo che certamente ho delle idee. Però non sarà una cosa legata sport, anzi, non ha proprio alcun legame indiretto con lo sport». Dopo aver commentato i Mondiali di calcio del 2014 sul posto, Buffa ha vissuto da spettatore le ultime Olimpiadi di Rio. Qualche analogia tra questo grande evento e quello del 1936 rappresentato nello spettacolo? «A 80 anni di distanza esatti le Olimpiadi di Berlino si confermano di una “sinistra” attualità: dal doping di Stato alla spettacolarizzazione dello sport – che vediamo tutti i giorni – e utilizzo per altri fini dello sport. Sono le tre caratteristiche che definiscono Berlino, dove a mio parere è iniziato lo sport moderno. Da lì in poi è seguito quello che è successo negli anni a venire». Il popolare giornalista non perde di vista il primo amore: la pallacanestro. Cosa ne pensi della nuova formula dell’Eurolega, più simile alla stagione Nba? «Chiaramente mutui verso le cose che funzionano. In America il sistema funziona e allora si vuole applicarlo anche qua. È evidente che l’Eurolega vuole replicare l’Nba, il problema è vedere se riesce a restare dove è, a mantenere i luoghi dello sport che conquistato: come era previdibile, essendo infatti un’iniziativa privata, è stata contrastata dalle federazioni dei singoli Paesi. Gli hanno lasciato anche troppo tempo per la logica dello sport internazionale. Questo è uno dei temi di cui si parlerà tanto nei prossimi tempi: lo sport in Europa e nel mondo è controllato a livello politico e gli americani invece pensano che debba essere controllato a livello imprenditoriale. È lo stesso motivo per cui noi un’Olimpiade la dobbiamo organizzare con i soldi pubblici dello Stato e loro la organizzano con i soldi dei privati. Ci sono dei vantaggi e degli svantaggi in entrambe le situazioni ma la realtà è questa». Infine, ci sta una battuta su una Nazionale a cui lui tiene parecchio, viste le vicissitudini degli ultimi giorni: l’Albiceleste. Fare il Ct dell’Argentina è forse il mestiere più difficile del mondo? «Sì, è proprio un mestieraccio...».

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